L’inchiesta condotta dalla procura di Perugia sul presunto sistema di dossieraggio all’interno della Direzione Nazionale Antimafia non smette di riservare sorprese. Durante l’udienza, gli inquirenti hanno presentato una scoperta impressionante: ben 40.000 accessi non autorizzati, tracciati sui server, con la richiesta di misure cautelari per il finanziere Pasquale Striano e il sostituto procuratore Antonio Laudati.

Ma c’è di più. Un elemento ora riemerge dal passato, con un carico di sconcertante disattenzione: già nel 2020, tre anni prima delle rivelazioni odierne, qualcuno aveva lanciato un segnale d’allarme. Quel qualcuno era Giovanni Russo.

Inchiesta Perugia, gli avvertimenti di Giovanni Russo nel silenzio dell’antimafia

All’epoca responsabile del Servizio di contrasto patrimoniale, Russo osservava da vicino la gestione delle segnalazioni di operazioni sospette da parte di Striano. E qualcosa non lo convinceva. Sospetti che non rimase a lungo solo suoi. Nel novembre scorso, convocato dai pm di Perugia come testimone, Russo ha confermato di aver presentato già allora una relazione formale, in cui descriveva “interferenze” e “anomalie” nelle attività di Striano. Un dettaglio che adesso appare incredibile: nonostante la relazione di Russo fosse approdata ai vertici della Direzione, nel 2020 nessuno ha agito.

L’alta tensione in questa vicenda è palpabile, soprattutto per Federico Cafiero De Raho, che all’epoca guidava la Direzione Nazionale Antimafia. Oggi, come vicepresidente della commissione antimafia, è lui a difendersi. “Non ho mai ricevuto relazioni o segnalazioni di Giovanni Russo riguardanti Pasquale Striano. Mi trovo al centro di una macchinazione, in cui vengono fuori atti inesistenti o comunque mai portati alla mia attenzione”, ha dichiarato, respingendo con forza le accuse di inazione. De Raho ha rimarcato il proprio impegno a una gestione rigorosa della Direzione, lontano da ombre e in un clima di rigore.

Il ruolo ambiguo di Striano e i sospetti di Russo

Nelle audizioni, Russo non ha esitato a esprimere il suo punto di vista su Striano, definito come un “super investigatore” con comportamenti anomali. Non solo firmava documenti come “coordinatore” del gruppo Sos, una posizione che ufficialmente non gli era stata assegnata, ma si occupava anche di affari nel valutario, un aspetto che Russo giudicava “problematico per la riservatezza”. Questo comportamento, giudicato inquietante, sembra essere stato ignorato all’epoca, lasciando spazio a Striano per agire indisturbato.

Le strategie difensive nell’inchiesta di Perugia: questioni territoriali e retrodatazione degli atti

In aula, la difesa di Striano e Laudati non si è limitata a negare ogni accusa. L’avvocato Massimo Clemente, che rappresenta Striano, ha insistito sulla questione della competenza territoriale, sostenendo che, data la portata nazionale delle funzioni, l’indagine dovrebbe essere spostata a Roma. Un ulteriore colpo di scena è arrivato con la retrodatazione dell’iscrizione di Laudati nel registro degli indagati, elemento che potrebbe invalidare alcuni atti, considerando che il magistrato era stato interrogato senza la presenza di un avvocato.

Rinvio al 17 dicembre per la decisione del tribunale di Perugia sulle richieste delle difese

Il Tribunale del Riesame di Perugia ha scelto di prendersi più tempo, rimandando al 17 dicembre la decisione sulle questioni avanzate dai legali di Antonio Laudati e Pasquale Striano. I due sono coinvolti in un’indagine su presunti accessi abusivi alle banche dati della Direzione Nazionale Antimafia (Dna), con la Procura di Perugia che ha fatto ricorso contro la precedente decisione del gip di respingere la richiesta di arresti domiciliari per entrambi.

Due sono i punti centrali sollevati dalle difese: la competenza territoriale e la retrodatazione dell’iscrizione di Laudati nel registro degli indagati. Gli avvocati hanno chiesto di trasferire il procedimento a Roma, sottolineando come la funzione nazionale della Dna giustificherebbe il cambio di sede. Inoltre, la retrodatazione dell’iscrizione di Laudati nel registro degli indagati solleva interrogativi su alcuni atti istruttori. Questa seconda questione verrà esaminata anche dal gip, che si pronuncerà il 13 dicembre.