Laura Santi, giornalista perugina che convive con una forma progressiva di sclerosi multipla, ha intrapreso un cammino difficile verso il suicidio assistito, autorizzato dal parere positivo del Comitato etico della Regione Umbria.

Ma, in questo scenario, le istituzioni sembrano tenere in sospeso una scelta che, per chi la vive, diventa una necessità urgente. “Non c’è ancora l’ufficialità,” ha spiegato Santi all’ANSA, mentre ribadisce il suo impegno per portare avanti questa scelta, come una sorta di “gioia amara.”

Laura Santi, attesa e incertezze nel percorso istituzionale

Ma partiamo dall’inizio, riavvolgiamo il nastro. Due anni e mezzo di lotta e una malattia devastante hanno spinto Laura Santi, giornalista di Perugia affetta da sclerosi multipla progressiva, a intraprendere un percorso per ottenere il diritto di accesso al suicidio assistito.

Oggi, a un passo dalla storica decisione, la notizia è quasi ufficiale: la Asl Umbria 1 e il Comitato etico regionale le hanno riconosciuto l’idoneità, confermando la presenza dei requisiti necessari. Tuttavia, come ha confermato la diretta interessata, la comunicazione ufficiale arriverà nei prossimi giorni, una volta espletati gli ultimi passaggi burocratici. “Non voglio commentare fino a quando non avrò ricevuto una nota che abbia valore legale,” ha affermato, lasciando però trasparire un’emozione palpabile.

Ora la decisione passa alla Asl, ma per Santi si prospetta un’attesa che, ancora una volta, mette alla prova la pazienza di chi è ormai stanco delle incertezze burocratiche. “Sto alla finestra e aspetto,” ha dichiarato, mentre si chiede quali saranno le istruzioni che riceverà e se potrà contare su un vero sostegno. Ci sono stati precedenti in cui le persone hanno dovuto pagare il farmaco di tasca propria, un onere di circa 5 mila euro, dato che le sentenze non sempre si trasformano in azioni concrete.

La volontà di una scelta consapevole

Per Santi, la battaglia non è solo fisica, ma anche esistenziale. “Ancora combatto ma voglio essere libera,” ha affermato. Le sue parole rivelano un’inquietudine profonda e un’aspirazione verso una libertà che va oltre le convenzioni sociali. Il suo desiderio è stato spesso frainteso, ha spiegato, poiché è difficile comprendere come si possa provare “gioia” all’idea di poter morire: “Mi rendo conto che per molti è un assurdo. Ma la gente che si stupisce non si rende conto di cosa c’è dietro, le sofferenze del corpo che ti chiama.”

Per Santi, questa consapevolezza non è follia, ma un modo per riprendersi il controllo di una vita che la malattia ha svuotato di significato. È una “gioia amara,” il sapere di poter scegliere, anche se “non è una vittoria perché vittoria sarebbe non avere la malattia.”

Una vita intrappolata tra sofferenze e trattamenti invasivi

La condizione di Laura Santi è stata ampiamente descritta dai medici della Asl Umbria 1, che hanno evidenziato come le sue giornate siano scandite da trattamenti costanti e invasivi necessari alla sua sopravvivenza. “Si tratta di terapie fortemente invasive e durature nel tempo,” specificano i medici, confermando che Santi è sottoposta a procedure quotidiane e dolorose per sostenere le funzioni corporee ormai compromesse dalla malattia. Per la giornalista, rinunciare a questi trattamenti significherebbe “una rinuncia a cure necessarie alla propria sopravvivenza.” La quotidianità di Santi include infatti operazioni come il cateterismo vescicale, la gestione meccanica della postura per evitare dolori cronici e l’alimentazione assistita, essendo paralizzata agli arti superiori.

Mentre il parere positivo della Asl e del Comitato etico le riconosce il diritto alla libertà di scelta sul proprio corpo, Laura Santi si trova ora a convivere, come abbiamo detto poc’anzi, con una “gioia amara.” Da una parte infatti, c’è il sollievo di poter intravedere una possibilità di fine alla sofferenza, dall’altra, l’amara consapevolezza di una malattia che non le dà tregua.