Con l’insediamento di Stefania Proietti alla guida dell’Umbria, l’attenzione si è concentrata sulla gestione della sanità regionale e, in particolare, sulle liste d’attesa. Un sistema che, come rilevato dai dati più recenti, ha subito modifiche importanti ma che rimane complesso e difficile da decifrare. Le prestazioni ambulatoriali sospese, ad esempio, sono scese da oltre 80.000 a circa 44.000 in un anno, secondo i report estivi, ma alcune stime ipotizzano che questo numero possa essere risalito a 60.000 durante lo stop elettorale.
La stessa complessità riguarda il meccanismo delle prenotazioni. Se da un lato sono aumentate le prese in carico, che affidano agli specialisti la gestione degli appuntamenti, dall’altro rimangono criticità legate all’organizzazione e alla capacità di assorbire la domanda.
Liste d’attesa prese in carico: un aumento esponenziale
Il fenomeno delle prese in carico ha registrato un incremento significativo negli ultimi due anni. Questo sistema prevede che, al termine della visita, il paziente riceva direttamente dagli specialisti o dal personale ambulatoriale la data del controllo successivo e la prenotazione relativa. Secondo i dati regionali, il numero di prestazioni prenotate tramite questo meccanismo è passato da circa 274.000 nel 2022 a oltre un milione nel 2023. Nei primi otto mesi del 2024, le prese in carico hanno già superato quota 1.081.735, con una proiezione che potrebbe raggiungere i 1,6 milioni entro la fine dell’anno. Un indicatore rilevante, confermato dai report del Sant’Anna di Pisa e di Agenas, che valutano la copertura al 60% delle prestazioni erogate come un traguardo da perseguire.
Chirurgia: smaltimento delle sospensioni e obiettivi mancati
La Regione aveva fissato obiettivi precisi per la riduzione degli interventi chirurgici rimasti in sospeso dal periodo post-Covid. “Dei circa 37.000 interventi chirurgici programmati in sospeso dal post Covid – stava scritto in una delibera – grazie al piano di smaltimento in corso ne sono stati smaltiti 18.500 circa”. Tuttavia, al netto di questi progressi, rimanevano ancora 18.500 interventi da gestire. L’obiettivo era ridurre ulteriormente questa cifra entro dicembre, abbattendo altre 13.300 sospensioni e lasciando un residuo di circa 5.200 interventi a fine anno.
La presa in carico come soluzione per il futuro?
Il modello delle prese in carico, introdotto per abbattere le prenotazioni a 30 giorni, è stato esteso a tappeto nelle strutture sanitarie della regione. Lo scopo è garantire che i pazienti non debbano tornare al medico di base per ulteriori prescrizioni, evitando così che gli esami diagnostici di secondo livello tornino nel circuito delle prime visite.
Un documento regionale approvato il 26 aprile ribadisce: “Tutte le strutture e tutti gli specialisti devono garantire la presa in carico con prescrizione delle prestazioni di approfondimento e completamento diagnostico, o del follow-up. Il paziente non deve essere rinviato al medico di medicina generale o pediatra di libera scelta per le prescrizioni di esami che, seppur di secondo livello, finiscono per entrare nel circuito del primo accesso generando disallineamento dei percorsi di cura. Gli esami prescritti vanno prenotati attraverso il pieno utilizzo delle piastre ambulatoriali in modo da permettere al paziente di rientrare a domicilio con prescrizioni e appuntamenti già definiti”.
Il piano strutturale regionale per le liste d’attesa
A giugno, il direttore regionale sanità Massimo D’Angelo, riporta il Corriere dell’Umbria, aveva annunciato l’approvazione di un piano strutturale per contrastare le liste d’attesa. “Con l’approvazione del piano strutturale regionale contro le liste d’attesa ho già dato mandato alle Asl e alle aziende ospedaliere di abbattere tutti i percorsi di tutela e avviare la presa in carico dei pazienti facendo scattare le prenotazioni per le prestazioni richieste”.
Le difficoltà incontrate dall’Umbria sono parte di un quadro più ampio che interessa tutto il Paese. La pandemia ha aggravato problematiche già presenti dal 2014, rendendo evidente la necessità di interventi più incisivi. Tuttavia, la carenza di risorse, unita a una gestione ancora frammentata, limita la capacità del sistema sanitario regionale di rispondere in modo efficace alle crescenti esigenze della popolazione.