È la pace, invocata, attesa e affidata alla responsabilità di ciascuno, il filo conduttore che ha contraddistinto le omelie natalizie degli otto vescovi dell’Umbria. Un messaggio corale, pronunciato nelle cattedrali e nelle chiese del territorio, che ha intrecciato la dimensione spirituale della Natività con le ferite aperte del presente: le guerre, le migrazioni, le fragilità quotidiane, le solitudini silenziose. A restituirne una sintesi è il sito La Voce, che ha raccolto i principali passaggi degli interventi dei presuli umbri nel giorno di Natale.
Ad aprire idealmente questo coro di voci è stato l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, Ivan Maffeis, che ha affidato la sua omelia a un esplicito richiamo al magistero di Papa Francesco. Un riferimento che ha collocato il Natale dentro le tensioni del tempo presente, segnato da fratture sociali e culturali sempre più evidenti. “In un contesto umano e culturale troppo frammentato - sono le parole del Pontefice citate da Maffeis - il Natale del Signore reca con sé il dono della pace e ci invita a diventarne segno profetico”.
Un passaggio che ha indicato la pace non come un’astrazione, ma come una vocazione concreta affidata alle comunità cristiane e, più in generale, all’intera società civile.
Dalla cattedrale di Spoleto, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, Renato Boccardo, ha declinato il messaggio natalizio partendo dalle situazioni di maggiore vulnerabilità. Per Boccardo, l’annuncio della nascita di Cristo è “per chi pernotta accanto al letto di un malato, ascoltando il respiro di un coniuge, prendendosi cura di un figlio piccolo”.
Un’immagine intima e domestica che si apre a una visione globale, segnata dalle tensioni e dalle ferite del nostro tempo. “L'annuncio è per chi, oggi come allora - ha aggiunto monsignor Boccardo -, vive notti che sembrano non finire mai, segnate dal dolore, dal dubbio, dalla solitudine, dalla rassegnazione; è per chi vive sotto le bombe, per chi attraversa il mare nella paura, per chi non trova posto nelle nostre case e nelle nostre coscienze”. Parole che conferiscono all’omelia una forza pubblica e morale, trasformando la riflessione natalizia in un appello concreto alla responsabilità collettiva, alla solidarietà e alla costruzione della pace, invitando ciascuno a farsi custode di umanità in un tempo segnato da conflitti e incertezze.
Un appello chiaro e incisivo all’impegno è giunto dal vescovo di Terni-Narni-Amelia, Francesco Antonio Soddu, che ha esortato i fedeli a farsi veri “costruttori di pace” in un tempo segnato da conflitti e tensioni pervasive. Il suo messaggio ha sottolineato l’importanza della responsabilità individuale e collettiva, evidenziando come la pace non possa essere affidata esclusivamente alle istituzioni o agli strumenti della diplomazia, ma richieda quotidiani gesti concreti, scelte coerenti e un rinnovato senso di attenzione verso il prossimo.
La figura di San Francesco ha occupato un ruolo centrale nell’omelia dell’arcivescovo delle diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino. Il presule ha ricordato come il santo di Assisi “amava in modo speciale questa festa” e, riferendosi alla notte di Natale, ha sottolineato che quella “di Betlemme viene a restituirci la pace”. Si tratta, tuttavia, di una pace che non scaturisce automaticamente: “Ma non lo fa - ha aggiunto - con un colpo di bacchetta magica. Ci restituisce piuttosto il segreto della pace, il Dio fatto bambino, il Dio che si spoglia e si umilia per farsi uno con noi”.
Da qui il richiamo alla contemporaneità: “È triste che l'appello del Papa a fermare le guerre almeno per il giorno di Natale non sia stato accolto. Proviamo tutti a fermare la guerra, cominciando dal nostro cuore, per diffondere attorno a noi un seme di pace autentica”.
Il vescovo di Gubbio e Città di Castello, Luciano Paolucci Bedini, ha insistito sul valore rivelativo del Natale come luce capace di squarciare le ombre della storia. “Ci viene nuovamente rivelato il progetto d'amore di Dio, come davvero se una nuova luce si riaccendesse nelle tenebre dell'umanità, che purtroppo continuamente si infittiscono e hanno bisogno di essere squarciate”. Un’immagine potente, che ha restituito al Natale la sua dimensione di speranza attiva, chiamata a confrontarsi con un mondo attraversato da crisi e paure.
Più contemplativo, ma non meno incisivo, il messaggio del vescovo di Orvieto-Todi, Gualtiero Sigismondi, che ha sottolineato come “l'eco del silenzio lega i misteri di Gesù, dalla mangiatoia di Betlemme al sepolcro di Gerusalemme”. Un silenzio carico di senso, che invita alla riflessione e alla responsabilità, ponendo la nascita e la morte di Cristo come due poli di un unico mistero di amore e dono.
Complessivamente, le omelie natalizie dei vescovi umbri hanno restituito l’immagine di una Chiesa che non si limita alla mera celebrazione, ma legge il Vangelo alla luce delle tensioni del presente. La pace - evocata in tutte le cattedrali - viene presentata non soltanto come dono da accogliere, ma come impegno e responsabilità da assumere nel quotidiano: un dovere morale rivolto tanto alle istituzioni quanto ai singoli cittadini. Nel giorno di Natale questo monito ha superato i perimetri ecclesiali, diventando un appello pubblico alla comunità civile perché traduca parole e sentimenti in scelte concrete di solidarietà e convivenza.