Il 19 ottobre 2024, al Teatro Comunale, andrà in scena uno spettacolo intitolato “In piena luce”, un progetto teatrale che ricostruisce uno dei periodi più oscuri e complessi della storia italiana: gli anni di piombo. Al centro della rappresentazione, l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, un evento simbolico che racchiude molti degli elementi chiave di quel periodo turbolento. Gli studenti del polo tecnico “Cassata-Gattapone” partecipano alla performance, arricchendo l’opera con il frutto di laboratori tematici tenuti insieme a professionisti del teatro e del cinema. La rappresentazione, sostenuta dal MiC e dalla SIAE nell’ambito del programma “Per Chi Crea 2023”, non è soltanto una commemorazione, ma un viaggio nella memoria collettiva dell’Italia, che cerca di far rivivere le paure, le tensioni e la violenza che hanno scosso lo Stato e la società italiana durante gli anni di piombo.
Gli anni di piombo, un periodo che abbraccia gli anni ’70 e i primi anni ’80, furono caratterizzati da un’ondata di violenza politica senza precedenti. L’Italia si trovò al centro di una lotta ideologica tra gruppi estremisti di destra e di sinistra, che utilizzarono il terrorismo come strumento di lotta politica. Si susseguirono rapimenti, omicidi e attentati, che paralizzarono il Paese e generarono una profonda sensazione di paura e incertezza.
La strategia della tensione, un insieme di atti violenti, ebbe l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e influenzare il corso politico del Paese. Questo clima subì l’infiltrazione di servizi segreti e strutture occulte, come la loggia massonica P2, nella politica e nelle istituzioni. La diffusa corruzione e le connessioni tra esponenti politici, apparati dello Stato e gruppi terroristici aggiunsero strati di complessità a un periodo di caos.
Gli anni di piombo sono segnati anche dall’omicidio del giornalista Mino Pecorelli
Mino Pecorelli fu un giornalista d’inchiesta e direttore della rivista OP (Osservatore Politico). La sua figura emblematica si legò a doppio filo con la rete di segreti e connivenze che animavano gli anni di piombo. Attraverso la sua attività giornalistica, Pecorelli raccolse e divulgò informazioni delicate e compromettenti sui poteri forti, la politica e le istituzioni italiane. In particolare, la sua rivista si occupò di indagare sugli intrighi legati alla loggia massonica P2, al mondo dei servizi segreti e alla criminalità organizzata.
Le sue inchieste toccarono anche vicende scottanti come il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, un evento di svolta nella storia politica italiana. Pecorelli avanzò ipotesi sulla presenza di doppie verità e di coperture da parte di esponenti di Stato nella gestione del caso Moro, rivelazioni che gli attirarono numerosi nemici. Pecorelli conosceva segreti che avrebbero potuto sconvolgere l’intero sistema politico e istituzionale, e non esitava a pubblicarli.
La sera del 20 marzo 1979, Mino Pecorelli venne ucciso a Roma con quattro colpi di pistola, sparati a distanza ravvicinata mentre era all’interno della sua auto. Il suo omicidio sollevò immediatamente sospetti di un coinvolgimento di poteri occulti. Il giornalista aveva toccato troppe questioni spinose e, secondo molti, il suo omicidio non fu un semplice atto di criminalità comune, ma un vero e proprio assassinio politico.
Anche Giulio Andretti sospettato di essere stato il mandante dell’omicidio ma assolto
Le indagini si concentrarono su molteplici piste, che portarono alla luce legami con la mafia, la P2 e persino settori deviati dei servizi segreti. Tra i nomi citati nelle inchieste sul caso Pecorelli figurava quello di Giulio Andreotti, allora esponente di spicco della politica italiana, sospettato di essere il mandante dell’omicidio. Tuttavia, il processo a suo carico si concluse con un’assoluzione per insufficienza di prove, anche se la sentenza lasciò aperti molti interrogativi.
L’omicidio di Pecorelli, dunque, rimane uno dei più grandi misteri irrisolti della storia recente italiana, rappresentando l’intricato intreccio di potere, mafia e Stato che caratterizzò quel periodo.
Lo spettacolo scritto da Nicola Mariuccini e diretto da Francesco Bolo Rossini
Lo spettacolo teatrale “In piena luce”, scritto da Nicola Mariuccini e diretto da Francesco Bolo Rossini, con video scenici di Giacomo della Rocca, rappresenta un tentativo di portare alla luce non solo i fatti storici legati all’omicidio di Pecorelli, ma anche il clima di tensione e paura che caratterizzava quegli anni. Utilizzando documenti d’epoca, testimonianze, filmati e immagini di repertorio, la pièce cerca di ricostruire non solo i fatti, ma anche le emozioni di un periodo in cui l’Italia sembrava sull’orlo del collasso.
Gli studenti che partecipano allo spettacolo hanno avuto l’opportunità di entrare in contatto con storici, magistrati e giornalisti che hanno vissuto in prima persona gli anni di piombo, confrontandosi con la complessità di quel periodo. Attraverso il teatro, i giovani hanno potuto non solo apprendere i fatti, ma anche vivere l’esperienza emotiva e sociale di una delle epoche più turbolente del Novecento italiano.
L’omicidio di Pecorelli si inserisce in un contesto di violenza diffusa, dove la lotta tra potere e verità diventava una questione di vita o di morte. Molti giornalisti, magistrati e figure pubbliche furono bersaglio di attentati e omicidi durante gli anni di piombo. Il giornalismo investigativo in particolare divenne una professione ad alto rischio, con figure come Pecorelli, Walter Tobagi e Carlo Casalegno uccisi per il loro impegno nel raccontare verità scomode.
La lezione degli anni di piombo ci insegna che la verità, in un sistema corrotto e complesso, può essere considerata una minaccia da chi detiene il potere. Mino Pecorelli è uno dei tanti che hanno pagato con la vita il coraggio di svelare segreti nascosti dietro facciate di legittimità. Il suo omicidio rimane un monito, non solo per il giornalismo, ma per tutta la società, sull’importanza di non piegarsi alla paura e di continuare a cercare e a raccontare la verità.