Nel carcere di Perugia un detenuto è morto in circostanze che restano da chiarire. A rendere pubblica la notizia è stato Giuseppe Caforio, garante per i diritti delle persone private della libertà personale, il quale ha espresso il suo “dolore e preoccupazione” per quanto accaduto.
Stando alle prime informazioni disponibili, il decesso sembrerebbe attribuibile a cause naturali. La Procura di Perugia ha comunque incaricato un medico legale di effettuare accertamenti, senza che al momento siano emerse ipotesi di reato. Si tratta di un episodio che riporta al centro dell’attenzione le condizioni di vita all’interno del sistema penitenziario, spesso sovraffollato.
Detenuto morto in carcere, le condizioni all’interno delle carceri
Secondo il garante, l’episodio ha provocato una forte risposta tra i detenuti, “probabilmente legata anche alla costernazione per la perdita di un compagno”. Tuttavia, il garante aggiunge che questa reazione è “sicuramente anche collegata alla situazione complessiva di fortissimo disagio più volte denunciato”. Il problema non sarebbe circoscritto al carcere perugino, ma rifletterebbe una situazione diffusa nelle carceri italiane, spesso sovraffollate e con un numero significativo di persone detenute che presentano problemi di salute incompatibili con la vita in istituto.
Le carenze di organico sono un altro elemento critico: “La grave carenza di personale della polizia penitenziaria e le carenze dell’area sanitaria sono ormai costanti e rappresentano una delle cause delle tensioni da parte dei detenuti”, ha dichiarato Caforio. Questi fattori, a suo avviso, rendono la situazione insostenibile e richiedono un intervento tempestivo per evitare un ulteriore aggravamento.
Il richiamo ai diritti umani e alla funzione rieducativa
La morte di un detenuto, secondo Caforio, rappresenta sempre un evento grave. “La morte di un uomo è sempre vicenda grave e gravissima anche se dovesse emergere che le cause sono di origine naturale”, ha affermato. Questo episodio, ha aggiunto, dovrebbe spingere verso un cambio di approccio rispetto alla gestione delle carceri, affinché “diventino un luogo di rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo con reale concretizzazione della funzione riabilitativa”.
Il garante ha inoltre denunciato pubblicamente una situazione che, secondo lui, “non solo non è migliorata, ma continua a peggiorare”. Le ragioni di questo peggioramento includono carenze economiche e di personale che ostacolano il funzionamento del sistema. Caforio ha insistito sull’importanza di garantire ai detenuti condizioni che consentano un vero reinserimento nella società civile al termine del percorso di espiazione della pena: “Se ciò non avverrà, significherà che il nostro sistema sociale ha fallito in uno degli obiettivi primari”.
Le critiche del SAPPE alla gestione del sistema sanitario penitenziario
Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (denominato SAPPE) ha preso posizione sull’accaduto, sottolineando la gravità della situazione. Fabrizio Bonino, segretario regionale per l’Umbria, ha spiegato che il detenuto, un uomo nigeriano di 37 anni, era in attesa di giudizio e ristretto al terzo piano della struttura penitenziaria. Nonostante il tempestivo intervento degli agenti e del personale sanitario, la morte non è stata evitata. “La morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, ha dichiarato Fabrizio Bonino.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ha attribuito parte della responsabilità delle difficoltà attuali al passaggio della gestione sanitaria dal sistema penitenziario al Servizio sanitario nazionale. “L’eliminazione della sanità penitenziaria, che consentiva una gestione interna attraverso convenzioni tra amministrazione e medici, ha causato notevoli disservizi e difficoltà di gestione”, ha affermato. Secondo Donato Capece, la precedente organizzazione garantiva una presenza costante e una conoscenza approfondita della popolazione detenuta, elementi fondamentali per una corretta gestione delle carceri.
Il sindacato ha chiesto un intervento deciso da parte dei vertici dell’amministrazione penitenziaria, ritenendo che siano necessarie soluzioni operative e pratiche per affrontare le problematiche strutturali e organizzative che affliggono il sistema carcerario italiano.