Per il calcio non esiste un’età. Se servisse una prova, basterebbe guardare la storia di Lamberto Boranga, classe 1942, portiere che a 83 anni continua a stupire. Dopo aver indossato maglie gloriose come quelle di Perugia, Fiorentina, Reggiana, Brescia, Cesena, Varese, Parma e Foligno, l'estremo difensore è pronto a una nuova avventura in Prima Categoria umbra, con la maglia della Trevana, squadra della città di Trevi, terra di olio e tradizioni.
Un ritorno alle origini, perché proprio a Trevi Boranga aveva cominciato a giocare da ragazzo, prima che la sua carriera lo portasse nei palcoscenici più importanti del calcio italiano. Ora, a più di ottant’anni, dimostra che la passione non ha scadenza e che il calcio, come la vita, può regalare emozioni a qualsiasi età.
Boranga non è un nome qualunque. Cresciuto nel settore giovanile del Perugia, debuttò in Serie A con la Fiorentina nella stagione 1966-67. La sua carriera si snodò tra piazze importanti come Reggio Emilia, Brescia e Cesena, fino a Parma, dove nel 1979 contribuì alla promozione in Serie B. In quegli anni si guadagnò la fama di portiere affidabile, capace di unire riflessi felini e preparazione atletica.
Ma Boranga non si è mai limitato al rettangolo verde. Parallelamente alla carriera sportiva si è laureato in Biologia e Medicina, diventando medico sportivo e cardiologo. Una doppia vita che lo ha reso una figura atipica nel panorama calcistico, capace di unire scienza e passione, studio e agonismo.
Quando molti ex giocatori appendono definitivamente gli scarpini al chiodo, Boranga ha trovato nuova linfa nell’atletica leggera, entrando nel mondo dei master. I numeri parlano chiaro:
Risultati che certificano non solo il talento, ma anche una dedizione assoluta all’allenamento e alla cura del corpo.
Da un mese Boranga si allena con la Trevana, squadra che milita in Prima Categoria umbra. Per prepararsi ha scelto un allenatore d’eccezione: Marco Bonaiuti, preparatore dei portieri con esperienza all’Inter accanto a Samir Handanovic.
“In campo a più di 80 anni? Si può fare. Certo se sei in forma e sei allenato” ha raccontato ai microfoni dell'Ansa. Con la consueta ironia ha aggiunto: “A 82 anni si è solo ragazzi adulti. Non voglio entrare nello spogliatoio per comandare, ma per divertirmi”.
Trevi non è stata una scelta casuale. Qui Boranga aveva mosso i primi passi da calciatore e proprio a Trevi, durante un convegno per presentare il suo libro "Parare la vecchiaia", gli è stato proposto di rimettersi i guanti. Un cerchio che si chiude, con il fascino delle storie che sembrano già scritte dal destino.
Il mese di ottobre per Boranga non si limiterà al calcio: sarà impegnato anche nei campionati europei master di atletica a Madeira. Nelle sue giornate non c’è spazio per la sedentarietà: “Io sono sempre in movimento. Altro che televisione e giornale”, ha detto, confermando una filosofia di vita fondata sull’attività fisica come elisir di giovinezza.
Alla domanda su cosa consiglierebbe a un suo paziente che volesse fare sport a 82 anni, la risposta è arrivata secca: “Gli chiederei se è allenato e se è in forma. Poi tutte le visite mediche. Se è tutto a posto, si può fare”.
Nella sua carriera Boranga ha incrociato campioni assoluti. Lui stesso ama raccontare un aneddoto: “Solo Diego Armando Maradona mi ha fatto ombra. Se non ci fosse stato lui, sarei stato io il numero uno al mondo”. Una battuta, certo, ma che rende bene il carattere del portiere umbro: competitivo, determinato, mai disposto a sentirsi secondo a nessuno.
La storia di Lamberto Boranga è molto più di una curiosità sportiva. È un inno alla passione, alla cura di sé e alla capacità di non arrendersi mai. In un’epoca in cui lo sport professionistico sembra sempre più legato alla giovinezza, il portiere di 82 anni dimostra che non esiste un’età per sognare, e che con la giusta mentalità si può continuare a vivere l’agonismo anche quando i documenti dicono il contrario. Non è un caso che Boranga sia diventato un esempio anche fuori dal campo: come medico, ha denunciato già negli anni ’90 il problema della cocaina nel calcio, sottolineando la necessità di controlli più seri. Come atleta, continua a sfidare i limiti del corpo umano, dimostrando che la vera giovinezza è una questione di testa e cuore.