L’acciaieria di Terni tiene il punto e non si piega su un accordo di programma senza una soluzione tangibile al caro energia. Il messaggio arriva forte e chiaro dall’amministratore delegato di Arvedi Acciai Speciali Terni, Dimitri Menecali: “Nessuno, e dunque neppure Arvedi Ast, in buona fede può assumersi la responsabilità di firmare un accordo di programma che non contenga la soluzione, contingente e strutturale, del costo dell’energia, poiché comprometterebbe la competitività, lo sviluppo, il rilancio dell’azienda ed il futuro dei posti di lavoro”. Un muro che rischia di rendere il futuro dello stabilimento sempre più precario.
Ma chi lavora ogni giorno tra i forni e i laminatoi sa bene che senza garanzie reali sulle bollette energetiche, qualsiasi discorso sul rilancio dell’azienda è aria fritta. I sindacati non sono disposti a lasciare nulla al caso e la pressione sulle istituzioni aumenta. Il caro energia pesa come un macigno, ma a pagare il prezzo più alto rischiano di essere proprio gli operai, che vedono il futuro della fabbrica appeso a un filo. È su di loro che dovrebbe puntare ogni trattativa, perché senza chi manda avanti la produzione, nessun accordo avrà davvero senso.
Pressioni sindacali e conto alla rovescia
A Palazzo Donini si gioca il tutto per tutto per chiudere la partita entro febbraio. I rappresentanti delle istituzioni e dei lavoratori hanno battuto i pugni sul tavolo per accelerare i tempi, ma la montagna da scalare resta alta: senza una soluzione strutturale sui costi energetici, ogni promessa di sviluppo rischia di restare lettera morta.
Nel frattempo, i sindacati affilano le armi. Il pacchetto di scioperi è pronto e il conto alla rovescia è partito: otto ore di stop sono già state messe nero su bianco per marzo, se dal Governo non arriveranno garanzie concrete. La tensione sale non solo dentro l’acciaieria, ma in tutto il tessuto produttivo umbro, che vive con il fiato sospeso. Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl avvertono che senza passi avanti, la mobilitazione si allargherà, puntando a blindare i posti di lavoro e le prospettive industriali del territorio.
La Regione promette soluzioni
L’assessore allo sviluppo economico, Francesco De Rebotti, promette di non mollare la presa e assicura che la Regione farà la sua parte per garantire la tenuta industriale e occupazionale di un colosso che, nel bene o nel male, regge una fetta consistente dell’economia locale. “Per arrivare ad un risultato che deve necessariamente tutelare i livelli occupazionali e la prospettiva industriale di una azienda che rappresenta il locomotore dell’economia del ternano e dell’intera regione, tutto nel rispetto della scadenza del 28 febbraio, già da tempo concordata”.
Da Perugia, nel vertice regionale, è stato ribadito che il pacchetto dovrà contenere anche la strategia per abbattere i costi energetici, con un orizzonte fissato almeno fino al 2029. Nel frattempo, il Comune di Terni si sta occupando della questione discarica, che entra di diritto tra i nodi da sciogliere prima di qualsiasi firma.
Il presidente della Provincia di Terni, Francesco Maria Ferranti, mette in chiaro che non basterà una stretta di mano e due promesse per sigillare l’intesa: serve una visione industriale che garantisca il peso internazionale dello stabilimento, il via libera agli investimenti ambientali, un piano infrastrutturale che renda il territorio competitivo e, soprattutto, tutele per le aziende dell’indotto che non possono restare con il fiato sospeso in eterno.
Menecali parla, ma governo assente e scenario incerto
Le parole di Menecali si incastrano in un silenzio assordante proveniente da Roma, mentre il Ministero delle Imprese e del Made in Italy resta a braccia conserte. Senza un intervento concreto sui costi energetici, l’accordo sembra un miraggio e gli investimenti rischiano di evaporare come neve al sole. Nel frattempo, gli operai e il territorio restano con il fiato sospeso, in attesa di un segnale che tarda ad arrivare.
A Terni, però, il tempo stringe e il sindaco Stefano Bandecchi ha lanciato un ultimatum: ventuno giorni per trovare una soluzione, altrimenti la situazione potrebbe prendere una piega difficile da gestire. Ha chiesto un intervento diretto del Governo per evitare che la tensione sociale salga di livello, mentre si ipotizza il coinvolgimento del prefetto per tenere a bada una possibile escalation. L’aria è elettrica e la pazienza ha un limite.