L’indagine sull’omicidio di Hekuran Cumani, il 23enne albanese ucciso con una coltellata al petto nella notte tra venerdì e sabato, entra in una fase cruciale. La Procura di Perugia Ha ascoltato quattro persone secondo alcune indiscrezioni iscritte nel registro degli indagati (anche se non ci sono conferme ufficiali), tra cui un addetto alla sicurezza del locale “100dieci”. Gli inquirenti stanno analizzando i telefoni cellulari dei giovani coinvolti nella rissa per ricostruire le ultime ore della vittima e capire chi abbia colpito.
Le telecamere del parcheggio universitario, dove si è consumata la tragedia, non hanno fornito immagini utili. Secondo alcune testimonianze, Hekuran avrebbe cercato di proteggere il fratello minore, rimanendo ucciso mentre tentava di dividere i contendenti.
A coordinare l’inchiesta è la Procura di Perugia, con il supporto della Squadra Mobile, impegnata da giorni in un lavoro di verifica e ascolto di testimoni. Gli agenti stanno cercando di ricostruire la rissa avvenuta nel parcheggio del Dipartimento di Matematica e Informatica, dove il giovane è stato ucciso.
Nessuno, però, tra i presenti ha dichiarato di aver visto la coltellata fatale. “Non ho visto chi ha colpito Heku, c’era confusione ovunque”, avrebbe riferito uno dei ragazzi ascoltati in questura.
Le quattro persone su cui si è focalizzata l'attenzione degli inquirenti sono state ascoltate in procura. Le indagini verterebbero sulle ipotesi di minacce aggravate e porto di oggetti atti a offendere. Due sono giovani di origine straniera, ma nati e cresciuti in Italia. Il primo, un 18enne di origine marocchina residente a Ponte San Giovanni è già noto alle forze dell’ordine per episodi di violenza. Il secondo è un ragazzo italiano di origine tunisina, anche lui indagato per reati analoghi.
Entrambi sarebbero stati armati di coltello, ma le lame sequestrate non corrispondono a quella che ha ucciso Cumani.
Tra le persone coinvolte figura anche una ragazza di 22 anni, fidanzata del primo giovane, che avrebbe portato un coltello al compagno, dichiarando di non sapere che si trattasse di un’arma. L’ultimo nome è quello di un buttafuori del locale 100dieci, indagato per lesioni personali: avrebbe ferito il fratello della vittima nel tentativo di separare i due gruppi. “Ho cercato solo di fermarli e disarmare un ragazzo che brandiva un coltello”, ha spiegato l’uomo durante l’interrogatorio.
Le telecamere interne della discoteca hanno ripreso soltanto le fasi iniziali della lite, ma non la colluttazione nel parcheggio dove è avvenuto l’accoltellamento. Nella zona, infatti, non esistono sistemi di videosorveglianza funzionanti, e questo ha reso il lavoro degli investigatori particolarmente difficile.
Le testimonianze raccolte finora sono frammentarie e spesso discordanti: alcuni ragazzi tacciono, altri raccontano solo una parte dei fatti. Gli investigatori sospettano una reticenza diffusa, forse dovuta alla paura di vendette o ripercussioni. “È possibile che nessuno abbia visto chi ha sferrato la coltellata?”, si domandano le fonti vicine all’inchiesta.
Per colmare le lacune, gli inquirenti stanno analizzando i cellulari sequestrati ai quattro indagati e ai principali testimoni. Chiamate, messaggi e chat della notte dell’aggressione saranno fondamentali per ricostruire i movimenti e individuare eventuali responsabilità.
Dalle prime ricostruzioni emerge che la rissa sarebbe scoppiata per un insulto o per l’abuso di alcol, forse entrambi i fattori. A scontrarsi sarebbero stati due gruppi di giovani: da un lato i ragazzi di Fabriano, arrivati a Perugia per trascorrere la serata nei locali della movida universitaria, dall’altro i cosiddetti “perugini”, molti dei quali già conosciuti per episodi di violenza e aggressioni.
Durante la colluttazione, Hekuran Cumani si sarebbe messo in mezzo per difendere il fratello minore, che stava subendo un’aggressione. È stato colpito con una coltellata al petto, risultata mortale. Gli operatori del 118, giunti rapidamente sul posto, non hanno potuto fare nulla per salvarlo. “Era un ragazzo buono, lavoratore e generoso”, raccontano gli amici di Fabriano.
Il fratello di Hekuran, anche lui ferito, ha dichiarato di non aver visto chi ha sferrato il colpo. Nessuno dei presenti, né tra i giovani marchigiani né tra i perugini, ha fornito elementi concreti sull’identità dell’aggressore.
La Procura di Perugia continua a indagare senza sosta, concentrandosi ora su dettagli telefonici e tabulati per individuare eventuali contatti tra i gruppi prima e dopo la rissa. L’assenza di immagini video e la mancanza di testimoni oculari rendono complessa la ricerca della verità, ma l’obiettivo resta identificare l’autore materiale del delitto.
Il caso Cumani si inserisce in un contesto delicato per la città, dove le forze dell’ordine monitorano da tempo le tensioni giovanili nella movida universitaria. Gli investigatori stanno valutando se la tragedia sia legata a rivalità pregresse o a un episodio isolato.
In attesa dei risultati tecnici sui telefoni e degli ulteriori interrogatori, resta aperta una sola certezza: la morte di Hekuran Cumani ha lasciato una comunità sconvolta e un’indagine ancora piena di domande senza risposta.