Sono giorni difficili per il movimento Liberi e Democratici (LeD), un partito che ha dominato la scena politica di Gubbio dal 2014, ma che si trova oggi a fare i conti con la sua più grande crisi interna. Dopo aver perso il controllo della città nelle elezioni del 2024, consegnando Gubbio alla destra dopo 78 anni di governo ininterrotto di centrosinistra, LeD si trova di fronte a un bivio esistenziale. L’incapacità di trovare un candidato che possa sostituire Filippo Stirati, ex sindaco e figura emblematica del partito, sta minacciando la sua sopravvivenza politica.

Per comprendere appieno la crisi attuale, è essenziale analizzare l’impatto di Filippo Mario Stirati, sindaco dal 2014 al 2024, sulla parabola di LeD. Quando Stirati assunse il potere, Gubbio sembrava avviata verso un nuovo ciclo di governo progressista. LeD, una forza politica giovane e dinamica, riuscì a conquistare la fiducia di una città tradizionalmente legata al centrosinistra, che aveva ormai bisogno di un cambiamento dopo anni di gestione statica e autoreferenziale.

Stirati si presentava come il volto di questo cambiamento, un amministratore pragmatico capace di coniugare modernità e tradizione. Nei primi anni del suo mandato, infatti, riuscì a portare avanti una serie di riforme apprezzate sia dai cittadini che dagli addetti ai lavori. Tuttavia, con il secondo mandato, la sua amministrazione iniziò a mostrare segni di logoramento. Decisioni politiche controverse, difficoltà nel dialogo con alcune fazioni interne al partito e una gestione poco incisiva delle problematiche cittadine hanno eroso la fiducia dell’elettorato.

Il fallimento più evidente di Liberi e Democratici, l’incapacità di preparare la successione con Alessia Tasso

Il fallimento più evidente è stato l’incapacità di preparare una successione solida. Alessia Tasso, la candidata designata per raccogliere il testimone, ha perso la battaglia elettorale del 2024, non solo per la forza della destra emergente, ma anche a causa delle macerie lasciate da Stirati, incapace di gestire la sua eredità e di costruire un passaggio di consegne credibile e senza frizioni.

Il tentativo di LeD di affidare la candidatura a Alessia Tasso per le elezioni comunali del 2024 è stato un disastro annunciato. Nonostante Tasso fosse considerata una figura promettente all’interno del partito, la sua campagna elettorale è stata pesantemente condizionata dall’ombra lunga di Stirati. Il secondo mandato del sindaco uscente, contrassegnato da una gestione giudicata da molti inefficace, ha compromesso la possibilità di rinnovamento.

Tasso, infatti, ha ereditato una situazione politica ed economica complicata, in un contesto dove le spaccature interne al partito e la crescente disaffezione dell’elettorato di sinistra hanno finito per minare ogni tentativo di rilancio. La sua sconfitta non è stata solo una battuta d’arresto personale, ma ha segnato il fallimento di un’intera classe dirigente incapace di far fronte alle sfide del presente. Stirati, a sua volta, ha contribuito a questo fallimento con una leadership ormai percepita come anacronistica e distante dalle esigenze della comunità.

Il partito non riesce a trovare un’alternativa valida alla candidatura di Stirati

Oggi, Liberi e Democratici si trova davanti a un dilemma quasi insormontabile. Il partito, da sempre legato a doppio filo alla figura di Stirati, non riesce a esprimere un’alternativa valida per il futuro. Le varie figure emerse durante gli anni, come l’ex assessore Simona Minelli, non sembrano godere di un consenso tale da garantire una nuova leadership solida. Anche i tentativi di avvicinamento a figure esterne, come Leonardo Nafissi o Jacopo Cicci, membri di Città Futura, sono visti con scetticismo all’interno del partito e rischiano di rappresentare l’ennesima Caporetto politica dopo le recenti disfatte elettorali.

Il peso della leadership di Stirati su Liberi e Democratici si fa ancora sentire. Nonostante il suo contributo alla sconfitta alle comunali, l’ex sindaco continua a essere visto da alcuni come l’unica figura in grado di ricostruire il partito e di traghettarlo fuori dal pantano attuale. Tuttavia, le sue ambizioni di candidarsi alle elezioni regionali sono state finora bloccate dai vertici del partito a Perugia, che non vedono di buon occhio un suo ritorno sulla scena politica. Senza un rinnovamento, LeD rischia di cadere nell’oblio.

Al cuore della crisi di LeD vi è l’assenza di un progetto politico condiviso che possa realmente coinvolgere e mobilitare il suo elettorato tradizionale. Negli ultimi anni, il partito ha perso progressivamente la capacità di dialogare con la società civile, chiudendosi in una gestione elitaria e poco partecipativa. Le nuove sfide, come il rilancio economico post-pandemia, la gestione delle risorse ambientali e il rapporto con le nuove generazioni, non sono state affrontate con il coraggio e l’innovazione necessari.

Anche i rapporti con le altre forze di sinistra si sono deteriorate dopo la recente sconfitta elettorale

Il movimento sembra essersi rinchiuso in una logica autoreferenziale, incapace di cogliere i segnali di cambiamento che arrivano dalla base. Anche i rapporti con le altre forze di sinistra si sono deteriorati, come dimostra la difficoltà nel trovare un accordo con Città Futura e altri movimenti progressisti. La sensazione è che LeD, invece di cercare alleanze solide, stia provando disperatamente a trovare una via di fuga da una crisi che appare strutturale.

Di fronte a questo scenario, LeD si trova a dover prendere decisioni vitali per il proprio futuro. La tentazione di affidarsi nuovamente a Stirati è forte, ma rappresenta anche un rischio elevato. Un ritorno del vecchio sindaco potrebbe alienare una parte dell’elettorato, che già lo considera responsabile della sconfitta del 2024. D’altra parte, l’assenza di un’alternativa chiara e credibile rende difficile immaginare un futuro senza la sua leadership.

L’ex assessore Simona Minelli potrebbe rappresentare una possibilità di rinnovamento, ma manca ancora di una solida base di consenso all’interno del partito. Allo stesso modo, l’apertura verso esponenti di Città Futura, come Nafissi o Cicci, appare più come una soluzione d’emergenza che come una vera strategia politica.