Lo Studiolo di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Gubbio è uno dei capolavori del Rinascimento italiano, un ambiente privato pensato come luogo di studio, meditazione, lettura. Ornata con tarsie lignee raffinatissime, rappresentative di un gusto per le arti, la scienza, la virtù, lo Studiolo è oggi custodito al Metropolitan Museum di New York, ma la sua storia è segnata da spoliazioni, trasferimenti, e infine da un desiderio della comunità eugubina di recupero attraverso una replica fedele, opera della ditta Minelli Restauratori.
All’iniziativa “Maestri del Legno, Maestri del Tempo – La rinascita dello Studiolo” del 12 settembre alle ore 18 presso il MUAM di Gubbio, si parlerà proprio di questo: del capolavoro, della sua esportazione, e del ritorno simbolico tramite la replica.
Federico da Montefeltro fece erigere il Palazzo Ducale di Gubbio intorno al 1470, e tra il 1472 e il 1480 costituisce lo Studiolo come ambiente intimo, destinato allo studio, alla lettura, alla riflessione.
Il progetto fu ideato da Francesco di Giorgio Martini, la realizzazione fu affidata alla bottega fiorentina di Giuliano da Maiano (e probabilmente anche suo fratello Benedetto) che eseguirono le tarsie in legni pregiati come noce, pero, acero, quercia, palissandro. Le tarsie mostrano strumenti, libri aperti, simboli araldici, armi, stemmi, animali; accompagnate da iscrizioni latine che esaltano virtù civili, integrità, sapere umano.
Lo Studiolo rimase nella sede originaria fino al 1874, quando fu smontato, acquistato dalla famiglia Balducci (o meglio dai fratelli Ubaldo e Giuseppe Balducci), e venduto al Principe Filippo Massimo Lancellotti.
Il Comune di Gubbio tentò la prelazione (cioè il diritto di acquistarlo prima di altri), ma non aveva fondi sufficienti. È documentato che il sindaco informò la Giunta che Nicola Balducci aveva comunicato dell’imminente vendita, riservando al Comune la prelazione, ma la Giunta dichiarò che non poteva permetterselo.
I pannelli lignei furono imballati e trasportati a Roma, e poi in villa a Frascati dove dovevano essere ricollocati dal principe. Nell’ottobre-novembre del XIX secolo il Ministero della Pubblica Istruzione intervenne, contestando la legalità della vendita. Adolfo Venturi fu mandato a Frascati per valutarne lo stato; giudicò che molti elementi avevano perso il valore antico per restauri profondi.
Nel 1937 il principe Lancellotti vendette lo Studiolo al mercante d’arte Adolph Loewi. Da Loewi passò attraverso Venezia, Genova, Marsiglia, fino all’America.
Il Metropolitan Museum of Art lo acquistò nel 1939, e lo ricostruì tra il 1939 e il 1941 nella sua sede di New York.
L’Associazione Maggio Eugubino, a partire dal 2002, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, decise che la restituzione materiale dell’originale non era praticabile, ma realizzò il “Progetto Studiolo”, consistente nella riproduzione ex novo dello Studiolo, da collocare nel suo ambiente originario all’interno del Palazzo Ducale di Gubbio.
La ditta Minelli Restauratori ha condotto il lavoro artigianale con massima cura: legni stagionati (alcuni antichi più di 300 anni), strumenti tradizionali tipici dell’ebanisteria rinascimentale, metodi costruttivi originari.
La replica è stata ultimata nel 2009, e da allora è esposta al pubblico presso il Palazzo Ducale di Gubbio, nello spazio originario dello Studiolo.
Un elemento interessante: la replica ha incluso anche il pannello che era andato perso. Questo è stato ricostruito grazie a una vecchia fotografia che ne mostrava metà, e l’altra metà è stata specularmente ricreata tenendo conto della prospettiva originaria.
