Sei ore, un interrogatorio lunghissimo nel carcere romano di Regina Coeli. Mark Samson, 23 anni, ha raccontato la sua versione, la stessa fornita nei primi giorni dopo il ritrovamento del corpo della giovane Ilaria Sula. Ha detto: "L'ho uccisa per gelosia, ma l'amavo". Nessun pentimento, nessuna incrinatura nella voce. Solo parole fredde, pronunciate con una calma che fa rabbrividire. Una confessione che lascia aperti molti interrogativi, soprattutto per quello che non ha detto.
Secondo il racconto di Mark Samson, tutto sarebbe iniziato con un messaggio ricevuto da Ilaria sul cellulare. Un messaggio da un altro ragazzo. Un dettaglio che, secondo lui, avrebbe acceso la miccia. Dice che ha perso il controllo. Dice che non ci ha visto più. Ha preso un coltello, quello della colazione, e l’ha portato nella stanza. Tre colpi al collo. E poi un altro, meno profondo. Ilaria avrebbe provato a difendersi, ma non ha avuto il tempo. È successo tutto nella casa di via Homs, nel quartiere Africano, in una mattina che si è trasformata in tragedia.
Dopo aver colpito Ilaria, Mark Samson ha preso il suo corpo, lo ha avvolto in un tappeto e lo ha chiuso in una valigia di grandi dimensioni. Una valigia. Poi è salito in macchina, da solo, e ha guidato per chilometri fino a una zona isolata, in mezzo al verde, tra Monte Guadagnolo e Capranica Prenestina. Lì, in fondo a un dirupo, ha lasciato la valigia. Il corpo è rimasto lì per sette giorni. E lui, Mark, dice di aver fatto tutto da solo. Ma gli inquirenti vogliono capire se è davvero andata così. Perché ci sono troppi passaggi, troppe operazioni che, da soli, non è facile fare. E soprattutto: nessuno si è accorto di niente?
Dopo aver tolto la vita a Ilaria, Mark Samson avrebbe tenuto il suo corpo nella stanza per quasi venti ore. Chiusa a chiave, in silenzio. Tutto questo, mentre nella stessa casa si trovavano i genitori del ragazzo. È in quel lasso di tempo che si concentrano i dubbi più forti degli investigatori. Il padre ha dichiarato di essere assente, la madre avrebbe detto di aver dormito. Eppure si tratta di un appartamento piccolo, dove ogni suono si sente. Ogni movimento si nota. Gli inquirenti vogliono capire: è possibile che nessuno si sia accorto di nulla? È possibile che in quelle ore non abbiano sentito né visto niente? Il sospetto è che qualcuno possa averlo aiutato, magari non prima, ma dopo. Magari per ripulire. Magari per coprire.
Dopo aver ucciso Ilaria, Mark avrebbe cercato di cancellare ogni traccia. Ha preso il coltello e tutto quello che poteva raccontare quello che era accaduto: oggetti sporchi di sangue, il tappeto. Tutto finito in un cassonetto del quartiere. Poi c’è il cellulare della ragazza. Un telefono usato per mandare messaggi, per far credere che fosse ancora viva, che si fosse allontanata volontariamente. Quei messaggi, però, non hanno convinto nessuno. E oggi, né il coltello né lo smartphone sono stati trovati. Sono passati giorni, ma restano nascosti, come se anche loro dovessero sparire insieme alla verità.
C’è una telecamera, una fototrappola del Comune. Si trova nei pressi di una discarica. E quella telecamera ha ripreso qualcosa che oggi è un tassello fondamentale nell’indagine: l’auto della famiglia Samson in transito proprio nella zona dove, una settimana dopo, verrà trovato il corpo di Ilaria. La stessa macchina che torna indietro pochi minuti dopo. È il 26 marzo. Era notte. Secondo gli investigatori, è plausibile che il ragazzo abbia caricato il corpo in quella valigia e lo abbia trasportato lì per abbandonarlo nel bosco. Ma c’è un dettaglio che non torna: una valigia pesante, con dentro un corpo senza vita. È davvero possibile che abbia fatto tutto da solo? Gli inquirenti, su questo punto, non si sbilanciano. Ma la domanda resta, e resta aperta.
Durante l'interrogatorio, Mark Samson ha scelto il silenzio su una questione cruciale: il ruolo dei genitori. Ha detto soltanto: "Ho fatto tutto da solo". Ma non basta. Perché alcune frasi pronunciate dalla madre hanno insospettito gli investigatori. E allora ci si chiede: davvero non sapevano nulla? Davvero non hanno visto né sentito? Perché se è vero che non risultano ufficialmente indagati, è altrettanto vero che le indagini puntano anche su di loro. La procura vuole capire se mamma e papà abbiano avuto un coinvolgimento, magari dopo, magari per aiutare. Magari per far sparire le tracce. O, semplicemente, per proteggere il figlio. È un’ipotesi che non si può escludere.
Le accuse contro Mark Samson sono pesanti: omicidio volontario, aggravato dal rapporto che aveva con Ilaria, e occultamento di cadavere. Sono queste le contestazioni mosse dalla procura di Roma. L'autopsia, disposta subito dopo il ritrovamento del corpo, ha stabilito che la giovane è morta per una massiccia emorragia, causata da tre fendenti al collo. Nessuna esitazione, nessuna possibilità di salvarsi. Lui ha parlato di un raptus, di un momento di follia. Ma davvero è andata così? È quello che la procura vuole capire.
Perché c'è un punto, quello della premeditazione, che resta sospeso. E se venisse confermato, cambierebbe tutto. Gli inquirenti stanno esaminando ogni dettaglio, ogni anomalia, ogni comportamento, per capire se quello che è successo quella mattina era davvero un gesto improvviso, oppure qualcosa pensato, magari anche solo per un giorno. Ma pensato.