Nell’area dell’Alto Chiascio che comprende i comuni di Gubbio, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Scheggia e Pascelupo, Sigillo e Costacciaro, il Servizio per le Dipendenze (SerD) si trova oggi a dover affrontare una crisi senza precedenti. La mancanza di personale medico presso il SerD rappresenta un nuovo vulnus al già fragile sistema sanitario territoriale, lasciando un vuoto preoccupante nella gestione delle dipendenze. In un periodo in cui le necessità sanitarie continuano ad aumentare, questa carenza potrebbe avere conseguenze gravi.

Il SerD svolge un ruolo fondamentale nel sistema sanitario, occupandosi di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da dipendenze patologiche. Le dipendenze non riguardano solo sostanze stupefacenti, ma anche alcol, gioco d’azzardo e nuove forme di dipendenza che emergono con l’evoluzione della società. Questo servizio rappresenta un baluardo per la salute pubblica, offrendo supporto a persone di tutte le età che si trovano in una condizione di estrema vulnerabilità.

A Gubbio e nei comuni limitrofi, il SerD era già in difficoltà, con un personale ridotto al minimo e una crescente domanda di interventi. Fino a marzo scorso, vi erano due medici in servizio, ma ora, con la mancanza di sostituzione di uno di essi e l’uscita di scena dell’altro, il SerD si trova a dover affrontare una situazione di emergenza con soli due infermieri e uno psicologo a contratto. Una crisi senza precedenti. Questo depotenziamento è estremamente preoccupante, soprattutto in considerazione dell’allargamento delle fasce di età interessate dalle dipendenze, sia tra i giovani sia tra gli anziani.

Non un semplice disservizio ma un evento che innesca una crisi senza precedenti

La mancanza di un medico al SerD non è un semplice disservizio; si tratta di una problematica che ha ripercussioni a catena su tutto il sistema sanitario territoriale. Quando i servizi territoriali come il SerD entrano in difficoltà, l’impatto si riflette su altre aree critiche della sanità, come la gestione delle cronicità, la salute mentale, la riabilitazione e l’assistenza agli anziani e ai disabili. Le urgenze, non più gestite adeguatamente sul territorio, finiscono per intasare i pronto soccorso e allungare le liste d’attesa, mentre le attività di prevenzione, che sono essenziali per evitare il degenerare delle condizioni di salute, diventano marginali.

La modalità con cui avviene questo depotenziamento è spesso subdola e silenziosa. La non sostituzione del personale, che viene messo a riposo o che lascia il servizio per altre ragioni, conduce progressivamente a un deterioramento delle prestazioni offerte. Gli operatori rimasti, che già lavorano sotto pressione, vedono il loro carico di lavoro aumentare, spesso a dismisura. Questa situazione non solo compromette la qualità del servizio, ma mette a rischio anche la salute psicofisica degli stessi operatori, che diventano “scudi umani” nei confronti delle richieste di pazienti e famiglie sempre più frustrati.

È imperativo che le istituzioni comprendano la gravità della situazione e agiscano rapidamente per garantire la piena operatività del SerD. La carenza di personale medico deve essere affrontata con urgenza, per evitare che il servizio venga ulteriormente depotenziato e che si verifichino episodi drammatici come overdose, comportamenti violenti o abbandoni. È essenziale che venga assunto un medico a tempo pieno per garantire la continuità e la qualità dell’assistenza, e che venga potenziato l’organico complessivo del SerD per rispondere efficacemente alle esigenze del territorio.

Una situazione che sta sensibilmente peggiorando

Il rischio, altrimenti, è quello di vedere un sensibile peggioramento della situazione, con un sistema sanitario che, già gravato da anni di tagli e mancate riforme, non riesce più a rispondere alle necessità della popolazione. Questo potrebbe portare a un aumento della pressione sui servizi di emergenza, a un ulteriore allungamento delle liste d’attesa e, in ultima analisi, a un deterioramento generale della salute pubblica.

Il problema del SerD di Gubbio non è un caso isolato, ma rappresenta una crisi senza precedenti: la progressiva privatizzazione della sanità pubblica. In molte regioni italiane, compresa l’Umbria, la mancanza di investimenti nel settore pubblico ha portato a un aumento dell’offerta di servizi sanitari privati. Questo trend rischia di creare una sanità a due velocità, dove chi può permetterselo accede a cure di alta qualità nel settore privato, mentre chi non ha le risorse necessarie rimane intrappolato in un sistema pubblico sempre più inefficiente e depotenziato.

Nel caso del SerD, la mancanza di un medico pubblico non può essere compensata da un ricorso al privato, perché le dipendenze sono un problema complesso che richiede un approccio integrato e multidisciplinare, che solo un servizio pubblico ben strutturato può garantire. La privatizzazione della sanità non può e non deve essere la risposta a queste criticità, perché rischia di escludere una parte significativa della popolazione dall’accesso a cure essenziali.