È importante chiarire che non si tratta di una mera copia superficiale, ma di una replica realizzata con materiali e tecniche il più possibile originali, con attenzioni filologiche: legni corrispondenti, stagionatura adeguata, utilizzo di strumenti tradizionali come il “coltello da spalla” (strumento specifico dell’ebanisteria antica), rispetto delle proporzioni, delle proporzioni prospettiche interne alle tarsie, delle iscrizioni latine, della luce naturale che illumina l’ambiente.
La replica non solo riempie uno spazio fisico vuoto nel Palazzo Ducale, ma restituisce agli eugubini e ai visitatori un’esperienza quasi tangibile dell’originario studiolo, come concepito nel Quattrocento: nella luce naturale, nell’“intimità meditativa”, nel dialogo simbolico fra oggetti raffigurati, virtù, strumenti, e filigrana culturale umanistica.
L’esportazione del bene culturale d’Italia negli anni passati (fine Ottocento, inizio Novecento) è oggi giudicato un episodio di spoliazione, in quanto la comunità locale perse un pezzo fondamentale del suo patrimonio artistico. L’Associazione Maggio Eugubino definisce la vendita come una “deprecabile spoliazione” che privò Gubbio, l’Umbria, l’Italia dell’opera.
Vi furono tentativi da parte dello Stato italiano, tramite il Ministero della Pubblica Istruzione, di impedire la vendita, o di esercitare diritti di prelazione. Tuttavia, la legge del tempo, la debolezza delle risorse pubbliche, le condizioni del palazzo, e le modalità della proprietà privata permisero che il trasferimento avvenisse.
Dal punto di vista museale internazionale, il Metroplitan ha acquisito legalmente lo Studiolo, che oggi è uno dei “period rooms” (stanze storiche ricomposte) più ammirate. Ma la sua presenza fuori dal luogo originario continua a suscitare riflessioni su cosa significhi appartenenza culturale, identità dei luoghi, memoria storica.
Oggi, 12 settembre alle ore 18, presso il MUAM – Museo Arti e Mestieri di Palazzo Beni, via Cavour a Gubbio, l’iniziativa “Maestri del Legno, Maestri del Tempo – La rinascita dello Studiolo” porterà in primo piano la ditta Minelli Restauratori, che ha eseguito magistralmente la replica artigianale.
L’evento è promosso all’interno della mostra Made in Gubbio, in corso fino al 28 settembre, con ingresso gratuito. Essa raccoglie trenta artigiani del territorio, presenta le loro opere, volti, storie, “le mani” e “la saggezza” di chi lavora con materiali, sapienza, tradizione.
Un momento di riconoscimento non solo della replica, ma anche del valore del mestiere, della capacità di ricostruire il passato non solo come nostalgia, ma come risorsa viva, capace di restituire identità. La replica dello Studiolo è forse l’esempio più alto di questa tensione tra memoria e fare artigianale.
Lo Studiolo di Gubbio è emblema di molte cose: del Rinascimento italiano, dell’umanesimo, dell’ingegno degli artigiani, e anche delle fragilità del patrimonio culturale davanti alle spinte del mercato, dell’emigrazione, del tempo.
Ma la replica realizzata da Minelli, voluta dalla comunità eugubina, sorretta da ricerca documentale rigorosa, tecniche antiche, materiali autentici, restituisce almeno simbolicamente ciò che è stato perduto: non l’originale, ma l’esperienza, la presenza, la possibilità di comprendere come l’opera si intreccia con un luogo, con la luce, con il respiro del Palazzo Ducale.
All’appuntamento di oggi12 settembre al MUAM, “Maestri del Legno, Maestri del Tempo”, si celebra non solo un oggetto, ma il filo che ha collegato passato e presente: e si apre una domanda che resta aperta – quanto vale un sapere che non possa essere visto nel luogo che lo generò, e quanto è importante che la comunità riconquisti, almeno nella forma, la propria storia.