Tra l’Umbria e le Marche si ergono i Monti Sibillini, un imponente massiccio montuoso che, con la sua maestosità, occupa il quarto posto per altezza nell’Appennino continentale. Il suo nome deriva dal Monte Sibilla, dove, fino alla fine del secolo scorso, si trovava una misteriosa grotta – la famosa Grotta della Sibilla – oggi sigillata, ma da secoli ritenuta la residenza della leggendaria Sibilla Appenninica.

Questa figura enigmatica, che ha alimentato miti e leggende popolari per secoli, viene dipinta in modi contrastanti: da un lato, è considerata una fata benevola o una sacerdotessa portatrice di buoni presagi, dall’altro, è temuta come una strega malefica, pronta a scagliare maledizioni su chiunque osi avvicinarsi a lei. Ma qual è la verità che si cela dietro questa figura mitologica? Come viene rappresentata dalla tradizione umbra, che affonda le sue radici in un folklore ricco di simbolismi e mistero? In questo articolo, ci immergeremo nella sua affascinante storia, guidandovi alla scoperta di una delle figure più emblematiche del folklore del nostro territorio.

La Sibilla nella letteratura

Sebbene la figura della Sibilla fosse già ben nota, soprattutto attraverso il romanzo Il Guerrin Meschino, opera che la vede ritratta come una maga seducente e tentatrice, è con Antoine De La Sale che la sua leggenda acquista una particolare rilevanza nella letteratura. Nel 1420, l’autore francese intraprese un viaggio in Italia che lo portò a visitare Montemonaco e la celebre Grotta del Monte Sibilla, un’esperienza che avrebbe influenzato profondamente la sua opera.

Nel suo racconto, De La Sale non si limita a descrivere la grotta, ma intreccia la sua narrazione con i racconti orali degli abitanti di Montemonaco, tra cui il sacerdote Antonio Fumato, che gli raccontano le gesta di coloro che si sono avventurati nelle oscure profondità del luogo. Tra le storie più affascinanti, quella di un cavaliere tedesco e del suo scudiero, i quali, spinti dal desiderio di esplorare il misterioso regno della Sibilla, si addentrano nella grotta e giungono fino al “paradiso” della maga.

Secondo la descrizione di De La Sale, la grotta si presenta come un labirinto di cunicoli e stanze, a tratti impenetrabili, che richiedono un coraggio fuori dal comune per essere attraversati. Dopo aver varcato un passaggio stretto e faticoso, si accede a una prima stanza con sedili scolpiti nelle rocce, ma la vera sfida si presenta con i cunicoli che scendono ripidi per tre miglia.

Il paradiso fittizio della Sibilla di Antoine De La Sale

I racconti degli abitanti di Montemonaco parlano di un corridoio che, una volta superato un vento furioso, conduce a un abisso misterioso attraversabile solo su un ponte sospeso, tanto stretto da sembrare impossibile. Ma, come in un sogno, il ponte si allarga e l’abisso si restringe, rivelando una galleria dove la strada diventa comoda, e dove si erigono statue di dragoni dagli occhi infuocati, i cui sguardi sembrano illuminare la via verso il regno della Sibilla.

Superati i numerosi ostacoli, il cavaliere giunge infine al cuore del regno della Sibilla, dove la maga lo accoglie con calore, circondata da damigelle e giovani, in un trionfo di ricchezze scintillanti e gioielli abbaglianti. All’interno della grotta, gli abitanti sono descritti come esseri immortali, dotati della straordinaria capacità di comprendere tutte le lingue del mondo in pochi giorni, e di padroneggiarle tutte dopo trecento giorni. Tuttavia, una volta entrati in quel regno incantato, sono vincolati da un rigido ciclo temporale: possono lasciare il luogo solo dopo l’ottavo, il trentesimo o il trecentotrentesimo giorno. Chi sceglie di rimanere un anno intero, invece, è destinato a non tornare mai più nel mondo terreno.

Nel racconto di De La Sale, il cavaliere tedesco, inizialmente affascinato dalla bellezza e dal lusso del regno della Sibilla, si rende conto ben presto che quel luogo che sembrava celestiale nasconde una natura demoniaca. Dopo aver vissuto per un anno tra lussuria e piacere, il cavaliere si rende conto del pericolo per la sua anima e decide di fuggire prima che sia troppo tardi. Si reca a Roma per cercare l’assoluzione dal Papa, ma, di fronte al rifiuto, si ritira nel regno della Sibilla per sempre.

La rappresentazione della sua figura nei racconti popolari

La figura della Sibilla nei racconti popolari si presenta in una molteplicità di sfumature, ben lontane dalla semplice rappresentazione di un’entità malvagia, come quella proposta nei racconti di De La Sale.

In molte versioni della tradizione, la Sibilla emerge come una potente maga o una profetessa, regina di un mondo sotterraneo che si rivela attraverso la leggendaria grotta che porta il suo nome. Un regno che affonda le radici in un universo arcano e misterioso, riservato a chi è pronto ad affrontare le sfide dell’ignoto. Tuttavia, in alcune varianti della tradizione, la sua immagine si tinge di una luce più benevola. La Sibilla viene infatti talvolta ritratta come una fata benevola, custode di antiche conoscenze, tra cui la medicina e l’astronomia, o come una sacerdotessa capace di compiere profezie e anticipare il futuro. I suoi oracoli, spesso espressi in un linguaggio contorto e simbolico, erano notoriamente difficili da interpretare. Solo coloro che possedevano una comprensione profonda dei misteri del mondo riuscivano a decifrare il vero significato delle sue parole.

Tuttavia, una parte della tradizione popolare ha tramandato anche una visione più oscura della Sibilla. In alcune storie, essa viene rappresentata come una strega o addirittura una rivale della Vergine Maria, simbolo di una forza demoniaca che sarebbe stata isolata e confinata in una grotta come punizione per la sua natura malefica.