03 May, 2025 - 21:00

Le "mute" davanti alle Logge: come cambia la Corsa dei Ceri nel tratto di Piazza Quaranta Martiri

Le "mute" davanti alle Logge: come cambia la Corsa dei Ceri nel tratto di Piazza Quaranta Martiri

Il percorso della Festa dei Ceri 2025 cambia volto, ma non perde la sua anima. L’annunciata deviazione causata dal cantiere in Piazza Quaranta Martiri ha portato con sé una riflessione collettiva e urgente: come riorganizzare le "mute", ovvero i cambi sotto le stanghe dei Ceri, in un tratto diverso e simbolicamente nuovo?

Tre mute, un solo spirito

Le “mute”, passaggio fondamentale e coreografico della corsa, resteranno tre, ma si posizioneranno in punti diversi rispetto al tradizionale tratto che va dalla chiesa di San Francesco all’ex ospedale. Non cambierà la prima, collocata nei pressi della chiesa, ma il tracciato successivo prevederà un passaggio dritto verso il Monumento al Fante, seguito dalla curva che porta davanti alle Logge dei Tiratori, dove sarà effettuato il secondo cambio.

Il terzo sarà poco oltre, nel perimetro esterno dei Giardini Piccoli, area considerata adatta sia per la visibilità sia per lo spazio necessario al coordinamento delle mute.

Un tratto meno tecnico, ma non privo di valore

Il nuovo tratto, più corto di qualche metro e con una curva più ampia, è ritenuto dagli esperti "meno tecnico", ma proprio per questo richiederà maggiore attenzione e armonia da parte delle mute.

"Il valore del cambio non è dato dalla difficoltà del suolo, ma dalla sincronia dei ceraioli, dalla loro capacità di ascoltarsi e fidarsi l’uno dell’altro", ha spiegato un capodieci storico.

Oltre la logistica, la tradizione

Al di là delle polemiche sull’annuncio tardivo del cambiamento, il lavoro dei ceraioli è proseguito con rispetto e determinazione, facendo affidamento su un principio antico e ancora valido: il Diritto Comune medievale, che in terra eugubina si è sempre espresso attraverso il diritto consuetudinario.

È sulla base di questa tradizione – non scritta ma profondamente condivisa – che si è attivata la Tavola dei Ceri, organismo che, pur non essendo istituzionale, conserva un forte riconoscimento all’interno della comunità. Un'autorità morale e organizzativa fondata su prassi secolari.

"Nelle decisioni della Tavola non si legge un atto amministrativo, ma il respiro di una città che affida la sua festa a chi la conosce, la vive e la ama", ha affermato un ceraiolo veterano.

Diritto Comune e identità medievale

Nel Medioevo, il Diritto Comune non era soltanto un insieme di norme giuridiche, ma una forma di convivenza, un sistema nel quale le città si riconoscevano e si autoregolavano. A Gubbio, come in molte città libere italiane, si affermò un diritto consuetudinario che nasceva non dall’alto, ma dal basso, dalla vita quotidiana del popolo, dal consenso e dalla pratica ripetuta.

La Festa dei Ceri, con le sue mute, con la distribuzione dei compiti, con la sua organizzazione fluida e potente, è un retaggio vivente di quel mondo. Le mute non sono state codificate da uno statuto, ma sono frutto di una sapienza antica, trasmessa di generazione in generazione, e adattata alle necessità di ogni epoca.

Nel Medioevo, i ceraioli sarebbero stati chiamati homines honorabiles, uomini d'onore, chiamati non solo a correre, ma a testimoniare, nel gesto del cambio, la capacità della città di essere comunità, popolo.

L’identità della corsa non si misura in metri

Nonostante il cambio di tracciato, i ceraioli hanno affrontato la situazione con il consueto spirito comunitario. Le mute sono state riallocate senza contestazioni, basandosi su prove pratiche e verifiche sul campo. Le nuove disposizioni tengono conto sia della sicurezza sia della necessità di preservare l’emozione del cambio sotto le stanghe.

"Il vero senso della mute non è il punto preciso dove avviene, ma la trasmissione di energia, il passaggio di responsabilità, l’urlo che si alza all’unisono, il braccio che si tende e si afferra", ha raccontato emozionato un capocetta.

In questo senso, anche il passaggio davanti alle Logge dei Tiratori, carico di storia, si presta bene a mantenere alta la solennità della corsa.

Collaborazione e impegno

La collaborazione tra Famiglie Ceraiole, Università dei Muratori, Forze dell’Ordine, protezione civile e strutture sanitarie, prosegue con intensità in vista del 15 maggio. Ogni componente è chiamata a garantire che, anche in presenza di una variazione logistica, la festa si svolga in totale sicurezza e con l’intensità emotiva di sempre.

"Le mute sono il cuore pulsante della corsa. Spostarle non vuol dire sminuirle. Vuol dire custodirle con intelligenza, adattarle perché continuino a parlare al cuore di tutti", ha detto con convinzione un rappresentante della muta di Sant’Antonio.

Tradizione viva, non museo del passato

Il Diritto Comune e il diritto consuetudinario eugubino dimostrano, ancora una volta, la loro straordinaria capacità di adattamento.

Nessuna normativa scritta imponeva le mute in quei precisi punti del vecchio tracciato: erano consuetudini nate dal buon senso, dalla memoria condivisa, dall’armonia della corsa. Cambiare, dunque, non è tradire la Festa, ma accompagnarla nella storia contemporanea, tenendo saldo lo spirito che la anima.

"I Ceri non sono fermi. Corrono. E ogni anno trovano nuove strade per arrivare al cuore della gente", ha commentato con un sorriso un ceraiolo giovane.

Una comunità che si muove insieme

Le mute davanti alle Logge saranno nuove solo nella forma, non nella sostanza. A cambiare sarà il panorama, non lo spirito. E mentre i passi si misureranno su un tratto diverso, il grido della corsa, l’abbraccio delle stanghe, e la spinta comune verso l’alto continueranno a unire ogni ceraiolo.

Il 15 maggio, sotto il cielo di Gubbio, non sarà un singolo cambio a fare la differenza, ma il legame antico e tenace tra fede, tradizione e popolo.

Perché ogni muta è un miracolo di equilibrio, forza e fiducia. E ogni metro percorso insieme racconta il volto più bello di una comunità che, da secoli, non smette di correre.

“Dove c’è un ceraiolo che si china sotto la stanga, c’è una città che si rialza, ha detto una volta un vecchio capodieci. E mai come quest’anno, queste parole tornano a risuonare vere.

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Mario Farneti
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