In Umbria la forza lavoro invecchia più in fretta del resto d’Italia. Ma a sostenere il mercato non sono solo i baby boomer: ci sono anche migliaia di donne che rientrano dopo anni di cura familiare. Una trasformazione silenziosa, ma decisiva. Che però si scontra con contratti fragili e discontinui.
Lo dice chiaramente l’ultima indagine dell’Agenzia Umbria Ricerche (AUR), che fotografa una regione nel pieno di una transizione demografica ed economica. I numeri raccontano di un mercato del lavoro dove il peso degli over 50 cresce rapidamente e dove, parallelamente, si registra un significativo aumento della partecipazione femminile. Tuttavia, questa inclusione avviene troppo spesso a condizioni meno stabili rispetto al resto d’Italia.
“Stiamo osservando un duplice fenomeno: l’invecchiamento progressivo della forza lavoro e l’attivazione lavorativa di donne rimaste a lungo fuori dal mercato. Entrambi i processi sono strutturali, non congiunturali”, commenta Elisabetta Tondini, responsabile dell’area di ricerca “Processi e trasformazioni economiche e sociali” di AUR.
Tra il 2018 e il 2024, la quota di lavoratori umbri over 50 è passata dal 36,4% al 42,6% del totale, con un aumento di 32 mila unità. A guidare questa crescita sono soprattutto gli ultra-sessantaquattrenni, che in Umbria aumentano del 70% (contro il +25% nazionale), arrivando a rappresentare il 4,6% degli occupati. In parallelo, cala drasticamente la fascia 35-49 anni (meno 11.400 unità), mentre cresce, ma meno che altrove, il numero degli occupati tra i 15 e i 34 anni.
Un invecchiamento che si riflette anche nel confronto nazionale: l’Umbria presenta un mercato del lavoro più sbilanciato, con una presenza relativamente minore di giovani e maggiore di lavoratori maturi. Una dinamica che preoccupa, soprattutto in prospettiva, per le implicazioni sulla produttività e sulla sostenibilità del sistema economico.
Contemporaneamente, la componente femminile della forza lavoro umbra sta vivendo un’evoluzione profonda. Le donne sono protagoniste assolute nella crescita occupazionale dei giovani e degli over 64. Le lavoratrici tra i 15 e i 34 anni sono aumentate del 14,5%, mentre gli uomini nella stessa fascia hanno perso terreno. E anche tra gli over 64, le donne crescono più degli uomini: +72,5% contro +44,3%.
In particolare, la fascia 25-34 anni ha visto un’impennata del tasso di occupazione femminile, passato dal 54,6% al 68,6%. Le over 50, invece, hanno raggiunto il livello più alto tra tutte le regioni del Centro-Nord: 33,1%. Nel complesso, il tasso di occupazione femminile regionale ha toccato il 44,6%, quasi in linea con le regioni settentrionali.
“Il protagonismo femminile non è più marginale né residuale. È una componente che oggi sostiene in modo strutturale il mercato del lavoro umbro. Tuttavia, permane un nodo irrisolto: la qualità del lavoro che queste donne trovano”, avverte Tondini.
E qui emergono le contraddizioni. Se da un lato le donne umbre a tempo pieno crescono più che altrove, dall’altro il ricorso al part-time - spesso non volontario - resta elevato. Dal 2018 al 2024, il part-time femminile è aumentato del 12,2%, mentre in gran parte del Centro-Nord diminuiva. In Umbria, oggi, quasi una donna su tre ha un contratto part-time. E anche se la quota di lavoro part-time involontario scende dal 20% al 16,5%, resta ben sopra la media.
Ma è sul fronte della stabilità contrattuale che il quadro si fa più critico. A differenza di quanto accade altrove, in Umbria il lavoro a tempo determinato femminile cresce: nel 2024, quasi una lavoratrice dipendente su cinque ha un contratto a termine. Si tratta di un’anomalia regionale: mentre nel resto del Paese aumenta il lavoro stabile, in Umbria le donne rimangono esposte a forme di impiego più precarie.
“Il rischio - conclude Tondini - è che questa spinta positiva dell’occupazione femminile venga vanificata se non si interviene sulla qualità dell’offerta lavorativa. Senza stabilità, senza prospettive, non si costruisce né autonomia economica né inclusione sociale reale”.
L’Umbria, dunque, si muove tra luci e ombre. Da un lato l’allargamento della base occupazionale grazie a una forza lavoro sempre più femminile e matura. Dall’altro, un persistente squilibrio nei contratti che rischia di compromettere la tenuta del sistema. La sfida, oggi, non è solo far lavorare più persone, ma garantire loro condizioni dignitose, stabili e coerenti con un’economia che punta a essere resiliente e inclusiva.