Un incontro che ha intrecciato teologia, cultura e vita civica, con uno sguardo rivolto al presente e alle sue fragilità, quello ospitato a Gubbio per la presentazione di Il seme da salvare. La vera dottrina cattolica nel Catechismo maggiore di San Pio X, ultima fatica letteraria del professor Luigi Girlanda. La serata ha registrato una partecipazione attenta, con la presenza di pubblico e studenti, e con un parterre di relatori capace di dare profondità e pluralità al confronto.

A moderare l’incontro è stato il giornalista Massimo Boccucci. Hanno dialogato con l’autore don Claudio Crescimanno, che ha curato la prefazione del volume, e la docente di storia dell’arte Silvia Alunno. La dimensione culturale si è intrecciata con quella artistica grazie a tre intermezzi musicali, con Cecilia Bellucci al violino e Luigi Girlanda al piano, che hanno scandito i passaggi del confronto e contribuito a creare un clima di ascolto e partecipazione.
Non è mancato il segno istituzionale: in sala erano presenti il vicesindaco avvocato Francesco Gagliardi e il presidente del Consiglio comunale Mattia Martinelli, richiamati come testimonianza di attenzione verso un appuntamento che, pur centrato su temi religiosi e dottrinali, ha assunto anche una valenza civica e comunitaria.
Nel presentare il filo conduttore del dialogo, Massimo Boccucci ha collocato la riflessione dentro una prospettiva storica recente, ricordando come molte generazioni abbiano attraversato pontificati molto diversi tra loro: da Giovanni Paolo II, al breve papato di Giovanni Paolo I, fino a Benedetto XVI e Francesco. Boccucci ha quindi posto al prefatore una domanda di taglio essenziale: questa lunga traversata ha portato più confusione o più certezze? E come leggere oggi i passi del nuovo pontificato?

Il quesito ha aperto lo spazio per una riflessione ampia sul rapporto tra continuità della tradizione e sfida del presente, tema che attraversa l’intero libro di Girlanda.
Il primo intervento, affidato a don Claudio Crescimanno, ha avuto un tono insieme storico e interpretativo. Il sacerdote ha richiamato ciò che considera la costante di tutta la storia ecclesiale: «La Chiesa ha contemporaneamente bisogno di aderire con fedeltà ai suoi contenuti di fede e di morale e, nello stesso tempo, di confrontarsi con il territorio e con il tempo in cui vive».
In questa tensione – che Crescimanno definisce più correttamente un equilibrio – il sacerdote colloca la figura di San Pio X, presentandola come esemplare: «Vive questo equilibrio in modo spettacolare e risalta soprattutto nella sua opera, il Catechismo maggiore». Da qui una lettura critica del periodo più recente: secondo Crescimanno, nei decenni successivi al Concilio Vaticano II questo equilibrio avrebbe conosciuto “strappi”, alternando irrigidimenti e, più spesso, slanci di adattamento al mondo contemporaneo, fino a generare smarrimento.

Per questo, ha concluso, diventa “indispensabile ritornare alle sorgenti”: non per nostalgia, ma per ritrovare una chiarezza capace di orientare. Un punto, questo, perfettamente coerente con l’impostazione del libro di Girlanda, che sceglie il Catechismo di San Pio X come strumento per rileggere la dottrina cattolica con linguaggio netto e privo di ambiguità.
Il volume presentato – per titolo e impostazione – propone una traiettoria precisa: recuperare la dottrina e la catechesi come “seme” da custodire e trasmettere. Girlanda, da teologo e docente, si misura con un tema che non evita i nodi sensibili del dibattito ecclesiale contemporaneo, proprio perché sceglie di rientrare nella grammatica della tradizione attraverso una fonte considerata decisiva: il Catechismo maggiore di San Pio X.
Nel corso del confronto è emersa anche la dimensione educativa dell’autore: Girlanda è infatti impegnato nella formazione dei giovani e il pubblico studentesco presente in sala – proveniente dall’ambiente scolastico – è stato più volte richiamato come segno di continuità tra cultura, scuola e comunità.
Accanto alla lettura teologico-storica proposta da Crescimanno, l’intervento della professoressa Silvia Alunno, docente di storia dell’arte, ha contribuito a dare al tema una cornice più ampia, di taglio culturale. Pur partendo dal libro, il suo apporto ha richiamato l’importanza del linguaggio simbolico e della tradizione come patrimonio che passa anche attraverso immagini, forme, architetture e segni.
La prospettiva dell’arte ha consentito di leggere la catechesi non soltanto come trasmissione di contenuti, ma come costruzione di un immaginario condiviso e di una forma di appartenenza. In questa chiave, la dottrina non è un “archivio”, bensì un tessuto vivo che si è storicamente incarnato anche nell’estetica e nella cultura materiale delle comunità.

A chiudere gli interventi istituzionali e a dare una lettura fortemente evocativa è stato il sindaco Vittorio Fiorucci, che ha ringraziato l’autore e il moderatore, definendo la serata un “contesto di livello” e sottolineando di aver colto diversi spunti di riflessione utili.
Il sindaco ha interpretato il titolo del volume con un allargamento di prospettiva: «I semi da salvare sono tanti, ma forse il seme più importante da salvare è quello dell’umanità, dell’anima, in un momento di fluidità». Una riflessione che, nelle parole di Fiorucci, si collega al bisogno contemporaneo di punti di riferimento, sempre più labili e difficili da riconoscere.
Riprendendo l’osservazione di don Claudio, Fiorucci ha insistito sul fatto che in una società “altamente scolarizzata” occorre anche un pensiero adeguatamente qualificato: «Dobbiamo presentarci con un prodotto altrettanto qualificato perché il messaggio possa arrivare, essere metabolizzato e costituire una guida». Il punto non è la semplificazione del messaggio, ma la sua qualità.
Fiorucci ha poi attribuito a Girlanda una caratteristica chiave: il coraggio. «Hai affrontato temi molto coraggiosi… stai andando controcorrente su un piano scomodo», ha detto, collocando questa scelta dentro una funzione più ampia della tradizione cristiana: la capacità di proporre messaggi universali di fraternità, libertà e uguaglianza, che hanno inciso sulla civiltà europea e sul pensiero moderno.
Al centro, per il sindaco, c’è il tema degli strumenti: «Dobbiamo dare strumenti ai giovani e anche ai meno giovani… altrimenti ci interessano i romanzi, sì, ma marginalmente». Un passaggio netto, che evidenzia una gerarchia di priorità: la cultura come formazione dell’uomo, non solo come intrattenimento.
In conclusione, Fiorucci ha valorizzato anche il ruolo di Girlanda nel contesto del Consiglio comunale, definendolo “estremamente aperto al confronto” e capace di provocazioni utili a generare riflessione. «Alcune volte è un po’ fastidioso, ma ci sta… è nel confronto e nella diversità che si cresce», ha aggiunto, riconoscendo al dibattito una funzione costruttiva per la città.

A legare e alleggerire il confronto, senza ridurne la densità, sono stati i tre intermezzi musicali eseguiti da Cecilia Bellucci al violino e Luigi Girlanda al piano. Non semplici pause, ma momenti di respiro capaci di trasformare la presentazione in un’esperienza più ampia, dove la parola e la musica si sono alternate come due modalità complementari di espressione e interiorizzazione.