14 Nov, 2025 - 21:30

“La Strada Bianca”: Ettore Sannipoli celebra la ceramica eugubina tra arte, luce e memoria

“La Strada Bianca”: Ettore Sannipoli celebra la ceramica eugubina tra arte, luce e memoria

Nel suo intervento inaugurale alla mostra, lo storico dell’arte traccia un ponte tra tradizione e modernità, da Mastro Giorgio agli artisti contemporanei

 

Nella cornice elegante della mostra “La Strada Bianca”, inaugurata a Gubbio, lo storico dell’arte Ettore Sannipoli ha offerto al pubblico un discorso di grande profondità estetica e simbolica, denso di rimandi storici e di riflessioni sul significato del “bianco” nella ceramica e nella maiolica eugubina.
Un intervento che ha intrecciato memoria, arte e filosofia, restituendo senso e continuità a una tradizione che, in Umbria, affonda le radici nel Rinascimento ma parla ancora con voce contemporanea.

Il bianco come metafora del cammino artistico

La mostra, ispirata al libro “The White Road” del ceramista inglese Edmund de Waal, esplora il tema del bianco come simbolo di viaggio e di relazione.
“Abbiamo voluto – ha spiegato Sannipoli – fare nostro il titolo ‘La Strada Bianca’ come immagine di un itinerario, di un cammino ideale che unisce tempi, luoghi e culture. Il bianco diventa così la direzione e il ritorno, la radice e il traguardo di un percorso condiviso.”

Il bianco, nelle parole del relatore, non è solo colore o materia, ma luce e silenzio, spazio interiore e accoglienza. È il punto di incontro tra la tradizione ceramica eugubina e quella orientale, in particolare cinese, da cui la mostra trae ispirazione e omaggio.
“Abbiamo scelto il bianco – ha aggiunto – come segno di amicizia e di ospitalità verso i maestri ceramisti cinesi, ma anche come elemento di unione tra le opere dei nostri artisti. Il bianco, come il nero del bucchero, rappresenta un archetipo, una forma di linguaggio universale.”

Un rapido excursus sulla ceramica eugubina

Nel suo discorso, Sannipoli ha tracciato un breve ma suggestivo excursus sulla storia della maiolica di Gubbio, ricordando il ruolo innovatore di Mastro Giorgio Andreoli, che nel Cinquecento introdusse il celebre lustro metallico iridescente, trasformando la città in uno dei centri più raffinati della ceramica rinascimentale italiana.

Da allora, la tradizione eugubina ha attraversato secoli di trasformazioni, restando però fedele alla sua vocazione sperimentale. Nel Novecento, artisti e artigiani hanno reinterpretato forme e tecniche antiche, dal bucchero nero di Polidoro Benedetti al bianco compendiale, fino alle ricerche attuali che fondono arte, design e ricerca materica.

“La nostra ceramica – ha osservato Sannipoli – è un laboratorio permanente. È un dialogo continuo tra materia e pensiero, dove il fuoco non distrugge ma rivela. Ogni generazione di ceramisti ha saputo rinnovare il linguaggio della tradizione, senza smarrirne l’anima.”

Tra bianchi sovrapposti e memorie rinascimentali

Nel corso della visita guidata alla mostra, Sannipoli ha illustrato al pubblico le opere esposte, mettendo in luce la varietà di approcci e di poetiche presenti.
Ha ricordato, ad esempio, i bianchi sovrapposti rinascimentali elaborati nelle botteghe del Ducato di Urbino – a cui Gubbio apparteneva – e il loro legame con le decorazioni d’origine orientale.

“I bianchi su bianco – ha spiegato – erano già nel Cinquecento un segno di perfezione e di silenzio. Oggi, i nostri artisti li reinterpretano in chiave contemporanea, trasformando le superfici in spazi di meditazione visiva.”

Tra le opere citate, i piatti di Andrea Magoni e Sabrina Cortoni, che riprendono i motivi ornamentali del fiorato eugubino, ma ridotti alle sole tonalità di grigio e bianco per adeguarsi al tema dell’esposizione.
Poi le creazioni di Canti e Bandelli, che giocano sul contrasto tra la purezza del bianco e l’intensità del nero, evocando il dualismo tra luce e ombra.
E ancora i vasi di Baffoni e Matteucci, in bucchero lucente, dove “il nero non è privazione di colore, ma luce riflessa, come una profondità che rivela la forma”.

Una strada di luce e memoria

In chiusura, Ettore Sannipoli ha invitato il pubblico a considerare la mostra non solo come un’esposizione d’arte, ma come un cammino condiviso.
“La Strada Bianca – ha detto – è una metafora di ciò che siamo: un popolo che cammina nella luce della propria tradizione, portando con sé la memoria dei maestri e il coraggio dei nuovi creatori. La ceramica di Gubbio è viva perché continua a cercare, a sperimentare, a raccontare.”

E mentre il pubblico visitava le sale, tra le luci soffuse che accarezzavano le superfici smaltate, il messaggio di Sannipoli risuonava come un invito a riconoscere nella materia la poesia dell’uomo, e in quella “strada bianca” il filo che unisce la mano antica del ceramista e il cuore contemporaneo dell’artista.

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Mario Farneti
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