Da oggi, la protesta prende vita tra i dipendenti di Acciai Speciali Terni e Tubificio, con lo stato di agitazione proclamato dalle sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm, Fismic e Ugl metalmeccanici. Questa decisione arriva al termine di assemblee infuocate che hanno acceso il malcontento tra i lavoratori, chiamati a fare il punto sul futuro dell’azienda e su quello che viene percepito come un immobilismo pesante e controproducente.

Stato di agitazione, azienda e sindacati bloccati: nessun accordo sul piano industriale

Il nodo centrale, come spiegato in una nota dei sindacati, è l “l’ennesima fase di stallo registrata nell’ultimo incontro al Mimit del 9 ottobre”. La direzione aziendale si sarebbe mostrata irremovibile, rifiutando di discutere “un piano industriale sganciato dallo stesso accordo di programma”, rendendo così difficile ogni margine di manovra.

Lo stato di agitazione è una fase di tensione dichiarata dai sindacati o dai rappresentanti dei lavoratori, quando l’insoddisfazione raggiunge un punto critico. Non è uno sciopero, ma un chiaro segnale che i rapporti sono ai ferri corti. È come se i lavoratori annunciassero di essere pronti a intensificare le azioni di protesta: assemblee straordinarie, blocchi, rallentamenti nella produzione.

In sostanza, si tratta di una pressione esplicita sull’azienda o sull’ente, un modo per dire: “Ora basta, è il momento di risolvere le questioni che restano sospese.” Non è solo una fase, ma un avvertimento concreto che, se le trattative non prendono una svolta, si passerà alle maniere forti.

Clima di insoddisfazione e frustrazione in fabbrica

Da oltre due anni i lavoratori hanno sostenuto il peso di una riorganizzazione che ha cambiato tempi, carichi e ritmi di lavoro, senza però ottenere alcun riconoscimento concreto per il loro impegno. “Non viene riconosciuto il sapere dei lavoratori e per questo viene meno il senso di appartenenza,” affermano con amarezza le sigle sindacali. Questo mancato riconoscimento alimenta un malcontento diffuso, aggravato dalla sensazione di essere esclusi dalle scelte strategiche aziendali.

Non soffia un vento favorevole sotto i cieli dell’Ast. Già il 9 ottobre scorso, al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), l’incontro tra i rappresentanti dei lavoratori e Arvedi AST si è concluso senza progressi. L’obiettivo era trovare una soluzione su alcuni dei punti chiave dell’accordo di programma e sul piano industriale, ma il confronto si è arenato rapidamente. Per i sindacati, il nodo resta la rigidità dell’azienda, che insiste nel vincolare il piano industriale all’accordo di programma, senza lasciare spazio a una discussione autonoma su come sviluppare e sostenere l’attività dello stabilimento.

I rappresentanti dei lavoratori avevano dichiarato che questa chiusura non fa che aumentare il senso di incertezza tra i dipendenti. Da parte loro, i sindacati puntavano a discutere un piano industriale che fosse separato dall’accordo, con margini di manovra per rispondere meglio alle esigenze produttive. Tuttavia, l’azienda si è mostrata inflessibile, alimentando un clima di tensione tra i lavoratori, preoccupati per il futuro dello stabilimento.

Secondo i sindacati, l’assenza di un’apertura concreta minaccia la stabilità del contesto lavorativo e mina il rapporto di fiducia con i vertici aziendali. Qui non si parla solo di cifre o di burocrazia: i dipendenti chiedono chiarezza, garanzie e impegni reali per un futuro sicuro.

L’indotto in sofferenza: retribuzioni e occupazione in calo

Non solo i dipendenti interni vivono una situazione critica, ma anche le aziende dell’indotto, che forniscono manutenzioni e servizi essenziali allo stabilimento, vedono una contrazione delle loro prospettive economiche e occupazionali. I sindacati lamentano “lo stato di indebolimento in termini salariali e occupazionali delle ditte dell’indotto che invece sono strategiche per i livelli qualitativi, produttivi, di manutenzioni e servizi dello stabilimento.”

Le sigle sindacali esigono risposte concrete: “Serve un cambio di passo,” si legge nella nota, chiedendo non solo “se gli investimenti sono confermati, ma anche un cronoprogramma per la sua realizzazione, anche per definire le relative ricadute sul piano sociale e ambientale.”

Le prossime mosse della mobilitazione sindacale saranno definite nell’incontro della rappresentanza sindacale unitaria, in programma per venerdì 15 novembre.