La Procura di Perugia ha concluso le indagini su un caso in cui la minaccia a un avvocato da parte di un sedicente agente segreto è avvenuta sui social media. L’indagato, un uomo di 65 anni originario della Lombardia, è accusato di aver creato falsi profili online per spacciarsi come membro dei servizi segreti e minacciare diverse persone, tra cui l’avvocato, che aveva pubblicato un post di riflessione sulla guerra in Ucraina.

Minaccia un avvocato, ma non è un vero agente segreto

L’uomo, difeso dall’avvocato Sylvia Piazzoli, avrebbe creato due profili falsi su Facebook sotto i nomi di “Guglielmo Spada” e “Marina Rovaris”. Attraverso questi account, interagiva con vari utenti, affermando di essere un generale dei Carabinieri e dei servizi segreti italiani, attualmente in missione a Kiev con il contingente Nato. Dichiarava inoltre di monitorare tutti coloro che avevano posizioni filo-russe, sostenendo di essere in possesso di dati personali che avrebbe potuto pubblicare sui social. Gli episodi incriminati sono avvenuti tra il 5 dicembre 2022 e il 4 maggio 2023. Durante questo periodo, l’avvocato perugino ha vissuto in un clima di costante tensione e timore per la propria sicurezza.

Le accuse della Procura sono gravi: l’indagato avrebbe causato un “grave e perdurante” stato d’ansia nell’avvocato perugino, inducendolo a modificare le sue abitudini di vita. La vittima, temendo per la propria sicurezza, cercava di frequentare sempre luoghi affollati e aveva iniziato ad assumere ansiolitici per gestire l’ansia crescente.

Nei messaggi, come riporta Perugia Today, l’indagato non si limitava a minacciare, ma passava anche agli insulti. In una risposta, aveva scritto: “Scrivi più caxxate tu che una mandria di bonobo. Vergognati“.

Quando l’avvocato perugino cercava di protestare, chiedendo di non essere giudicato da uno sconosciuto, l’indagato replicava: “Ti conosco benissimo, se vuoi metto i tuoi dati: cellulare, indirizzo, iban nella prossima risposta. Vedi di smetterla velocemente … sono pagato per indagare su gente come te. Ti seguiamo da mesi. Aspetta solo che il paese entri in guerra per vedere cosa ti aspetta“.

Le minacce non si fermavano ai messaggi online. Un giorno, l’avvocato riconobbe l’indagato appostato sotto la sua abitazione, vestito con un giubbotto invernale e occhiali da sole. Quando uscì di casa, l’uomo lo fissò con aria minacciosa per un tempo prolungato, aumentando il senso di paura e ansia del professionista.

Catfish: cosa si rischia in Italia 

Il catfishing, un termine che ormai è diventato di uso comune nel vocabolario del web, rappresenta un inganno online in cui una persona assume un’identità falsa per manipolare e sfruttare le debolezze delle sue vittime. Questo fenomeno, che prende il nome dal pesce-gatto, ha effetti devastanti sulle vittime, causando danni psicologici, fisici ed economici.

In Italia, fingersi un’altra persona su internet è un reato che può portare a gravi conseguenze legali. Secondo l’articolo 494 del Codice Penale, chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce qualcuno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, può essere punito con la reclusione fino a un anno.

Inoltre, se questa falsa identità viene utilizzata per commettere ulteriori reati, come minacce, diffamazione o frode informatica, le pene possono aumentare significativamente. In casi di cyberbullismo o stalking, le leggi italiane prevedono pene più severe, includendo anche l’obbligo di risarcimento per i danni morali e materiali causati alle vittime. 

Secondo le statistiche del 2021, circa l’86% della popolazione italiana utilizza i social network, con un incremento del 5.7% rispetto agli anni precedenti. La Polizia Postale ha riportato un aumento del 118% delle truffe per catfish in Italia nello stesso anno. Questo dato è supportato da Facebook, che ha chiuso circa 3 miliardi di profili falsi, il 43% dei quali erano legati a reati di catfishing.