Una mattinata di cielo terso ha accolto, nei pressi della Prima Cappelluccia, decine di cittadini, autorità civili, religiose e militari, giovani, famiglie e rappresentanti delle associazioni. Tutti riuniti per ricordare Umberto Paruccini, il giovane vigile del fuoco ucciso il 5 luglio 1944 da un proiettile tedesco mentre portava il pane ai prigionieri, in un atto di coraggio e amore che Gubbio non ha mai dimenticato.
Nel luogo esatto dove il suo corpo cadde 81 anni fa, si è svolta la cerimonia di commemorazione che, come ogni anno, rinnova la memoria di un gesto semplice e straordinario.
Momento centrale della cerimonia, il discorso del sindaco Vittorio Fiorucci, che ha pronunciato parole toccanti, rivolgendosi con rispetto e partecipazione ai presenti: “Ci ritroviamo oggi, in questo luogo solenne, dove un giovane uomo, Umberto Paruccini, fu colpito a morte da un proiettile tedesco mentre portava il pane a chi era prigioniero per fame e per paura.”
Umberto aveva solo trent’anni. Era un vigile del fuoco, un uomo di fede, un giovane della Gioventù di Azione Cattolica, cresciuto a Gubbio con un forte senso del dovere.
“Era un eugubino come noi, cresciuto sotto la stessa ombra di Sant'Ubaldo, con lo stesso senso profondo della solidarietà.”
Il Sindaco ha voluto sottolineare come Paruccini non avesse armi, ma pane. Non cercava vendetta, ma un gesto di carità nel buio della guerra.
Il gesto di Umberto non fu frutto dell’improvvisazione, ma una missione ricevuta dal vescovo Ubaldi, che lui accettò pur conoscendone il rischio.
“Accettò la missione con entusiasmo, consapevole del rischio, ma ancora più consapevole della necessità. Perché quando la barbarie divide, chi ha cuore deve unire.”
Parole forti, che il sindaco ha pronunciato con emozione, ricordando come Umberto, morente, non invocò vendetta, ma perdono, consolazione per i suoi genitori e preghiera.
“Questo ci dice tutto della sua grandezza: una grandezza silenziosa, senza medaglie, ma che splende nei secoli come esempio di umanità, coraggio e fede.”
Il cuore del discorso si è spostato poi dal ricordo al presente. Fiorucci ha voluto trasformare la memoria in azione, invitando tutti – in particolare i giovani – a interrogarsi: “Nel tempo della superficialità e dell’indifferenza, la storia di Umberto Paruccini ci costringe a guardarci dentro. Ci chiede: cosa faremmo noi al suo posto? Avremmo il coraggio di portare pane dove regna la paura?”
“Sapremmo scegliere la carità al posto dell’odio? E avremmo la forza di perdonare?”
In un mondo dove ancora oggi si alzano muri, si seminano paure e la verità viene sacrificata alla propaganda, il sindaco ha indicato Umberto Paruccini come modello di civiltà: “Servire, non dominare. Donare, non calcolare. Amare, non odiare.”
Nel suo intervento, Fiorucci ha anche ricordato che a Umberto Paruccini fu intitolata la prima sezione locale della Democrazia Cristiana, come segno di continuità tra il suo sacrificio individuale e la ricostruzione civile e morale dell’Italia del dopoguerra.
“Lui non poté arrivare all’impegno politico, ma lo visse nella forma più pura: il dono della vita per la comunità.” Il sindaco ha quindi rivolto un appello sentito: “Dico soprattutto ai giovani, eredi di questa memoria: non lasciate che la storia si inaridisca nei libri o si congeli nelle lapidi. Fate che diventi carne viva nelle vostre scelte quotidiane.”
L’evento ha mantenuto un tono sobrio e rispettoso, accompagnato da momenti di silenzio, letture e interventi brevi ma sentiti da parte delle autorità presenti. Sullo sfondo, la montagna, i boschi, quel tratto di sentiero che separa la civiltà dalla barbarie, la paura dal coraggio.
Le associazioni combattentistiche, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e i rappresentanti delle Forze dell'Ordine hanno voluto manifestare la loro presenza, portando corone, fiori e soprattutto sguardi attenti, educati alla memoria.
Il sindaco Fiorucci ha chiuso con parole semplici, ma intense, rivolgendosi alla comunità intera: “Gubbio, città dei Quaranta Martiri, città di San Francesco e Sant'Ubaldo, non dimentica i suoi figli migliori. Finché ci sarà qualcuno a raccontare il suo gesto, a raccoglierne il testimone, a portare pane invece che odio, il suo spirito camminerà ancora con noi, su questo monte e oltre. Gubbio lo ricorda. Gubbio lo onora. Gubbio dice: mai più.”
L’esempio di Umberto Paruccini non appartiene soltanto al passato. È una domanda aperta rivolta al presente, un invito a scegliere ogni giorno la via più difficile ma più umana. Portare pane, anche quando intorno regna la paura. Servire, senza aspettarsi applausi. Perdonare, anche nel dolore.
Lui non è un eroe da monumento, ma una guida silenziosa per chi, oggi come allora, vuole restare umano nel disordine del mondo.
E a ogni 5 luglio, sul Monte Ingino, il suo nome tornerà a farsi sentire, come un seme di civiltà piantato tra le rocce.