La Corte d’assise d’appello di Firenze ha confermato la condanna a tre anni di reclusione per Amanda Knox, per avere accusato Patrick Lumumba nelle prime fasi delle indagini sull’omicidio di Meredith Kercher. Questa pena è già stata scontata dalla cittadina americana durante gli anni passati in carcere per l’omicidio della studentessa inglese. 

La sentenza è stata letta oggi, mercoledì 5 giugno, dalla presidente del collegio giudicante, Anna Maria Sacco, alla presenza dell’imputata, giunta appositamente dagli Stati Uniti con il marito Christopher Robinson. Era assente, invece, Lumumba, parte offesa nel processo.

Patrick Lumumba contro Amanda Knox in tribunale

L’americana non è una vittima, ma una calunniatrice,” ha dichiarato l’avvocato Carlo Pacelli, legale di Patrick Lumumba, durante un’intervista all’Ansa. Il legale ha aggiunto che la decisione del tribunale è giusta e meritata, lodando la professionalità della corte fiorentina.

Patrick Lumumba ha espresso il suo parere sulla sentenza in un’intervista sempre all’Ansa, affermando: “Eravamo amici, ma non si pugnalano gli amici nelle spalle e Amanda mi ha pugnalato. Mi ha pugnalato e non mi ha chiesto scusa.”

Amanda Knox è giunta al palazzo di giustizia di Firenze insieme al marito Chris Robinson, senza rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. In aula, ha reso dichiarazioni spontanee, sottolineando di non poter essere il testimone che gli inquirenti desideravano contro Patrick Lumumba e ribadendo la sua estraneità all’omicidio di Meredith Kercher, per il quale è stata definitivamente assolta.

Durante il suo intervento, Knox ha descritto le ore trascorse in questura a Perugia come le peggiori della sua vita, ricordando il momento in cui fu arrestata. Ha dichiarato: “Non avrei mai testimoniato contro Patrick, come invece la polizia voleva. Non sapevo chi era l’assassino. Patrick non era solo il mio capo al lavoro, ma anche mio amico. Non avevo interesse ad accusare un amico innocente. Patrick mi ha insegnato a parlare l’italiano, si è preso cura di me. Prima dell’arresto, mi consolò per la perdita della mia amica. Mi dispiace di non essere stata così forte da resistere alle pressioni polizia e che lui ne abbia sofferto”.

Knox ha aggiunto: “Ero una ragazza di 20 anni spaventata, ingannata, maltrattata dalla polizia. Il 5 novembre 2007 è stata la notte peggiore della mia vita. Pochi giorni prima la mia amica Meredith era stata uccisa nella casa che condividevamo. Ero scioccata, era un momento di crisi esistenziale. La polizia mi ha interrogata per ore in una lingua che non conoscevo. Si rifiutavano di credermi, mi davano della bugiarda, ma io ero solo terrorizzata. Non capivo perché mi trattassero in questo modo, minacciandomi di farmi avere una condanna a 30 anni se non ricordavo ogni dettaglio. Un poliziotto mi ha dato uno scappellotto in testa dicendomi: ‘Ricorda’. Chiedo umilmente alla Corte di dichiararmi innocente.”

Amanda Knox a Firenze per il processo per calunnia

la Corte era stata incaricata di determinare se Amanda Knox fosse colpevole di calunnia nei confronti di Patrick Lumumba. Questo dopo che la Cassazione aveva annullato una condanna a tre anni, rinviando il caso per valutare la possibilità di configurare il reato basandosi solo sul memoriale scritto dall’ex studentessa americana durante il suo arresto a Perugia.

I giudici di Firenze hanno deciso che Amanda Knox aveva indicato Lumumba come uno dei sospettati per l’omicidio di Meredith Kercher in modo colpevole. Tuttavia, le motivazioni dettagliate della sentenza saranno disponibili solo dopo 90 giorni. Knox aveva menzionato il suo datore di lavoro più volte in un memoriale scritto il 6 novembre 2007. Lumumba fu incarcerato per 14 giorni, ma poi venne scagionato, poiché non fu trovata alcuna prova della sua presenza nella casa del delitto e un professore svizzero testimoniò che Lumumba era al lavoro nel suo pub la sera del crimine, dove Amanda lavorava come cameriera.

Durante l’udienza precedente del 10 aprile, il procuratore generale Ettore Squillace Greco aveva richiesto la conferma della condanna a tre anni, già scontati da Amanda nei quasi quattro anni trascorsi in carcere prima della sua assoluzione in appello.