Sta facendo discutere, e non poco, l’ordine del giorno presentato dal consigliere comunale Luigi Girlanda, capogruppo di Rinascimento Eugubino, con il quale si propone l’esposizione del crocifisso nella sala consiliare di Palazzo Pretorio, sopra lo scranno della presidenza. Una proposta che ha ottenuto un primo sì in sede di commissione anche da parte di Marco Cardile, consigliere del Partito Democratico, suscitando stupore e indignazione da parte del Partito Socialista, che ha reagito con una nota dura e articolata.
Al di là della dialettica politica, la questione tocca corde profonde e chiama in causa l’identità culturale, spirituale e storica della comunità eugubina, il significato dei simboli e il valore delle tradizioni che da secoli plasmano il volto della città.
Nell’ordine del giorno presentato da Girlanda, il crocifisso viene descritto non solo come un simbolo religioso, ma come un emblema valoriale e identitario, radicato nella storia millenaria di Gubbio e nella sua dimensione comunitaria.
“Il crocifisso rappresenta non solo un simbolo religioso – scrive Girlanda –, ma anche un emblema dei valori fondanti della nostra comunità. La sua esposizione nell’aula consiliare rispecchia la storia e la tradizione di Gubbio, città caratterizzata da una profonda devozione cristiana, che si manifesta in molteplici aspetti della vita civile, come nella solenne Processione del Venerdì Santo, evento di straordinario valore religioso, culturale e identitario”.
L’iniziativa si fonda anche su precedenti giuridici autorevoli, come la sentenza 556/2006 del Consiglio di Stato e la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Lautsi del 2011, che hanno riconosciuto la valenza culturale e non esclusivamente confessionale del crocifisso nelle istituzioni pubbliche.
Girlanda propone che il crocifisso sia realizzato con attenzione artistica, in armonia con l’estetica dell’aula consiliare, e che la sua eventuale rimozione possa avvenire solo tramite una nuova deliberazione del Consiglio Comunale, garantendo un confronto democratico e aperto.
A rafforzare la proposta non è solo un principio astratto, ma una storia concreta e documentata, che lega la dimensione civica di Gubbio alla sua spiritualità. Basta ricordare che lo stesso Statuto Comunale riconosce Sant’Ubaldo, vescovo e patrono della città, quale guida morale e spirituale, esempio di santità e modello di riferimento per l’intera comunità.
“Il campanone del Palazzo dei Consoli, che annuncia l’inizio delle sedute consiliari, reca inciso un appello alla protezione divina sulla città – sottolinea Girlanda – a testimonianza del profondo legame tra le istituzioni civili di Gubbio e la sua tradizione cristiana”.
In una città come Gubbio, dove sacro e profano convivono in un equilibrio storico senza eguali, dove la Festa dei Ceri è allo stesso tempo un atto di devozione e una celebrazione popolare, la presenza del crocifisso in aula consiliare non suona come un’imposizione, ma piuttosto come il riconoscimento visibile di una radice comune.
Non si è fatta attendere la replica del Partito Socialista di Gubbio, che ha espresso "profonda sorpresa" per il voto favorevole al provvedimento espresso in commissione da un consigliere del PD. In una nota diffusa alla stampa, i socialisti denunciano quella che considerano una violazione del principio di laicità dello Stato, fondamento della Repubblica e garante della neutralità delle istituzioni pubbliche.
“La laicità dello Stato è una questione politica essenziale – scrive il PSI – e non può essere ridotta a una libera espressione di coscienza individuale, come potrebbe avvenire per temi di natura etica. Per chi si riconosce nei valori della sinistra e del progressismo, la difesa di questo principio è un dovere imprescindibile, da affermare con chiarezza e determinazione”.
La reazione del PSI, che non siede attualmente in Consiglio Comunale e non ha ottenuto rappresentanza neppure in Regione, ha assunto i toni di una presa di posizione identitaria, utile anche a rilanciare la propria presenza politica dopo anni di centralità nella gestione della cosa pubblica.
Al di là del dibattito giuridico o partitico, la proposta riapre una riflessione più ampia sul significato dei simboli condivisi e sul valore delle radici culturali in una società in rapido cambiamento.
In un tempo in cui le comunità faticano a riconoscersi in un orizzonte comune, e dove spesso l’identità viene letta come esclusione, il gesto di riconoscere simbolicamente ciò che ha plasmato la vita collettiva per secoli può essere interpretato anche come atto di ricomposizione.
Il crocifisso, in questo senso, non è solo un richiamo alla fede cristiana, ma un segno della memoria collettiva, della pietas che ha attraversato le generazioni, dell’etica condivisa che ha ispirato leggi, comportamenti e istituzioni. Il fatto che sia stato evocato in un’aula consiliare, luogo per eccellenza della democrazia e della rappresentanza, non nega la pluralità, ma cerca di ancorarla a un terreno comune, comprensibile anche da chi, pur non credente, ne riconosce la portata storica e civile.
Il dibattito sul crocifisso in Consiglio Comunale non è nuovo, né limitato a Gubbio. Ma nella nostra città, dove la tradizione religiosa si è sempre intrecciata con la vita pubblica in forme vive, partecipate e popolari, può assumere un significato diverso, più profondo, e forse meno divisivo.
Gubbio è una città in cui la storia continua a parlare nel presente. Il crocifisso, se posto in aula, non sarà solo un simbolo religioso, ma il testimone silenzioso di un’identità vissuta, capace di evocare valori come il sacrificio, la giustizia, la comunità.
Il fatto che tutto ciò susciti dibattito è segno di una democrazia viva, che non ha paura di interrogarsi. Ma è anche il momento, forse, per riscoprire con coraggio e senza timore le nostre radici, senza confonderle con nostalgie o ideologie, ma come luogo di incontro tra passato e futuro.
L’ordine del giorno sarà discusso nelle prossime sedute del Consiglio Comunale. Sarà l’occasione per vedere quali posizioni assumeranno gli altri gruppi politici, in particolare quelli di centrodestra, che a livello nazionale hanno più volte difeso l’importanza della presenza pubblica dei simboli della tradizione cristiana.
Intanto, il crocifisso è già tornato al centro della scena politica e civile cittadina. E lo ha fatto non come una semplice figura da appendere al muro, ma come un segno che interroga, che divide e unisce, e che chiede alla comunità non solo di scegliere, ma anche di riconoscere sé stessa.