Nel giorno della scomparsa di Papa Francesco, l’Istituto Serafico di Assisi – storico centro di cura per giovani con disabilità – ne onora la memoria con commozione e riconoscenza. Dalle parole ufficiali della presidente Francesca Di Maolo emergono l’immagine di un Pontefice vicino ai più fragili e i messaggi di speranza che Bergoglio ha lasciato all’Umbria. In particolare, si ricordano l’indimenticabile abbraccio del 2013 ai "ragazzi del Serafico" e un ultimo saluto ricco di umanità alle suore francescane, racchiuso nell’invito a "non perdere il senso dell’umorismo". Il tutto in un tono che intreccia spiritualità e impegno sociale, com’è nello stile del Santo Padre e della terra di San Francesco.
Nel dolore per la morte del Pontefice, il Serafico di Assisi non offre solo un’icona da commemorare, ma rilancia un messaggio ancora vivo. La comunità dell’istituto – fondato nel 1871 dal beato Ludovico da Casoria – sottolinea come Francesco abbia posto al centro gli ultimi e i sofferenti, indicando a tutti "dove dobbiamo guardare se vogliamo davvero seguire il Vangelo: verso chi è fragile, invisibile, dimenticato", come ha affermato la presidente Di Maolo. La visita di Papa Bergoglio al Serafico non è rimasta una semplice memoria da album fotografico, ma si è trasformata in una responsabilità condivisa: quella di accogliere la fragilità con competenza e umanità, facendone un luogo simbolico di carità operosa.
Oggi, nel rendergli omaggio, l’istituto assisano ribadisce che l’insegnamento di Papa Francesco – servire i più deboli con dedizione, semplicità e misericordia – continuerà a ispirare operatori sanitari, famiglie e religiosi. In un’epoca in cui il valore della persona è troppo spesso misurato in efficienza, l’eredità spirituale e sociale di Francesco ricorda che "il Vangelo si misura sulla capacità di riconoscere e custodire la vita più fragile e indifesa".
La prima storica visita di Papa Francesco in Umbria avvenne proprio al Serafico, il 4 ottobre 2013. Atterrato in elicottero nel piazzale dell’istituto nel giorno di San Francesco, il Pontefice volle iniziare il suo pellegrinaggio incontrando i malati e i disabili più gravi. Entrato nella cappella del Serafico, non si limitò a benedire: abbracciò, accarezzò, ascoltò ciascuno dei giovani ospiti, fermandosi senza fretta con ognuno di loro.
In quel contesto toccante, pronunciò parole semplici ma dal forte valore simbolico. Indicando i corpi feriti di quei ragazzi come "le piaghe di Gesù", Francesco spiegò che tali sofferenze "devono essere ascoltate" – "non come notizie da prima pagina, destinate a durare pochi giorni, ma da chi si dice cristiano, come parte viva del Vangelo".
Erano trascorsi pochi mesi dall’elezione, ma quel gesto profetico mostrò al mondo la Chiesa che Papa Bergoglio aveva in mente: "una Chiesa inginocchiata davanti alle piaghe della carne sofferente", capace di lasciarsi toccare dal dolore umano. Al termine di quella visita, visibilmente commosso, Francesco si congedò dicendo con umiltà: "Oggi sono stato baciato da Dio".
Quell’abbraccio in Assisi segnò l’avvio di un magistero sulla fragilità: Papa Francesco, da quel giorno, indicò con chiarezza che la misericordia verso gli ultimi non è opzionale, ma centrale nel vivere il Vangelo.
Quell’incontro del 2013 fu solo l’inizio di uno speciale legame tra Papa Francesco e la terra di Assisi. Nel corso del pontificato, Bergoglio è tornato in Umbria in otto occasioni, di cui cinque ad Assisi, consolidando un rapporto familiare con la comunità locale. Ogni visita aveva un motivo distinto ma un filo conduttore comune: l’attenzione ai poveri, ai malati e ai sofferenti.
Ad esempio, nel 2016 Francesco tornò ad Assisi più volte – dalla Porziuncola alla preghiera interreligiosa per la pace – e nel pieno dell’emergenza sismica non esitò a recarsi tra le macerie di Norcia per portare conforto ai terremotati. Significativo anche l’ultimo ritorno il 24 settembre 2022, quando scelse Assisi per l’evento "Economy of Francesco", incontrando giovani economisti impegnati per un’economia giusta e sostenibile.
In tutte queste occasioni, il Serafico e le altre realtà cattoliche umbre hanno sentito la vicinanza del Pontefice: nel 2021, in occasione dei 150 anni dell’istituto, Papa Francesco ricevette in Vaticano i rappresentanti del Serafico, rinnovando il suo incoraggiamento a prendersi cura degli scartati della società.
Gesti come questi – abbracci silenziosi, visite a sorpresa, parole fuori dal protocollo – hanno saldato un rapporto di affetto con l’Umbria e dato "una svolta alla nostra missione", come ha riconosciuto Di Maolo, mostrando cosa significhi davvero "stare accanto" a chi soffre. La Chiesa umbra oggi piange il Papa che ha scelto il nome del Poverello, ma allo stesso tempo celebra il frutto di quelle semine: un rinnovato impegno verso gli ultimi, sull’esempio di Francesco.
Accanto al ricordo operoso rimane anche quello spirituale e gioioso, incarnato dall’ultimo messaggio che Papa Francesco ha voluto inviare in Umbria. "Non perdete il senso dell’umorismo e vivete nella gioia. Pregate per me, come io pregherò per voi": con queste parole, registrate con voce affaticata, il Pontefice ha salutato pochi giorni fa le Clarisse francescane di Vallegloria a Spello, consegnando loro quello che oggi appare come un testamento spirituale.
Si tratta di un breve audio che le suore custodiscono nel cuore, segno di un legame intimo coltivato negli anni con il Santo Padre. "Era appena tornato dal Gemelli e non riusciva a parlare molto. Eppure ha voluto farci sentire la sua voce", ha raccontato madre Maria Chiara, badessa del monastero.
Questo invito a non perdere l’umorismo – virtù che Francesco considerava preziosa nella vita di fede – oggi risuona non solo entro le mura di clausura, ma in tutta la famiglia francescana. Le religiose che operano accanto ai ragazzi del Serafico e le comunità dell’Umbria hanno fatto tesoro di quell’esortazione alla gioia evangelica, consapevoli che la santità non è tristezza ma luce serena. Del resto, Papa Bergoglio ha spesso ricordato che "un santo triste è un triste santo"e che la gioia e l’ironia sono compagne della speranza cristiana.
Non perdere il sorriso, anche nelle prove, era per lui un modo di testimoniare la fiducia in Dio. Così, nel dolore di questo addio, l’Umbria ricorda Papa Francesco col sorriso tra le lacrime: le campane di Assisi hanno suonato in suo onore e, seguendo il suo insegnamento, i cuori si aprono alla speranza. Non perdiamo il senso dell’umorismo – sembra ripetere idealmente il Pontefice – perché persino nel lutto la fede sa vedere oltre, verso la Pasqua e la gioia piena che egli ora contempla.