Nel panorama dell’Umbria che scrive, un posto di rilievo lo riveste la letteratura per l’infanzia. Il primo capitolo di questa rubrica sugli autori e le autrici umbre, è dedicato a Patrizia Fortunati, scrittrice ternana che nella letteratura per i più giovani ha trovato la sua forma d’espressione privilegiata. Con nove pubblicazioni all’attivo, l’ultima “Noi siamo la Belinda!” è arrivata per una “major”, Giunti, nella collana “Colibrì”. L’abbiamo raggiunta per un’intervista in esclusiva in cui ci ha raccontato in prima persona la sua storia, le sue storie e la sua carriera.
L’intervista a Patrizia Fortunati
Una domanda alla Fagnani. Che scrittrice ti senti?
“Sicuramente una scrittrice eclettica, ho scritto cose molto diverse. Adesso, scrivendo per bambini e ragazzi ho forse trovato la mia dimensione. C’è una parte di me che per sempre avrà 10, 12 anni. Oggi sono una scrittrice per bambini perché do voce e spazio alla bambina che è ancora dentro di me“.
Il regista Ingmar Bergman sosteneva di vivere continuamente nella propria infanzia. Tu hai dedicato ai più giovani buona parte della tua produzione.
“Ho pubblicato nove libri, uno di poesie, quattro romanzi e quattro per bambini che hanno tutti una chiave ironica e divertente. Questa svolta è arrivata con “Puzza di morto a Villa Vistamare” pubblicato da Mursia che arrivò fra i finalisti del “Premio Romanzo Italiano RTL 102.5 Mursia” ed è stato pubblicato poco prima del lockdown. Da lì ho cominciato a scrivere libri divertenti che vogliono far sorridere. Tutto è nato perché avevo una cocorita in casa e ho voluto raccontare dell’amicizia fra lei e una bambina di 11 anni (mia figlia). Ho scoperto la mia vocazione e ne è nata una serie “Benni e Celestina” pubblicato con Dalia Edizioni, che è tutta made in Terni, un po’ come il pampepato“.
Chi sono i tuoi lettori?
“Il target di riferimento di questi libri parte dalla seconda, terza elementare in poi ma vengo letta, con mia grande sorpresa, anche dagli adulti. Non solo dai genitori. Anch’io sto riscoprendo la passione per la letteratura per l’infanzia“.
Raccontaci del tuo esordio.
“A dieci anni sognavo di fare la scrittrice, a quaranta, nel 2013 è uscito il mio primo libro. Da lì non ho più smesso e spero di non doverlo fare mai. Scrivere mi ha regalato delle esperienze bellissime e fortissime, soprattutto con il mio libro di esordio “Marmellata di Prugne” edito da Ali&no. Un libro che si ispira alla storia di una bambina di Chernobyl che è stata a casa della mia famiglia per dieci anni, ogni estate. L’ho presentato più di 120 volte. A promuovere gli incontri sono le associazioni che si occupano dell’accoglienza dei bambini in tutta Italia, dove la cultura dell’accoglienza e della condivisione è molto radicata, soprattutto nei piccoli centri dove è tutta la comunità che accoglie“.
Parliamo meglio del tuo ultimo libro “Noi siamo la Belinda!” che è uscito da poco con Giunti. Una storia che parla di chi non si conforma in un’età non facile.
“La protagonista ha 11 anni e ha appena iniziato le scuole medie. Una ragazzina fuori dagli schemi che si veste come vuole lei, gioca a pallone e ha un nome impegnativo a quell’età, Gioconda. É alle prese con Number One, il bulletto che la prende sempre in giro chiamandola “Gioconda tutta tonta”. Il problema di Gioconda, oltre al bulletto, è che non c’è una squadra femminile nella sua città. Sarà una suora, suor Ridolfa, a aiutarla. Insieme creano una squadra con tutti i ragazzini che di solito non trovano mai posto”.
Un’accoppiata improbabile che però funziona.
“Sì, perché inseguire i propri sogni ripaga sempre. É un libro che riflette sulla diversità e sull’inclusione e anche sulla vittoria, che è diversa da quella che ci si può aspettare. Quando si parla di squadra, si parla di tante persone che non sono solo quelle che scendono in campo. Ci sono i genitori, il tifo, le famiglie che è tutto un grande gruppo“.
Perché hai iniziato a scrivere?
“Ho cominciato perché avevo dentro tutte le emozioni e i ricordi di quelle dieci estati trascorse con questa bambina che è arrivata da noi per la prima volta quando aveva otto anni. Un’esperienza fortissima. Perché quando si accoglie, si riceve tantissimo. Ho tirato fuori quello che avevo dentro e poi mi sono accorta che quel materiale poteva diventare un libro. Scrivo quasi sempre in prima persona e ho rivissuto quell’esperienza attraverso gli occhi di quella bambina. Allo stesso modo, sono stata Benni e ora sono Gioconda. Questo è un altro modo per tornare a essere bambina. Quando scrivo non conosco mai tutta la storia, ho provato a fare la famosa scaletta che sicuramente aiuta ma non sono capace. Le mie storie partono da esperienze, immagini, persone, dallo stupore e dalla meraviglia. Gioconda, protagonista dell’ultimo libro, è stata la protagonista delle storie che raccontavo a mia figlia quando era piccola“.
Progetti per il futuro?
“Scrivere e continuare a scrivere e proseguire con il tour della Belinda. Giovedì 2 luglio sarò a Mesagne, in provincia di Brindisi, al Festival del Libro Emergente, dove la sera prima di me ci sarà Patrick Zaki. Da settembre, ottobre riprenderò a andare nelle scuole che è sempre un’esperienza bellissima. Scrivere è faticoso, chi pensa sia una passeggiata è perché non l’ha mai fatto. Però tutto viene ricompensato. Come quando i bambini di una scuola elementare mi hanno abbracciata tutti insieme al termine di una presentazione o quando ricevo messaggi di ringraziamento da perfetti sconosciuti. Sono molto grata ai miei libri e ai miei lettori“.
Nota Biografica. Patrizia Fortunati vive a Terni con la famiglia. Dopo la laurea in Lettere e dopo essersi dedicata per molti anni al volontariato e alle politiche sociali, scopre la passione per la scrittura. Il suo primo romanzo “Marmellata di prugne”, ispirato all’accoglienza di una bambina di Chernobyl, viene pubblicato nel 2013. Da allora non ha più smesso di scrivere.