Non smette di far discutere il recente decreto del Tar dell’Umbria che esclude la caccia alla tortora selvatica dalla giornata di preapertura di domani, primo settembre. Dalla Lega nei mesi scorsi si erano portate avanti grandi battaglie per consentire ai cacciatori quella che la consigliera regionale Manuela Puletti aveva a più riprese definito una “preapertura dignitosa“. Ovvero in linea con quanto accade in altre regioni, Marche in primis, che hanno inserito in preapertura non solo più giornate rispetto all’unica concessa all’Umbria, ma anche più specie cacciabili. A infiammare gli animi del centrodestra è la tortora selvatica. Può un animale così piccolo scatenare un tale putiferio? In Umbria sì. La tortora selvatica è una specie molto ambita dai cacciatori che nonostante siano sempre meno (si parla di 25mila in costante e netta diminuzione) sono una minoranza che la Lega tiene in grande considerazione. Anche oggi, a meno di 24 ore dai primi spari, è nuovamente tornato sulla questione il capogruppo della Lega nell’Assemblea legislativa dell’Umbria, Valerio Mancini.
Il divieto di caccia alla tortora: una conquista delle associazioni ambientaliste. Mancini: “È solo ideologia”
Il divieto di caccia alla tortora in preapertura è giunto in seguito all’accoglimento da parte del Tar dell’Umbria del ricorso presentato da alcune associazioni ambientaliste contro il calendario venatorio 2024/2025. All’annuncio del decreto, Mancini e Puletti avevano immediatamente gridato alla matrice ideologica di un ambientalismo incapace di comprendere “il valore, ambientale e sociale, della caccia”.
E Mancini oggi ribadisce quanto tutta la caccia in Umbria sia vittima di ideologie e pregiudizi da un lato e “di un caos normativo che sempre più spesso va a svantaggio dei cacciatori” dall’altro. Cacciatori che sarebbero stati colpiti dal decreto del Tar in netto contrasto con quanto avviene in altre regioni. Come nelle Marche, più volte citate a esempio di tutela dell’attività venatoria, evidenziando “una disparità di trattamento“. Ed è qui che Mancini invoca un piano nazionale di gestione della tortora selvatica. Anche perché, accusa, i dati provenienti dall’Osservatorio faunistico dell’Umbria sull’effettivo prelievo della tortora selvatica, non sarebbero del tutto veritieri.
“Senza dati – prosegue Mancini – i limiti e i divieti sulla tortora diventano solo il risultato di scelte ideologiche che derivano in primis da Bruxelles, osteggiata da sempre dalla Lega, che in virtù di valutazioni meramente ideologiche vuole imporci cosa mangiare, quali auto acquistare e tentare di vietare un’attività tradizionale come quella venatoria, imponendo limitazioni ai cacciatori, che vengono trattati come cittadini di serie C“.
Mancini: “Serve il censimento sul prelievo venatorio”, brucia la bocciatura dell’emendamento Bruzzone
Mancini ricorda come a luglio la bocciatura dell’emendamento Bruzzone sui calendari venatori sia stata il colpo di grazia. Perché quell’emendamento “avrebbe portato ad una seria programmazione nazionale” al prelievo venatorio. “Con l’obiettivo di porre fine a interpretazioni e lacune amministrative che favoriscono le manovre ostruzionistiche di un ambientalismo estremo, che certe forze politiche di sinistra alimentano” sottolinea il capogruppo.
Quello che Mancini non dice è che nell’emendamento Bruzzone, tra le altre cose era prevista l’impossibilità di presentare ricorsi al Tar sui vari calendari venatori regionali oltre all’introduzione di una pena fino a 8 mesi di reclusione per reati di disturbo all’attività venatoria. Tutto il pacchetto di emendamenti proposti dall’onorevole Bruzzone che sarebbe dovuto entrare nel nuovo Decreto Agricoltura, è stato cassato.
Mancini: “I cacciatori tutelano la salute pubblica”
Tra paradossi e ingiustizie, Mancini ha sottolineato come la caccia possa diventare uno strumento nella tutela della salute pubblica. Nonostante i cacciatori siano “sempre più vessati economicamente e limitati nella loro attività e soprattutto additati ingiustamente come i presunti devastatori del territorio, sono proprio loro che preservano l’ambiente e tutelano anche la sicurezza pubblica, vedasi questione cinghiali e peste suina“. Persone, i cacciatori “che hanno la fedina penale pulita e una condotta più che esemplare, altrimenti sarebbe impossibile mantenere il porto d’armi“.
“Del resto – prosegue ancora Mancini – anche varie sentenze, tra cui quella storica emessa dal tribunale di Bologna, riconoscono invece il ruolo fondamentale del cacciatore, come bioregolatore e per la sua valenza sociale”. E addita ancora l’ideologia, figlia di una narrazione su caccia e cacciatori “completamente ribaltata rispetto alla realtà“. Anche perché l’attività venatoria, conclude il capogruppo leghista, porta lavoro e fa incassare soldi alle Regioni e allo Stato dalle licenze venatorie. “Parlare di centinaia milioni di euro non è lontano dalla realtà, ma dimenticavo, forse ormai per qualcuno conta solo essere contribuenti, non cittadini” conclude.