Un pitone di Burma lungo quattro metri, medicine orientali contenenti bacche e cobra, pelli di varano e coccodrillo, manufatti in avorio e carapaci di tartarughe oltre a alcuni esemplari tassidermizzati come una pulcinella di mare, tartarughe embricate e verdi. Questi alcuni dei pezzi esposti al Museo Malakos, il museo di Scienze Naturali di Città di Castello, l’unico dell’Umbria ad aver dedicato una sezione permanente ai beni confiscati dai Carabinieri. Si chiama “ala CITES” in onore al nucleo che si è occupato del recupero dei materiali.
Ad effettuare i singolari ritrovamenti nel corso degli anni è stato appunto il Raggruppamento CITES, che opera in attuazione della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Convention on International Trade in Endangered Species – CITES). Una collezione quella del museo tifernate che lancia un messaggio importante esponendo uno spaccato significativo dell’avidità umana, che non si ferma davanti a nulla, neanche quando la brama di guadagno porta a distruggere interi ecosistemi.
Traffic, una mostra per riflettere sulla spregiudicatezza umana
“Traffic” è il titolo della mostra che raccoglie il centinaio di reperti confiscati. Uno spaccato esemplificativo del traffico internazionale di questi beni che vanno ad alimentare un mercato illegale di proporzioni massicce. I numerosi esemplari sequestrati dall’Arma sono stati collocati in apposite vetrine che in futuro ne accoglieranno di nuovi. Lo scopo è anzitutto quello di sensibilizzare i più giovani sui danni che il prelievo illecito di specie animali e vegetali arreca agli ecosistemi.
“L’obiettivo della collezione custodita nel Museo Malakos – spiegano gli organizzatori in una nota – è di aumentare la consapevolezza nell’opinione pubblica, soprattutto delle nuove generazioni, dell’importanza di combattere e non alimentare questa tipologia di mercato degli animali e delle piante. I due anni di lavoro che hanno portato all’inaugurazione della collezione CITES nella mattinata di oggi (28 novembre 2024 ndr) sono infatti il punto di partenza di un progetto di sensibilizzazione che coinvolgerà già dalla prossima settimana il mondo della scuola, con percorsi gratuiti che guardano alla costruzione di una coscienza consapevole della responsabilità di proteggere e rispettare le specie animali e vegetali che popolano il pianeta“.
Partecipatissima l’inaugurazione della nuova sezione museale. Hanno presenziato, fra gli altri, il generale di Brigata Giorgio Maria Borrelli, comandante del Raggruppamento Carabinieri CITES, e il tenente colonnello Carlo Saveri, comandante dei Carabinieri Forestali dell’Umbria insieme ai referenti del Nucleo Operativo del Cites di Perugia e ai rappresentanti delle forze dell’ordine tifernati. All’inaugurazione non sono mancati il sindaco Luca Secondi, l’assessore alla Cultura Michela Botteghi e il fondatore di Malakos Gianluigi Bini, oltre alla direttrice Debora Nucci e all’educatrice museale e progettista Beatrice Santucci.
Il museo Malakos di Città di Castello apre un percorso virtuoso di educazione alla legalità
I reperti confiscati dai militari hanno così trovato presso il museo tifernate una nuova collocazione che è anche semantica. “Una collezione che rappresenta un messaggio di legalità e civiltà” ha detto Borrelli. “Oggi – ha sottolineato il generale – questi oggetti che provengono dalla nostra attività di contrasto ai traffici illeciti e di sequestro dei materiali oggetto di un commercio internazionale di vaste dimensioni, anche economiche, ritornano in vita, perché facciamo assumere loro un significato nuovo, che è quello di informare, educare, di sensibilizzare sempre di più i cittadini e le generazione che verranno dopo di noi al rispetto della flora e della fauna selvatica e non solo”.
Sull’importanza del nuovo progetto educativo si sono soffermati anche il sindaco Secondi e l’assessore Botteghi. Una “possibilità – hanno dichiarato -, attraverso la cultura che apre la mente ed è un veicolo di consapevolezza, di sensibilizzare la nostra comunità, soprattutto i giovani, sul tema della legalità e sull’importanza di tutelare l’ecosistema, come ci chiede anche la nostra Costituzione“.
Entusiasta il direttore del museo, il professor Bini. “I danni causati da questi traffici illeciti rischiano di essere irreversibili – ha detto -. Suscitare in chi visiterà quest’ala di Malakos e parteciperà ai nostri laboratori la consapevolezza delle conseguenze drammatiche di certe pratiche e la necessità di sconfiggerle rifiutando prima di tutto l’acquisto dei pezzi che vengono commercializzati illegalmente, è l’unico modo di inaridire questi terribili traffici”.