Sono passati dodici anni da quando un night club “circolo” è stato scoperto dalle mogli dei soci, ma la rabbia è rimasta. Dodici anni dopo l’arresto dei responsabili e la chiusura del locale, il processo per sfruttamento della prostituzione è ancora in corso davanti al I Collegio del Tribunale Penale di Perugia.
La scoperta del night club camuffato da circolo fu resa possibile grazie alle segnalazioni di mogli preoccupate per le assenze dei mariti e per i problemi economici che queste assenze stavano causando ai bilanci familiari. Ma andiamo con ordine
Il circolo che è stato scoperto essere un night club: tutta la storia
Grazie alle segnalazioni di mogli infuriate, è stato smantellato un giro di prostituzione nascosto dietro la facciata di un night club nel piccolo comune di Fossato di Vico. Il locale “Bocca di Rosa”, teatro di questa operazione, è stato al centro di un’inchiesta che ha portato all’arresto del titolare per sfruttamento della prostituzione.
Secondo l’accusa, il locale non era solo un punto di ritrovo notturno, ma il fulcro di un vasto giro di sfruttamento della prostituzione, con diverse ballerine che offrivano prestazioni sessuali in cambio di denaro. La gestione del locale prevedeva una struttura ben organizzata: il denaro guadagnato dalle prestazioni delle ragazze finiva principalmente nelle tasche del gestore del locale e del personale, con solo una minima parte destinata alle ballerine stesse.
Le accuse contro i cinque imputati includono lo sfruttamento delle ballerine e la gestione di un’attività imprenditoriale illecita sotto la parvenza di un night club. Il proprietario del locale avrebbe organizzato un vero e proprio sistema volto a trarre vantaggio economico dalle prestazioni sessuali offerte dalle ragazze ai clienti del locale. Il tariffario variava in base al tempo trascorso con le ragazze, sia all’interno del locale che al di fuori di esso.
Secondo l’accusa, la gestione era meticolosamente pianificata: un addetto alla cassa segnalava eventuali controlli esterni, un altro si occupava di indirizzare le scelte delle ragazze da parte dei clienti, e il buttafuori monitorava costantemente la situazione, avvisando preventivamente dell’arrivo delle forze dell’ordine.
I guadagni e le accuse dei Carabinieri
Nel locale, 120 euro garantivano una bottiglia di spumante e un’ora in compagnia della ballerina scelta. Per chi preferiva portare le ragazze fuori, le cene potevano costare fino a 350 euro a serata. A questi costi si aggiungevano regali di varia natura e ulteriori compensi in denaro direttamente alle ragazze.
Il guadagno del proprietario per ogni prestazione sessuale delle ragazze poteva arrivare fino a 250 euro, specialmente durante eventi come gli addii al celibato.
Secondo i Carabinieri, il titolare del locale, identificato come L.M., un gualdese del 1976, gestiva il giro di prostituzione con la complicità di camerieri e buttafuori. Questi ultimi coprivano le attività illecite, proteggendo sia i clienti che le prostitute, che venivano incentivate a vendersi il più possibile. L.M. è stato arrestato con l’accusa di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Invece del carcere, gli sono stati concessi gli arresti domiciliari.
Il processo e le testimonianze
La rivolta delle mogli è scattata quando hanno scoperto che gli stipendi dei loro mariti svanivano nel nulla, insieme ai conti correnti famigliari, prosciugati nel tentativo di conquistare le ballerine del night club. I clienti, attratti dalle esibizioni serali delle ragazze, spendevano ingenti somme di denaro nel locale, ignari che dietro l’apparente svago si nascondesse un’attività illecita ben organizzata.
In tribunale, tra reticenze e vergogna, alcuni clienti del locale sono stati chiamati a testimoniare. Molti di loro si sono trincerati dietro frasi di circostanza, affermando di non ricordare se avessero pagato direttamente le ragazze o limitandosi a parlare di “regalini”. Descrivevano le ballerine come “brave ragazze, straniere che non conoscevano nessuno” e minimizzavano le loro azioni dicendo che “si divertivano e basta”.
Le indagini dei Carabinieri hanno rivelato che i clienti avevano accesso a diverse ragazze e potevano concordare di volta in volta dove consumare i rapporti sessuali. Le testimonianze raccolte durante il processo dipingono un quadro ben diverso da quello fornito dai clienti, evidenziando un’organizzazione ben strutturata e un’ampia rete di sfruttamento.
Gli imputati sono difesi da un team di avvocati esperti: Marco Giovanni Zurino, Giancarlo Viti, Sandro Picchiarelli, Maurizio Diociaiuti, Monica Bisio e Gennaro Esibizione. La difesa cerca di smontare le accuse, puntando sulla mancanza di prove concrete e sulla credibilità delle testimonianze raccolte.