14 Sep, 2025 - 21:00

Otello Natalini, “I colori dell’anima”: a Casa Cajani un viaggio tra emozioni, memoria e radici

Otello Natalini, “I colori dell’anima”: a Casa Cajani un viaggio tra emozioni, memoria e radici

Emozione, memoria e autenticità. Sono le tre parole-chiave che hanno segnato l’inaugurazione della mostra “I colori dell’anima” di Otello Natalini, ospitata al Centro Culturale Casa Cajani e organizzata dal Polo Museale con il patrocinio del Comune. L’evento espositivo, curato da Catia Monacelli, ha registrato un’ampia affluenza di pubblico, confermando la capacità dell’artista gualdese di parlare a un sentire condiviso: le sale hanno accolto visitatori di generazioni diverse, studiosi, appassionati e cittadini, in un clima attento e partecipe.

A portare il saluto istituzionale sono stati il sindaco Massimiliano Presciutti, l’assessore alla Cultura Gabriele Bazzucchi, la direttrice del Polo Museale Catia Monacelli e lo stesso Natalini, insieme a Marco Giacchetti, che coordinerà un prossimo progetto dedicato alla valorizzazione delle opere. Interventi che hanno evidenziato la sincerità dello sguardo dell’artista sul mondo interiore, la sua coerenza espressiva e la profonda connessione con il territorio.

Un percorso tra identità e paesaggio interiore

La mostra propone un itinerario che intreccia paesaggi, ritratti e nature morte, con nodi tematici che ritornano e si trasformano: il rapporto con la terra, la memoria familiare, le radici comunitarie. Non è un’antologia, ma un racconto coerente: l’artista rilegge motivi classici con una tavolozza personale, fatta di accordi cromatici caldi e di contrasti misurati, dove la materia – a tratti levigata, a tratti incisa – diventa veicolo di emozione.

Natalini, autodidatta gualdese, pratica l’arte come ascolto: non si limita a raffigurare, ma ricompone. In questo senso, i “colori dell’anima” sono un dispositivo narrativo: descrivono l’emersione del ricordo, la sedimentazione del quotidiano, la tensione verso un oltre che è allo stesso tempo intimo e condiviso.

Tecniche e materiali: la mano che pensa

La cifra di Natalini è anche tecnica. Nel tempo ha sperimentato olio e acrilico, scultura su pietra, modellazione ceramica e soprattutto encausto, antica procedura che fonde pigmenti e cera d’api e genera superfici materiche quasi scultoree. La cera, vettore di luce e di spessore, permette all’artista di stratificare la memoria: velature e abrasioni, trasparenze e opacità, pieni e vuoti creano campi visivi tattili, in cui il soggetto emerge come rivelazione.

Alcuni lavori esposti testimoniano con chiarezza la perizia di Natalini nell’encausto: la trama calda della cera addensa il colore, lo trattiene e lo rilascia, sospendendo i contorni fra definizione e apparizione. È una pittura che scolpisce e una scultura che dipinge: ibridazione felice che restituisce densità emotiva alle immagini.

Tradizione e sguardo contemporaneo

Il percorso artistico di Natalini inizia sin dall’infanzia e attraversa diverse correnti e suggestioni. Non manca il confronto con i maestri: tra le copie d’autore, è segnalato l’omaggio a Paul Cézanne con “Natura morta con tenda e brocca a fiori” (1895), prova che rivela una fedele intelligenza del modello e, insieme, la volontà di misurarne costruzione e ritmo. La lezione cézanniana – forma e spazio come architettura dello sguardo – torna in alcune nature morte in mostra, dove i volumi si dispongono su assi di equilibrio che fanno emergere l’anima delle cose.

Questa tradizione rielaborata convive con l’esigenza di dire il presente: paesaggi che diventano stati d’animo, ritratti che si offrono come incontri, nature morte che rivelano la durata affettiva degli oggetti. In ogni caso, la figura umana e il paesaggio rimangono luoghi di passaggio: lì si incontrano memoria e desiderio, e la pittura si fa ponte.

Mostre e riconoscimenti: un cammino che si allarga

Dal 2016 Natalini partecipa a mostre personali e collettive in Perugia, Assisi, Bastia Umbra, Roma, Città di Castello, approdando poi in contesti internazionali come Barcellona, Parigi, Londra, Venezia e Miami. Un itinerario espositivo che ha consolidato visibilità e riconoscimento.

Nel 2023 ottiene due premi al concorso nazionale della Polizia di Stato “Angelo Carbonetti” e la partecipazione al Premio Internazionale Vittorio Sgarbi. Traguardi che confermano continuità e crescita, premiando una pratica che unisce rigore artigianale e autenticità emotiva.

Le parole dell’artista: emozionare è creare reciprocità

Al centro della poetica di Natalini c’è l’idea dell’arte come ascolto dell’anima. In occasione dell’inaugurazione, l’artista ha sintetizzato così la propria motivazione: “catturare l’anima”. Una formula che non allude a un possesso, ma a un incontro. Nelle sue parole, l’arte è specchio interiore capace di trasformare “un sogno, un pensiero o un sentimento in immagine”.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: “La mia più grande motivazione – afferma è emozionare chi osserva le mie opere e creare una reciprocità tra chi le realizza e chi le contempla.” Una dichiarazione programmatica che trova riscontro nell’esperienza del pubblico: davanti alle opere, il tempo sembra dilatarsi, invitando a una sosta che è, insieme, memoria e risonanza.

La curatela e il progetto di valorizzazione

La mostra porta la firma curatoriale di Catia Monacelli, direttrice del Polo Museale, che ne ha disegnato il percorso espositivo, valorizzando dialoghi e rimandi tra opere e tecniche. L’intervento di Marco Giacchetti, chiamato a coordinare un progetto di valorizzazione delle opere, rappresenta un ulteriore tassello: la volontà di prolungare l’esperienza oltre la durata della mostra, favorendo incontri, narrazioni e archivi che possano restituire profondità e continuità al lavoro dell’artista.

Dalle istituzioni è giunto un riconoscimento unanime: il sindaco Massimiliano Presciutti e l’assessore Gabriele Bazzucchi hanno sottolineato il valore culturale e identitario dell’esposizione, capace di unire radici e proiezione. Per il territorio, iniziative come questa rafforzano la comunità, consolidando relazioni tra artisti, pubblico e istituzioni.

Casa Cajani: luogo di memoria e di futuro

La scelta del Centro Culturale Casa Cajani non è casuale: è uno spazio di sedimentazione, dove storia e contemporaneità dialogano. In queste sale, l’itinerario di Natalini – dalla terra alla forma, dalla memoria all’immagine – trova ascolto e misura. L’allestimento consente di leggere la materia: la pelle della pittura, gli spessori dell’encausto, le superfici della scultura. Si esce dalla mostra con la sensazione che le opere continuino a parlare, come stanze dell’anima lasciate socchiuse.

Lettura critica: tre chiavi per entrare nelle opere

1) Materia come memoria. La scelta dell’encausto e la cura del supporto rendono visibile il tempo del fare: strati, velature, abrasioni. La materia, qui, è archivio: custodisce e rilascia.

2) Colore come voce. La tavolozza di Natalini cerca risonanze, non effetti. Il colore accompagna l’emozione, ne misura intensità e soglia, costruendo spazi interiori più che scenari.

3) Figura come soglia. Ritratti e nature morte non si esauriscono nel soggetto: sono soglie di accesso a storie e relazioni. La figura è il punto in cui il visibile sfiora l’invisibile.

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Mario Farneti
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