Si chiamano CAD, una sigla che sta per Centri Antidiscriminazione. Realtà recenti ma già presenti in tutta Italia che sono diventate i punti di riferimento contro l’odio LGBTQIA+ e accolgono migliaia di persone ogni anno. I CAD da poco hanno raggiunto un importante obiettivo. Da poco hanno costituito la prima rete nazionale a cui anche il Centro Antidiscriminazioni Omphalos LGBTI di Perugia ha aderito insieme ad altri 37 strutture italiane.
Dai Centri Antiviolenza ai Centri Antidiscriminazione: l’Omphalos di Perugia entra in rete
La costituzione della rete dei CAD è avvenuta a Bologna, nell’ambito del Festival La Violenza Illustrata. In questo contesto si è tenuta il 7 e l’8 dicembre scorsi, una due giorni, al Cassero LGBTQIA+ Center finanziata da UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali). Si è trattato di un importante momento, scrivono da Omphalos Perugia, di confronto operativo e pratico che ha visto coinvolte più di 50 professioniste e professionisti – operatrici, assistenti sociali, psicologhe e avvocate peer – in uno scambio di buone pratiche e prospettive future.
La rete nazionale dei Centri Antidiscriminazione si ispira a quella dei Centri Antiviolenza impegnati nel contrasto alla violenza di genere. Al loro interno oltre a svolgere funzioni di accoglienza e contrasto verso ogni forma di discriminazione e odio di matrice omolesbobitransfobica, condividono l’obiettivo di costituirsi come soggetto di interlocuzione politica.
Che cosa è un Centro Antidiscriminazione (CAD)
Dall’Omphalos di Perugia spiegano nel dettaglio cosa sono i Centri Antidiscriminazione e come funzionano. “I CAD – si legge in una nota – sono in prima linea nel contrasto alle discriminazioni, che sappiamo essere un fenomeno pervasivo e sistemico. In tutta Italia le persone LGBTQIA+ si rivolgono alle associazioni per chiedere supporto“.
In molti casi chi si rivolge a queste strutture porta con sé racconti e situazioni che sembrano ripetersi. L’utenza è trasversale e comprende anche i minori. “Spesso – prosegue la nota – emergono storie simili tra loro, come i molti casi di persone trans e migranti che a causa della violenza e della discriminazione si ritrovano senza casa, oppure di minori che subiscono bullismo a scuola o abusi da parte dei genitori una volta che fanno coming out. Sono storie da cui emerge la necessità di strutture protette capaci di accogliere persone LGBTQIA+, che spesso invece si scontrano con servizi incapaci di rispondere ai loro bisogni“.
La richiesta di supporto presenta contorni allarmanti a cui, al momento, la risposta istituzionale appare largamente insufficiente. “Alcuni Cad – specificano dall’Omphalos – sono anche case rifugio, ma i posti letto rimangono insufficienti per colmare la richiesta. Spesso sono persone che si trovano in condizioni di isolamento e solitudine proprio a causa delle discriminazioni che subiscono, che possono comportare violenza o abbandono da parte della famiglia di origine e delle loro comunità, difficoltà nell’accesso al lavoro ed esclusione dalle reti sociali e istituzionali“.
I percorsi di fuoriuscita dalla violenza
Così come accade nei Centri Antiviolenza, anche nei Centri Antidiscriminazione vengono attivati i percorsi di fuoriuscita dalla violenza e dalle discriminazioni. Percorsi che richiedono un approccio interdisciplinare e l’intervento di più figure di supporto. Ogni anno sono migliaia le persone che si rivolgono ai CAD: un grido d’aiuto che non può restare inascoltato. “Sappiamo – scrivono da Omphalos – che questa è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che colpisce tantissime persone ogni giorno e che sta diventando sempre più feroce“.
Per potenziare la risposta a un fenomeno crescente, la costituzione della rete nazionale dei CAD è stata un’azione necessaria. Concretizzatasi con “il duplice obiettivo di riuscire ad accogliere sempre più persone e di contrastare il fenomeno delle discriminazioni alla radice, costruendo un soggetto politico capace di intervenire nella prevenzione e di produrre il cambiamento culturale necessario al superamento delle discriminazioni“.