Il Cacciatore di Michael Cimino (The Deer Hunter, 1978), uno dei capolavori della cinematografia mondiale, torna al cinema in versione restaurata per il 45esimo anniversario. L’appuntamento è per mercoledì 29 maggio al Cinema Politeama Lucioli di Terni; alle 20.15 ci sarà l’introduzione a cura di Sentieri del Cinema e a seguire, alle 20.30, la proiezione in lingua originale con sottotitoli in italiano.
Un film epico, vincitore di cinque premi Oscar (film, regia, attore non protagonista, montaggio e sonoro) che analizza con assoluta e lucida poesia il prima e il dopo la guerra del Vietnam. Cimino ne Il Cacciatore ha saputo offrire una visione sulla perdita dell’innocenza a livello collettivo quale conseguenza inevitabile degli impulsi distruttivi dell’uomo. Una storia che riesce a ricucire quella ferita dopo averla mostrata in tutto il suo abbrutimento, lasciando ancora spazio alla speranza racchiusa nell’animo umano. Una pietas ancestrale che riemerge dopo una devastante discesa agli inferi.
Ne abbiamo parlato meglio, in esclusiva per Tag24 Umbria, con la storica del cinema Maria Rita Fedrizzi, che con Sentieri del Cinema da oltre un decennio porta avanti a Terni eccellenti progetti legati alla cinematografia. Per chi non avesse mai visto Il Cacciatore: ci sono degli spoiler.
Il Cacciatore è un film che ha molteplici stratificazioni e chiavi di lettura, un universo simbolico potentissimo. Come ti approcci a questa storia?
“Di questo film apprezzo la sua atemporalità. Seppur collocato in un preciso momento storico, le sue riflessioni sono universali. Mi piace il valore simbolico e etico del film, trovo che siano l’aspetto più interessante“.
Il Cacciatore viene ricordato come un film di guerra ma lo trovo piuttosto riduttivo perché c’è molto di più.
“A Cimino non interessava fare un film storico. L’Oscar l’ha vinto Christopher Walken ma trovo fondamentale il personaggio di De Niro, una sorta di eroe granitico nella prima parte del film, convinto che quella del Vietnam sia una guerra giusta e che poi nell’inferno vietnamita capirà che questa convinzione è illusoria, redendosi conto dell’orrore. Un’esperienza da cui uscirà profondamente sconvolto, privato della possibilità di recuperare quell’innocenza che aveva nella parte iniziale della storia. Il Cacciatore è un film sulla perdita dell’innocenza collettiva, di un Paese e di un popolo. Vorrei aggiungere che è anche uno dei vertici della cinematografia pacifista, un film che ha per protagonista un uomo che stanco della morte, sceglie la vita; un uomo che arriva a ripudiare il rito della guerra, assurdo e violento, imposto dall’alto e basato su interessi economici, e rifiutando di sparare al cervo, afferma agli occhi degli altri e di sé stesso l’importanza e il valore di ogni singola vita, della pace, dell’amore e della speranza. In un presente come quello che viviamo, così barbaramente segnato dalle guerre, credo valga la pena di ricordare anche questo aspetto del film“.
Le scene della roulette russa sono diventate iconiche, immagini che racchiudono quella perdita dell’innocenza di cui parli.
“Le scene della caccia nella prima parte, sono ambientate nella luce e nell’altezza delle montagne, dopo si sprofonda visivamente e simbolicamente nella guerra. La roulette russa è proprio questo: l’impossibilità di parlare ancora di un’etica e di una morale. La roulette diventa la corsa verso la morte di Walken che lui persegue fino alla fine. A Cimino è stato contestato che la roulette russa non fosse mai stata praticata durate la guerra, ma è un momento simbolico e come tale va interpretato“.
Un film struggente che racchiude un’altra storia vera altrettanto struggente. Il Cacciatore è l’ultima pellicola a cui prende parte l’attore John Cazale che morirà di lì a poco. Cazale era dotato di un talento immenso e all’epoca aveva una relazione con Meryl Streep, anche lei nel cast.
“Cazale nei suoi film interpreta il personaggio del debole, il vinto, quello su cui si fa meno affidamento. Sembrerebbe essere la classica spalla ma grazie alla sua bravura è stato in grado di rendere quei personaggio secondari dei giganti. Nonostante sia ai margini – della storia, dell’inquadratura – pochi come lui sono stati capaci di occupare quel margine con la stessa forza. Lui diventa essenziale in termini di economia narrativa, come solamente i grandi attori riescono. La produzione de Il Cacciatore non lo voleva nel cast proprio a causa delle sue precarie condizioni di salute. De Niro lo impose e gli pagò l’assicurazione sanitaria che è poi quello che il suo personaggio fa anche nella storia, salvandolo in nome della loro fratellanza: si crea una sorta di cortocircuito tra il film e la vita“.