Dopo mesi di tormento fisico e psicologico, Matteo Falcinelli è finalmente rientrato in Italia oggi, 19 novembre 2024. La madre, Vlasta Studenicova, che lo ha accompagnato nella fase più critica di questa dolorosa esperienza, ha spiegato: “Matteo è partito da Miami ieri, lunedì 18 novembre. Non vedeva l’ora di ritornare in Italia anche se, purtroppo, le sue condizioni psicologiche sono molto gravi.”

A soli 26 anni, il giovane vive ogni giorno le conseguenze dell’aggressione subita la notte tra il 24 e il 25 febbraio scorso a North Miami Beach. Quel momento lo ha segnato profondamente, come racconta la madre: “Ogni 24-25 del mese rivive i drammatici momenti di quella notte di febbraio scorso.” Matteo ha subito violenze che la madre non riesce ancora a elaborare: “Gli agenti della polizia di North Miami Beach Police Department hanno trasformato la sua vita in un incubo, aggredendolo in modo brutale, mettendogli il ginocchio sul collo, impedendogli di respirare, ammanettandolo così fortemente da non far circolare il sangue nelle sue mani ed infine, quando chiedeva se avesse qualche diritto, incaprettandolo e torturandolo, e poi prendendolo anche in giro con le loro dichiarazioni.”

Matteo Falcinelli, tra il passato e nuove battaglie

Nonostante il tribunale della Florida abbia archiviato le accuse contro Matteo lo scorso settembre, la sua vicenda non si è conclusa. L’università presso cui era iscritto, la Florida International University (FIU), ha aperto un procedimento disciplinare che rischia di compromettere il conseguimento della laurea. “L’università alla quale Matteo è iscritto ha dichiarato la settimana scorsa che, su segnalazione della polizia, hanno aperto un procedimento a carico suo,” spiega la madre, definendo l’iniziativa come una scelta priva di fondamento: “Tra l’altro senza che FIU abbia fatto alcuna indagine e/o verifica del caso di Matteo e della caduta delle accuse contro di lui.”

Questo procedimento, che potrebbe mettere a rischio il rilascio del diploma, arriva in un momento in cui Matteo sta ancora cercando di ricostruire una normalità. Nonostante le ferite, aveva continuato gli studi con impegno: “Matteo si potrebbe laureare a breve e ce l’ha messa tutta per farlo con ottimi voti, nonostante abbia passato quello che ha passato.”

Un appello per la giustizia per Matteo Falcinelli

La madre di Matteo non si arrende e si rivolge direttamente alle istituzioni italiane per ottenere un intervento deciso. Tra i destinatari del suo appello ci sono la premier Giorgia Meloni, il ministro Antonio Tajani e le autorità locali. Vlasta ha già avviato contatti con la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, il sindaco di Spoleto, Andrea Sisti, e la nuova presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti: “Spero che le mie richieste possano avere seguito,” aggiunge, sottolineando l’importanza di un sostegno istituzionale per affrontare questa difficile battaglia.

La denuncia della brutalità e il peso del silenzio

Nel raccontare l’orrore vissuto dal figlio Matteo Falcinelli, Vlasta Studenicova non nasconde l’indignazione per il comportamento degli agenti coinvolti: “I quattro poliziotti in questione finora non sono mai stati neanche temporaneamente sospesi. La vita di mio figlio non ha tale valore da avviare le indagini sospendendo, anche se temporaneamente, i poliziotti coinvolti?”

Le immagini della violenza subita da Matteo sono state diffuse, ma, come spiega la madre, nessuno può comprendere pienamente il dolore e la sofferenza che hanno segnato suo figlio: “Nessuno al mondo, pur avendo visto sul web o in TV le riprese dell’atroce trattamento e tortura alla quale è stato sottoposto Matteo quella fatidica notte, potrà mai capire quello che Matteo ha passato.”

Una voce per raccontare tutto

Nonostante le difficoltà, Matteo ha espresso la volontà di raccontare la sua verità: “Matteo al suo ritorno in Italia vuole FINALMENTE parlare e raccontare tutto quello che gli è successo, quello che ha vissuto ed il terribile dolore e sofferenza che ha provato.” La sua testimonianza non è solo un atto di denuncia ma anche un modo per affermare la propria dignità e chiedere giustizia.