Due neogenitori sono stati risarciti dei danni cagionati alla loro figlia dal personale medico durante il parto. L’episodio di malasanità è successo all’Ospedale di Branca, dove un ginecologo dell’Usl Umbria 1 è stato citato in giudizio dalla Procura contabile dell’Umbria.

Al medico è stata contestata anche una responsabilità per danno indiretto pari a 430mila euro, da restituire alla Regione Umbria per un parto problematico.

Malasanità in Umbria, genitori risarciti a Branca

Secondo la Procura contabile dell’Umbria, il ginecologo dell’Usl Umbria 1 in servizio presso l’ospedale di Branca, citato in giudizio dalla coppia di neogenitori con l’accusa di malasanità, avrebbe cagionato alla bambina, al momento del parto, un danno “nei gravissimi postumi subiti dalla neonata”.

Più precisamente il danno, che è stato risarcito ai nuovi mamma e papà con un corrispettivo di 800mila euro, avrebbe provocato alla neonata il 40% di invalidità civile per le lesioni cerebrali ipossico-anossiche.

Errori medici dalla gravidanza al parto

Al medico, assistito dagli avvocati Valter Angeli e Maria Grazia Giovagnoli, è stata infatti contestata la non corretta gestione della gravidanza, con “una condotta professionale gravemente colposa, consistita nell’aver omesso correttamente la biometria fetale su curve di accrescimento endouterino durante i controlli ecografici”.

Il ginecologo dell’ospedale di Branca è stato altresì giudicato colpevole di non aver rilevato “il sussistente rallentamento della crescita fetale”, omettendo di effettuare approfondimenti diagnostici specifici”.

Secondo l’accusa, inoltre, il medico durante una ecografia non si sarebbe accorto di “numerose calcificazioni della placenta, sintomatiche di invecchiamento della stessa” che poi avrebbero gravemente compromesso lo sviluppo neuro-psico-fisico e motorio della bambina”.

Ginecologo prosciolto, risarcisce la Regione

I giudici contabili, tuttavia, “valutate, dunque, tutte le consulenze in atti”, hanno prosciolto il ginecologo ritenendo che l’evento sia riconducibile a una “patologia fetale” e a “eventi eminentemente ante partum”, ma con “una eziologia rimasta ignota”.

I giudici contabili, nella lunga sentenza, hanno difatti stigmatizzato l’omissione di un esame di flussimetria che avrebbe potuto evitare i problemi insorti dopo il parto.

Il suddetto approfondimento, però, non risulta più essere a carico del Servizio sanitario nazionale, prescrivibile solo in determinati casi, i quali non erano riconducibili alla situazione e ai sintomi presentati dalla donna portata in ospedale per una sospetta gestosi.

Ne derivano, pertanto, il proscioglimento del medico e il risarcimento ai genitori della bambina in carico alla Regione Umbria e all’assicurazione.

Malasanità in Umbria, parto tragico anche a Foligno

Un simile episodio di malasanità in Umbria si era verificato all’ospedale di Foligno a marzo scorso.

In quel caso, la Procura regionale della Corte dei conti aveva citato in giudizio per responsabilità medica tre professionisti sanitari per un parto difficoltoso con postumi permanenti nel nascituro, ma i giudici contabili avevano infine ritenuto che non ci fosse danno erariale per le casse della sanità regionale per il risarcimento pagato dall’assicurazione.

La questione era stata chiusa con la liquidazione del risarcimento di 1.650.000 euro, di cui 825.000 euro a carico dell’azienda sanitaria, che li ha rimborsati alla società assicuratrice. Quel 50% di risarcimento, dunque, per la Procura contabile avrebbe costituito un danno erariale indiretto.

In quel caso, nessuna responsabilità medica

Nella fattispecie, i giudici contabili avevano sostenuto che non vi fosse responsabilità nel comportamento dei tre professionisti, dal momento che le problematiche che avevano portato al danno permanente al neonato erano iniziate prima ancora del parto, con una serie di complicazioni che però non spettava agli ostetrici valutare, bensì al medico che aveva effettuato l’accettazione all’epoca del ricovero.

I giudici contabili avevano, quindi, riconosciuto diverse omissioni da parte del personale sanitario, ma tutte connotate dalla colpa lieve, non bastevole a imputare una condanna per danno erariale, che presuppone, invece, l’esistenza di una colpa grave. Da qui, il rigetto della richiesta di condanna avanzata dalla Procura contabile.