La bambina non riordina la stanza dopo aver giocato e viene costretta dal padre a prendere in mano un coperchio di una pentola bollente. Una storia che coinvolge il padre e l’abuso dei mezzi di disciplina. È accaduto a Perugia dove un 36enne marocchino è finito in tribunale con l’accusa di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.
Non è insolito leggere o ascoltare notizie di genitori che hanno la cattiva abitudine di picchiare i propri figli. E succede spesso di assistere, per esempio al parco o al supermercato, ad episodi in cui la pazienza di mamma o papà finisce e una sberla arriva senza passare dal via. Situazioni ancora più frequenti tra le mura domestiche, dove i genitori, lontani da occhi indiscreti, si sentono maggiormente liberi di alzare le mani per ottenere obbedienza. Il tema padre e abuso dei mezzi di disciplina diventa cruciale.
Il problema è che la punizione fisica, oltre a rappresentare un gesto di violenza, aiuta a porre fine ad un comportamento inaccettabile soltanto nel momento stesso in cui questo si verifica, mentre a lungo termine si rivela un vero e proprio fallimento. È dunque fondamentale informare i genitori affinché abbiano gli strumenti corretti per educare i propri figli. Ne ha parlato, in esclusiva a UmbriaTag24, la dottoressa Angela Di Carmine, esperta in psicologia dell’età evolutiva.
Padre e abuso: tutto finisce in Tribunale, l’accusa
Secondo la Procura di Perugia “con più atti esecutivi” il padre finito in Tribunale, un uomo di 36 anni e origine marocchina, avrebbe abusato “di mezzi di disciplina e correzione nei confronti della figlia minore, all’epoca dei fatti di appena 5 anni, colpendola con schiaffi, in più occasioni” perché la stessa “non metteva a posto i propri giochi”.
Non è tutto. All’imputato, difeso dall’avvocato Matteo Marinacci, viene anche contestato il fatto di aver costretto la bambina “a prendere in mano un coperchio bollente, sempre in occasione di presunte mancanze” della stessa. Nel procedimento giudiziario risultano persona offesa la minore, assistita dal curatore speciale avvocato Angelo Lonero, e la madre, rappresentata dall’avvocato Barbara Felicioni.
Intanto, da circa un anno la bambina ha ripreso a frequentare il padre con incontri settimanali di due ore, alla presenza di un educatore.
Parola all’esperta psicologa Angela Di Carmine
Perché ricevere uno schiaffo dal proprio genitore per un bambino è diseducativo?
“Punire un bambino attraverso la violenza, di qualsiasi genere (psicologica, fisica, diretta o assistita), non solo non è utile, in quanto il bambino ubbidisce per paura e non perché comprende il senso di quello che fa, ma è anche fortemente dannoso. La violenza ha degli effetti riscontrabili dal punto di vista fisico, cognitivo, comportamentale e sulle capacità di socializzazione dei bambini e degli adolescenti. Il bambino sottoposto a forte stress e violenza reiterati può manifestare deficit nella crescita staturale ponderale e ritardi nello sviluppo psicomotorio oltre a danni a carico dello sviluppo cognitivo“.
“Comportamenti aggressivi ripetuti, inoltre, hanno effetti negativi sull’autostima, sulla capacità di empatia e sulle competenze intellettive. Possono insorgere fenomeni quali l’ansia, una maggiore impulsività, l’alienazione e la difficoltà di concentrazione, sino a portare, nei casi più gravi, a depressione, tendenze suicide, disturbi del sonno e disordini nell’alimentazione“.
La cultura del rapporto genitore/figlio è cambiata nel tempo?
“Nella nostra cultura, da sempre, aleggia l’idea che per essere rispettati bisogna essere duri. Ma fortunatamente oggi la durezza sta lasciando sempre più spazio alla fermezza che non ha niente a che fare con l’aggressività. Settanta anni di ricerca sul rapporto madre-bambino hanno dimostrato che la qualità dei legami affettivi precoci è un fattore centrale per lo sviluppo sano della prole. Bambini con attaccamento sicuro sono più socievoli e resilienti di quelli con attaccamento insicuro”.
“La sicurezza emotiva e la fiducia nel rapporto con i propri genitori rappresenta il nostro ‘sistema immunitario psicologico’ che permette al bambino, e poi all’adulto, di modulare gli effetti dei fattori di stress nel ciclo di vita. La cosiddetta ‘disciplina sensibile‘ è volta ad educare mettendo confini e paletti fermi dove necessario mantenendo, al contempo, un approccio quanto più possibile affettuoso”.
Quali consigli daresti a un genitore che non riesce ad avere obbedienza dal figlio?
“Come sappiamo, i bambini non arrivano con il manuale di istruzioni! Ma se noi adulti impariamo a leggere i messaggi nascosti dietro al comportamento dei bambini riusciremo ad avere una mappa molto più chiara e potente che permetterà di agire in maniera funzionale ai bisogni dei bambini stessi. Ciò considerando che il bambino ‘ha un problema’ e ‘non è il problema’ quando mette in atto un determinato comportamento che a noi non piace”.
“Bisogna mettersi in uno stato mentale riflessivo in cui potersi chiedere ‘perché proprio quel comportamento mi fa andare in tilt da perdere la pazienza?’ Acquisire consapevolezza dei propri punti critici contribuisce a diventare genitori ‘sufficientemente buoni’, che non significa perfetti. Le relazioni sono per loro natura piene di conflitti, rotture, incomprensioni…. tutto sta nell’impegno a capire come ripararle”.