Il bliz della Dia, la Direzione investigativa antimafia di Salerno è scattato all'alba di stamattina, giovedì 27 marzo. Le accuse in ballo sono gravissime. Si va dallo scambio politico elettorale mafioso, al tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, all'estorsione aggravata dal metodo mafioso, alla detenzione, porto e cessione di armi da guerra e comuni da sparo, e al favoreggiamento personale. La Sezione Operativa della Dia salernitana su richiesta della locale Procura della Repubblica - Direzione Distretturale Antimafia, ha dato esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare per dieci indagati, tutti finiti in carcere o ai domiciliari.Tra questi c'è anche una donna di Terni.
Gli arresti sono stati eseguiti a Torchiara, Capaccio Paestum e Baronissi in Campania, in provincia di Salerno, a Sulmona in Abruzzo e a Terni, in Umbria. All'origine di tutta la vicenda c'è il tradimento di uno scambio politico di stampo mafioso con tanto di attentato pianificato nei minimi dettagli. Un intreccio molto ramificato che ha richiesto due anni di indagini per essere sbrogliato.
Tra gli arrestati, per la seconda volta in sei mesi, Franco Alfieri, ex presidente della Provincia di Salerno ed ex sindaco di Capaccio Paestum. Alfieri, infatti, era già finito in manette lo scorso 3 ottobre per una vicenda di appalti truccati, dimettendosi dagli incarichi di sindaco e presidente provinciale, era riuscito ad ottenere i domiciliari.
Secondo la Procura salernitana al centro di tutta l'intricata questione, c'era un patto tra Alfieri e Roberto Squecco, ritenuto esponente dell'area imprenditoriale del clan Marandino attivo a Capaccio Paestum e già condannato in via definitiva per 416 bis, e la ex moglie di Squecco, Stefania Nobili, consigliera comunale a Capaccio Paestum all'epoca dei fatti, originaria di Terni.
I tre avevano stretto un patto elettorale politico di stampo mafioso. Nel 2019 Alfieri si candidò a sindaco di Capocci Paestum. Secondo la ricostruzione dei pm, Alfieri avrebbe stretto il patto con Squecco e Nobili che in cambio di voti in suo favore, avrebbero mantenuto il controllo del Lido Kennedy, una struttura riconducibile a Squecco attraverso un prestanome e già destinataria di procedimenti giudiziari.
Il Lido infatti doveva venire parzialmente abbattuto perché ritenuto pericoloso, ma Alfieri aveva promesso ai due di impedirlo per tramite di un dipendente della Polizia Locale, Antonio Bernardi, e di un dipendente dell'ufficio cimiteriale di Capaccio Paestum, Michele Pecora. I due si sono messi anche in contatto con Maria Rosaria Picariello, assessora dimissionaria alle politiche sociali del Comune, che avrebbe riferito poi ad Alfieri i messaggi minatori di Squecco, come emerso dalle intercettazioni.
Eletto sindaco, Alfieri infatti non ha mantenuto la sua promessa tradendo il patto con Squecco e Nobili. L'abbattimento del Lido alla fine c'era stato e Squecco, così è emerso dalle indagini, ha pensato di vendicarsi con un attentato dinamitardo contro Alfieri coinvolgendo tre persone di Baronissi, di cui due pregiudicati, Antonio Cosentino, Domenico De Cesare, e Angelo Genovese.
L'attentato pianificato da Squecco ai danni di Alfieri era stato predisposto con grande attenzione, con tanto di sopralluoghi e mappe. Non è stato eseguito perché sembra che Squecco non fosse riuscito a mettersi d'accordo con i tre complici che nel frattempo hanno avuto da discutere fra loro.
Ai tre la Procura ha contestato il possesso di esplosivi armi da guerra e comuni e da sparo tra i quali un Uzi e un Kalashnikov. Domenico De Cesare, deve inoltre rispondere anche di tentato omicidio nei confronti di Angelo Genovese, esponente del clan omonimo per una tentata estorsione. Maria Rosaria Picariello infine deve rispondere di favoreggiamento personale perché alla polizia giudiziaria ha reso dichiarazioni mendaci - smentite dalle intercettazioni - con l'intento di aiutare Squecco, Bernardi e Pecora.