E’ stato presentato oggi pomeriggio, 25 aprile, alle ore 16,00, in sala del Consiglio a Lugnano in Teverina, il docufilm sulla villa romana di Poggio Gramignano.

Il documentario è stato finanziato dal professore David Soren, l’archeologo statunitense dell’Università dell’Arizona che nel 1988 iniziò la campagna di scavi portando alla luce importanti scoperte fra cui la villa rustica del I° secolo a.C. e la necropoli dei bambini imponendo Poggio Gramignano come uno dei siti archeologici più importanti dell’Umbria

Le riprese sono state realizzate la scorsa estate e hanno coinvolto la comunità lugnanese, tanto che la maggior parte degli attori e delle comparse, in particolare modo i bambini, sono lugnanesi di origine. La narrazione comprende una parte scientifica e una romanzata con alcune ricostruzioni 3D che riproducono il sito dell’antica Lugnano.

Mentre il docufilm va in scena, lo staff di archeologi statunitensi e italiani continuano a lavorare all’analisi dei dati delle campagne di scavo portate avanti dal 2016 a oggi, che contengono interessanti sviluppi storico-scientifici e che verranno pubblicati entro l’anno.

Nel docufilm anche l’archeologo Montagnetti

Fra i protagonisti del docufilm sulla villa romana di Poggio Gramignano figura anche Roberto Montagnetti, l’archeologo lugnanese che costruì la sua professione proprio fra le rovine dello storico sito archeologico di Lugnano in Teverina.

L’insediamento, venuto alla luce grazie agli scavi intrapresi dal Dottor David Soren della Arizona University negli anni dal 1988 al 1993, fu, infatti, ampiamente studiato dall’archeologo Montagnetti, per il quale “La campagna di scavo 2018 – aveva spiegato all’epoca – ha permesso di constatare quanto fossero grandi le dimensioni dell’insediamento. Durante le indagini archeologiche sono emersi depositi di materiali molto più antichi rispetto alla cronologia degli altri reperti, portando così ad ipotizzare che la villa occupasse un sito preesistente molto più antico”.

“La prossima campagna di scavo sarà incentrata sull’ampliamento delle zone interessate dalla ricerca per far luce ulteriormente sull’evoluzione storico-insediativa che caratterizzò il sito aveva altresì dichiarato Montagnetti anticipando che “Nelle intenzioni di ricercatori e istituzioni c’è poi il progetto di valorizzazione e musealizzazione dell’area in modo da renderla fruibile anche al pubblico”.

Poggio Gramignano, il sito archeologico

La villa romana di Poggio Gramignano sorge sulla sommità di un poggio, in posizione dominante rispetto alla valle del Tevere. Qui, un saggio di scavo, condotto nel settembre 1984 e ripreso successivamente nel 1988, individuò i resti di una villa rustica di epoca romana.

Le strutture messe in luce risalgono all’impianto databile verso la metà se non addirittura l’ultimo quarto del I secolo a.C., dotato di un’estensione di circa 2000 metri quadrati e rispondente al modello della villa perfecta, teorizzato da Varrone.

Dagli scavi comparvero centinaia di ossa di animali e minuscole ossa umane, un fatto che fece ipotizzare che, dopo essere stata abbandonata e andata in rovina nel corso del II secolo d.C., la villa fosse stata riutilizzata come cimitero probabilmente nel V secolo d.C.: non a caso, cinque stanze di media e piccola dimensione, con le mura parzialmente crollate, risultarono riempite dal basso verso l’alto con sepolture di 47 bambini.

La presenza di una necropoli di bambini con un numero così elevato di sepolture, riferibili a un periodo temporale molto breve, permise agli studiosi di evidenziare l’esistenza di una o più comunità molto numerose stanziate lungo le rive del Tevere, che, in seguito a una fortissima epidemia di malaria, si sarebbero spostate più a nord dove l’aria era più salubre.

Partendo da questa riflessione, fu tratta un’altra interessante conclusione storica, in base alla quale la conquista di Roma nel 452 d.C. da parte di Attila non sarebbe stata sventata dall’intervento di Papa Leone I, bensì dalla notizia di una mortale epidemia di malaria che infestava il territorio circostante.