Oggi, nel nostro consueto viaggio attraverso le più affascinanti leggende, tradizioni popolari e storie antiche dell’Umbria, ci immergiamo in un capitolo della storia medievale che, nel suo intreccio di realtà e mito, rivela tanto la grandezza quanto l’oscurità di quell’epoca. Protagonista di questo approfondimento è un personaggio che ha segnato in maniera indelebile l’immaginario collettivo, diventando simbolo di un tempo in cui paure e superstizioni potevano trasformarsi in sentenze spietate.

Parliamo di Matteuccia di Francesco di Ripabianca, conosciuta ai posteri come Matteuccia da Todi.. Questa monaca italiana, accusata di stregoneria e ricordata nei secoli come la Strega di Ripabianca, visse una vicenda tragica che si intrecciò con miti e credenze legati alla leggendaria Noce di Benevento. La sua storia, cruda e drammatica, continua a riecheggiare nel tessuto culturale umbro, ricordandoci i lati più oscuri del Medioevo e le ingiustizie che ne hanno segnato le pagine più amare. Scopriamo insieme perché questa figura resta così profondamente radicata nella memoria storica e simbolica della regione.

La leggenda del noce di Benevento

Prima di addentrarci nella figura di Matteuccia da Todi, analizzando il suo processo e la sua tragica condanna, è necessario soffermarsi sul contesto storico che fece da sfondo a quegli eventi. Le accuse di stregoneria non si limitarono a questa donna, ma colpirono molte altre, ritenute colpevoli di pratiche oscure e sovversive. Un elemento centrale di queste credenze fu il celebre Noce di Benevento, attorno al quale fiorirono miti e superstizioni che alimentarono il terrore popolare.

Si raccontava che nella notte di San Giovanni, migliaia di streghe si librassero nel cielo, convergendo al gran sabba che si svolgeva proprio sotto il noce di Benevento. Questa leggenda trova le sue radici nel VII secolo, quando i Longobardi, stanziati a Benevento, celebravano riti pagani inquietanti all’ombra di un antico albero di noce. Il vescovo dell’epoca, deciso a sradicare tali pratiche, approfittò della paura di un’imminente invasione bizantina per convincere la popolazione a tagliare l’albero. Promettendo protezione divina in cambio dell’abbandono delle usanze pagane, riuscì nel suo intento: l’albero fu abbattuto e i Bizantini si ritirarono.

Tuttavia, la leggenda non terminò lì. Si narra infatti che, poco tempo dopo, un altro noce spuntò nello stesso luogo, e con esso ripresero le misteriose adunanze. Da quel momento, si diffuse la credenza che le streghe di tutto il mondo si riunissero sotto il noce nella notte di San Giovanni. Sebbene il secondo albero sia scomparso nel XVII secolo, il mito sopravvive ancora, alimentato dalle leggende sulle janare, le streghe campane, che avrebbero scelto quel luogo per i loro sabba.

Il legame simbolico tra il noce e il fiume Sabato, da cui deriva il termine sabba, contribuì a consolidare il ruolo di questo albero nell’immaginario legato all’oscuro. Ancora oggi, nelle campagne italiane, persistono superstizioni legate al noce: si ritiene che dormire all’ombra di quest’albero possa causare emicranie o febbri, e che le sue radici, penetrando nelle stalle, portino deperimento al bestiame.

Queste credenze, seppur fantasiose, trovano un fondo di verità. Le radici del noce producono juglandina, una sostanza tossica per molte altre specie vegetali, il che spiega perché i noci crescano spesso isolati. Ciò ha contribuito ad alimentare il loro simbolismo sinistro, intrecciandosi con le leggende e i timori di un’epoca in cui il confine tra realtà e superstizione era estremamente labile.

La vera storia di Matteuccia da Todi

Sebbene gli inquietanti episodi evocati dalla leggenda della Noce di Benevento non rappresentino un caso unico nel panorama delle superstizioni legate alla stregoneria, questa narrazione si distingue per il suo carattere emblematico. La sua fama ne ha fatto un simbolo delle paure collettive dell’epoca, alimentando quel clima di sospetto che sarebbe sfociato, di lì a poco, nella spietata e drammatica caccia alle streghe.

Ne è un esempio lampante la vicenda di Matteuccia di Francesco, conosciuta come Domina Herbarum. Abile conoscitrice di erbe, Matteuccia era famosa per preparare unguenti e infusi, utilizzati insieme a formule magiche per curare malattie fisiche e lenire sofferenze dell’anima.

La sua fama crebbe rapidamente grazie all’efficacia dei rimedi, attirando una clientela sempre più numerosa. Sebbene molti dei suoi consigli fossero innocui o, al più, eccentrici, altri facevano ricorso a rituali più oscuri, avvolti nel mistero e nel macabro. Tra i suoi sostenitori spiccava Braccio Fortebracci, il celebre condottiero che dominava su Perugia, Todi e altre città dell’Italia centrale. Secondo alcune interpretazioni, fu proprio questa amicizia a segnarne il destino: l’accusa di stregoneria contro Matteuccia potrebbe essere stata un pretesto per colpire indirettamente Braccio, considerato una minaccia dal papato, in particolare da Papa Martino V.

Il processo che ne seguì si svolse a Todi, sotto il rigido controllo del “Tribunale dei Malefici”. I verbali, ancora oggi conservati nell’Archivio storico comunale, elencano ben trenta capi d’imputazione. Tra le accuse figurano pratiche raccapriccianti: si racconta che avesse convinto un collaboratore di Braccio a recuperare carne umana per produrre un unguento, che fosse in grado di trasformarsi in una gatta e di volare su un capro fino al famigerato Noce di Benevento. Altre accuse, più sinistre, la dipingono come una figura demoniaca, colpevole persino di aver bevuto il sangue di bambini.

Durante il processo, Matteuccia non ebbe alcuna possibilità di difendersi, e nessuno prese le sue parti. La confessione, quasi certamente ottenuta sotto tortura, ratificò un verdetto già deciso in partenza: venne dichiarata colpevole e condannata al rogo. Il 20 marzo 1428, a soli 40 anni, Matteuccia di Francesco fu bruciata viva in Piazza del Montarone, a Todi, segnando l’inizio di una lunga e brutale serie di persecuzioni contro le donne in Europa.

Oggi, la figura di Matteuccia è divenuta un potente simbolo delle atrocità commesse dall’Inquisizione. La sua vicenda continua a essere studiata e narrata, alimentando convegni, rievocazioni storiche, rappresentazioni teatrali e progetti educativi. Tra questi spicca l’Orto della Strega Matteuccia, realizzato presso l’Istituto Agrario di Todi: un giardino didattico dove erbe aromatiche e officinali si intrecciano con la memoria di una donna la cui tragica vicenda ha lasciato un’impronta indelebile nella storia.