06 Apr, 2025 - 17:00

La Parrocchia della Madonna del Prato a Gubbio e i giovani custodi del Mistero Pasquale

La Parrocchia della Madonna del Prato a Gubbio e i giovani custodi del Mistero Pasquale

La Chiesa della Madonna del Prato, uno dei più affascinanti esempi di architettura barocca del territorio eugubino, è stata recentemente riaperta al culto dopo un lungo e complesso restauro. Il progetto ha restituito alla città non solo un luogo di preghiera, ma un patrimonio artistico e spirituale di immenso valore, testimone della devozione popolare e della maestria architettonica del Seicento.

I lavori, finanziati con il contributo dell’8xmille alla Chiesa Cattolica, hanno riguardato la cupola affrescata, le decorazioni in stucco, e hanno previsto l’installazione di un nuovo sistema di illuminazione a LED, studiato per valorizzare le linee armoniche della struttura sia all’interno che all’esterno.

La chiesa, costruita su progetto ispirato ai modelli del Borromini, è un piccolo scrigno di arte sacra nel cuore di Gubbio. Il suo ritorno alla piena funzionalità ha segnato anche una rinascita per la vita parrocchiale, oggi più che mai attiva e orientata al coinvolgimento dei giovani.

Il cammino dei giovani verso la Pasqua

Guidata dal parroco don Fabricio Cellucci, la parrocchia ha dato avvio al cammino quaresimale coinvolgendo in prima persona i bambini e i ragazzi del catechismo, accompagnandoli in un percorso fatto di preghiera, formazione e scoperta delle tradizioni locali.

“In uno spirito di sinodalità, passo dopo passo, abbiamo abitato luoghi che parlano di Gesù, riscoprendo il Suo amore che ci guida e ci insegna a vivere con pienezza e gratitudine – ha spiegato don Fabricio –. È un percorso che ci ha fatto toccare con mano la bellezza della vita comunitaria e della fede vissuta insieme.”

I giovani hanno avuto anche l’occasione preziosa di incontrare i rappresentanti della Confraternita di Santa Croce della Foce, storica istituzione cittadina che da secoli custodisce e anima la suggestiva Processione del Cristo Morto e il canto del Miserere. Durante l’incontro, il priore laico Luca Minelli e la consorella Silvia Alunno hanno illustrato ai ragazzi il significato profondo di questi riti, trasmettendo non solo nozioni, ma emozioni, ricordi e spiritualità.

La Processione del Cristo Morto è uno degli eventi più identitari per Gubbio, una delle manifestazioni religiose più antiche e sentite in Umbria. Le sue origini risalgono al XIII secolo, quando la Confraternita di Santa Croce della Foce, fondata con scopi caritatevoli e penitenziali, iniziò ad accompagnare il Venerdì Santo con un rito che unisce penitenza, bellezza e mistero.

Ogni anno, al calar della sera, la città si immerge in un silenzio solenne. I confratelli incappucciati, vestiti con tunica bianca e cappuccio nero, percorrono le vie medievali del centro portando i simboli della Passione di Cristo, tra cui la Croce, la colonna della flagellazione, la corona di spine, il Cataletto del Cristo Morto e la statua della Madonna Addolorata.

Le luci si abbassano, le finestre si chiudono, il tempo sembra fermarsi: è la città intera a farsi preghiera, in un rito che coinvolge credenti e non credenti, e che ogni eugubino porta nel cuore sin da bambino.

Il Miserere: un canto che attraversa i secoli

Elemento musicale e spirituale centrale della processione è il canto del Miserere, tratto dal Salmo 50, cantato a due cori maschili detti “del Cristo” e “della Madonna”. La melodia, tramandata oralmente, è rimasta pressoché invariata da secoli e rappresenta una delle forme più toccanti della polifonia popolare italiana.

La sua esecuzione non si limita alla sera del Venerdì Santo: il canto risuona dall’inizio della Quaresima, ogni mercoledì sera, segnando un tempo di attesa e di conversione.

Il coinvolgimento dei giovani della parrocchia nel cammino quaresimale e nella riscoperta delle tradizioni rappresenta una scelta pastorale significativa. In un’epoca di frammentazione e disinteresse verso la fede, la comunità della Madonna del Prato ha scelto di investire sul futuro, offrendo ai ragazzi esperienze concrete di spiritualità e appartenenza.

Durante gli incontri, i giovani hanno potuto non solo conoscere i riti, ma anche provare a cantare le strofe del Miserere, esercitarsi nella comprensione dei simboli della Passione e vivere la comunità come uno spazio accogliente e vivo, dove ogni gesto ha un senso e ogni tradizione diventa racconto.

“Trasmettere ai più giovani il significato profondo di queste pratiche è fondamentale – ha detto don Fabricio –. Non si tratta solo di ripetere un rito, ma di comprenderne l’anima, di scoprire che anche attraverso una processione possiamo incontrare Cristo.”

Una comunità che guarda avanti con radici profonde

Oggi, la Parrocchia della Madonna del Prato è un esempio di come la Chiesa possa coniugare bellezza, memoria e impegno educativo. Il restauro della chiesa ha riacceso l’attenzione su uno dei luoghi più suggestivi della città, ma è soprattutto la vita della comunità a renderlo vivo.

Eventi liturgici, incontri formativi, attività per giovani e famiglie, attenzione alle fragilità sociali: la parrocchia è tornata ad essere centro di spiritualità e servizio, punto di riferimento per chi cerca senso e speranza.

La storia della Madonna del Prato, della sua chiesa ritrovata e della sua comunità in cammino, racconta un’idea di Chiesa viva, che non si limita alla celebrazione, ma che si fa educazione, narrazione, condivisione.

La voce dei giovani che cantano il Miserere accanto ai più anziani è il simbolo più bello di questa trasmissione del fuoco, non della cenere, come amava dire Gustav Mahler. È il segno che la fede, quando è radicata nella bellezza e nella vita concreta, può davvero attraversare le generazioni.

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Mario Farneti
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