A Carbonesca, piccola frazione incastonata tra i boschi e le colline del territorio di Gubbio, ogni anno con l’arrivo della primavera si rinnova un rito antico e suggestivo: quello dei Canti del Maggio, tramandati da secoli nei dialetti e nelle consuetudini dell’Appennino umbro.
Quest’anno la serata dedicata al Maggio ha avuto un significato ancora più speciale: ricorrono infatti venticinque anni dalla ricostituzione del Gruppo Maggiaioli di Carbonesca, avvenuta a fine anni ’90 dopo un’interruzione dovuta al ricambio generazionale nella frazione che dista 21 chilometri dal capoluogo eugubino.
Un ritorno alla radice, voluto con forza e passione da un gruppo coeso di giovani e adulti, guidati sin dall’inizio dall’instancabile Presidente Giuliano Scaccia, anima e memoria del gruppo, che da un quarto di secolo tiene viva questa forma di canto popolare e comunitario.
"Il Maggio è la nostra festa, la nostra identità. È il canto che risveglia la terra e il cuore delle persone", racconta Giuliano con un sorriso mentre accorda la sua fisarmonica, fedele compagna di tante notti passate tra viuzze, cortili e cucine illuminate.
Il rituale si ripete ogni anno con la stessa intensità: i Maggiaioli, vestiti con abiti tradizionali, armati di fisarmonica, chitarre e percussioni, iniziano il loro cammino al calar del sole. Prima tappa: il cuore del paese, dove piazzetta dopo piazzetta il canto si fa invocazione, benvenuto alla stagione nuova, omaggio alla rinascita della natura.
"Andiamo a cantare casa per casa, come si faceva una volta, per portare il Maggio e raccogliere il sorriso della gente" – dice Mario, uno dei ragazzi più giovani del gruppo – "e ogni porta che si apre è una piccola festa."
La prima casa visitata è stata quella della Signora Lola e di sua figlia Gigliola, che hanno accolto i Maggiaioli con entusiasmo e un rinfresco generoso: dolci, torte salate, vino rosso, bibite gassate e caffè. Una vera tavolata della tradizione. "Vi aspettavamo da giorni, il Maggio è sempre una gioia!", esclama Lola, con gli occhi lucidi e la voce rotta dalla commozione.
Poi è stata la volta di Valentino, da tutti riconosciuto come il proprietario del vino più buono di Carbonesca. Un brindisi in amicizia, una risata, una nuova canzone. E si riparte.
I Maggiaioli percorrono la cosiddetta “strada della bianca”, che scende dolcemente verso l’invaso del Chiascio, serpeggiando tra le colline ancora illuminate dai riflessi lunari. In lontananza si distinguono le luci di Scritto e Bellugello, altre frazioni eugubine che condividono la stessa eredità culturale.
Ogni casa ha una luce accesa. Le famiglie attendono i Maggiaioli come si aspetta un amico caro, tra emozione e festa. A casa di Roky, i più giovani ne approfittano per vedere sul televisore gli ultimi istanti di una partita epica tra Barcellona e Inter, ma non appena la musica riparte, tutti si alzano e battono le mani.
"Il bello del Maggio è che ci ritroviamo tutti, giovani e anziani, sportivi e musicisti, abitanti e forestieri, sotto un’unica stella" – racconta Lucia, che ha partecipato per la prima volta quest’anno – "e ci sentiamo parte di qualcosa che ci supera."
Non manca la visita all’abitazione del Presidente Scaccia, momento sempre toccante e simbolico. Poi i Maggiaioli si spingono fino a Caresto, dove li attendono Bruno e la Gina, noti in tutta la zona per “la lonza più buona di Gubbio”. Una specialità contadina preparata con cura, simbolo della cucina genuina del territorio.
All’ingresso della casa, una targa di pietra appesa al muro testimonia l’orgoglio e la manualità di Gino, artigiano locale che l’ha scolpita con le sue mani: “Benvenuti ai Maggiaioli”, si legge incisa, sotto un fiore di maggio stilizzato. Una dichiarazione d’amore verso questa tradizione.
Ma cosa sono i Canti del Maggio? Si tratta di antiche strofe in dialetto eugubino, tramandate oralmente e variate nel tempo, che raccontano l’arrivo della primavera, la fertilità della terra, la gioia dell’incontro, e spesso includono versi d’improvvisazione, scherzi, auguri e formule propiziatorie.
"Son canti semplici, ma profondi. Ogni verso ha dentro una stagione, un raccolto, un affetto. Non sono solo parole, sono memorie che camminano con noi" – dice emozionato Michele, uno dei più anziani del gruppo.
I canti hanno radici antichissime, probabilmente legate a riti agrari precristiani, poi cristianizzati nei secoli. Oggi rappresentano una delle espressioni più autentiche dell’identità eugubina, e la loro sopravvivenza si deve all’impegno di gruppi come quello di Carbonesca.
La serata si conclude dove era iniziata: nel centro del paese, davanti al monumento ai Caduti, dove i Maggiaioli si raccolgono per una foto ricordo. I volti sono stanchi ma felici. Le mani ancora odorano di corda e di salumi, le voci sono un po’ rauche, ma cariche di orgoglio.
"È stato bellissimo, come sempre. Ma quest’anno ancora di più, perché sono venticinque anni che il Maggio è tornato a vivere qui a Carbonesca, e non vogliamo più lasciarlo andare" – dice Giuliano Scaccia, alzando il bicchiere per l’ultimo brindisi.
La notte si chiude lentamente, mentre il silenzio della campagna torna a riempire le strade, e tra i vicoli si sente ancora un’eco lieve: “Ben venga Maggio e il canto suo, che sveglia il grano e il cuore mio…”
La tradizione dei Maggiaioli non è solo di Carbonesca, ma riguarda tutto il territorio di Gubbio, dove ancora oggi gruppi sparsi, in varie frazioni e località, mantengono vivo questo rito antico con passione e autenticità.
È un patrimonio collettivo, fatto di musica, comunità e territorio, che merita di essere conosciuto, valorizzato e tramandato. Perché ogni canto del Maggio non è solo un augurio alla terra, ma anche un saluto alla vita, alla bellezza del vivere insieme, alla forza delle radici.
E in un tempo in cui tutto sembra accelerare e frammentarsi, i Maggiaioli ci ricordano che basta una chitarra, una fisarmonica, una voce amica per sentire che la primavera, in fondo, è già arrivata.