Tre sonate a festa per ricordare il 20 settembre 1870 e i soldati eugubini che parteciparono alla storica Breccia di Porta Pia. Dalla Torretta del Palazzo dei Consoli, a 60 metri d’altezza su Via Baldassini, la Compagnia dei Campanari rinnova un rito che affonda le sue radici nel Medioevo.
La Compagnia dei Campanari del Palazzo dei Consoli è molto più di un gruppo di appassionati: è la custode di un sapere antico, tramandato di generazione in generazione. Fondata ufficialmente nel 1981, la Compagnia esiste di fatto da secoli e affonda le sue radici nella cultura artigiana di Gubbio, città di muratori e scalpellini.

Il suono delle campane del Palazzo dei Consoli ha da sempre scandito i momenti importanti della vita cittadina, diventando un simbolo identitario per gli eugubini. Ancora oggi i campanari salgono con grande perizia e sprezzo del pericolo sulla torretta, sfidando un dislivello impressionante: dalla parte di Via Baldassini, l’altezza raggiunge i 60 metri.
“Non si tratta solo di suonare le campane,” spiegano i membri della Compagnia, “ma di mantenere viva una tradizione che nasce nel Medioevo e che richiede coraggio, coordinazione e conoscenza tecnica.”
Oggi, come da tradizione, i campanari hanno eseguito tre sonate a festa – all’alba, a mezzogiorno e al tramonto – per commemorare la Presa di Porta Pia, avvenuta il 20 settembre 1870, data che sancì la fine del potere temporale dei papi e l’annessione di Roma al Regno d’Italia.
Anche Gubbio ebbe i suoi protagonisti in quell’evento storico: fra loro spicca il nome di Primo Farneti, soldato eugubino che prese parte alle operazioni militari.
“Il nostro suono oggi è un omaggio a chi ha combattuto per l’unità d’Italia”, affermano i campanari, “e un invito a riflettere sul valore della libertà e del sacrificio.”
La Compagnia adotta un’organizzazione che ricorda quella delle antiche corporazioni. Il gruppo che effettua la sonata viene chiamato “squadra”, e al fianco dei campanari titolari operano gli “apprendisti”, secondo un percorso di formazione che ricalca l’apprendistato dei muratori e scalpellini di un tempo.
“Il nostro lessico è lo stesso di secoli fa,” raccontano, “perché l’arte campanaria è anche linguaggio, simbolo e identità.”

I campanari indossano una maglia rossa, un colore considerato neutrale a Gubbio, così come il bianco. Prima del 1979, infatti, le maglie erano proprio bianche.
La sede della Compagnia è la suggestiva Saletta dei Campanari, situata subito sotto la torretta del Palazzo dei Consoli. È qui che vengono organizzate le turnazioni, le prove e le riunioni operative.
L’organigramma attuale vede alla guida Luigi Francesco Barbi, “Doppiarolo” e presidente, affiancato dal vicepresidente Stefano Casagrande (Doppiarolo, Cepparolo) e dal segretario-economo Loris Ghigi. Seguono i cepparoli Benedetto Lunani, Don Armando Minelli (cappellano), Paolo Rogari, Claudio Mancini, Paolo Vannini (Batoccolaro e Cepparolo), Pierpaolo Tomassini, Lorenzo Olivieri, Sebastiano Rogari, Emanuele Francioni e Jacopo Cicci. Completano la squadra i doppiaroli Enrico Barbi e lo stesso presidente.
Il suono delle campane di Gubbio non è casuale: è un concerto orchestrato con precisione. Il Campanone, fuso nel 1789 da Giovanni Battista Donati de L’Aquila, è il cuore del sistema. Viene affiancato dalla Mezzana, fusa nel 1678, e dalla Piccola, che risale addirittura al 1289. Completa il quadro la Scoletta, del 1342, che però non fa parte del concerto principale.
Ogni suonata richiede coordinazione, resistenza fisica e una perfetta intesa tra i membri della squadra. I campanari utilizzano corde e manovelle con gesti precisi, frutto di anni di esperienza.
“Quando il concerto parte, il suono vibra in tutta la città, entra nelle case e nei cuori,” spiegano i campanari, “ed è in quel momento che ci sentiamo davvero parte di una storia più grande di noi.”
Il suono delle campane del Palazzo dei Consoli non è solo un richiamo, ma una vera e propria colonna sonora della vita cittadina. La loro eco si propaga per le vie medievali di Gubbio, si riflette sulle pietre e sembra dialogare con il paesaggio urbano e naturale circostante.
“Ogni volta che saliamo sulla torretta e guardiamo giù verso Via Baldassini, proviamo un brivido,” confessa un giovane apprendista, “ma poi il timore lascia spazio alla gioia di suonare per la città.”
L’iniziazione dei nuovi campanari non è soltanto un addestramento tecnico: è un percorso di crescita personale. Salire sulla torretta significa affrontare la paura dell’altezza, imparare la disciplina del gruppo e acquisire la consapevolezza di custodire un rito collettivo.
“Ogni apprendimento è una lezione di umiltà,” dicono i veterani, “perché le campane non ammettono errori: ogni suono deve essere perfetto.”
Le tre sonate di oggi – alle 8, alle 12 e alle 20 – hanno scandito i momenti della giornata, trasformando la memoria storica in esperienza viva. Non solo un atto commemorativo, ma un modo per tenere unita la comunità eugubina attorno ai valori di libertà, identità e partecipazione civica.

Molti cittadini e turisti si sono fermati in Piazza Grande per ascoltare il suono, alcuni alzando lo sguardo verso la torretta per osservare i campanari all’opera.
“Il 20 settembre è una data che ci ricorda il percorso di unità nazionale,” ha dichiarato il presidente Barbi, “e noi campanari la onoriamo con il dono più grande che possiamo offrire: il suono delle nostre campane.”
La Compagnia è l'esempio di come la tradizione possa continuare a vivere se coltivata con passione e dedizione. La loro arte, fatta di tecnica, coraggio e spirito di squadra, non è un semplice folclore ma un patrimonio culturale immateriale che merita di essere tutelato e trasmesso alle generazioni future.
“Finché ci saranno campanari disposti a salire sulla torretta, il suono delle campane continuerà a parlare alla città”, affermano orgogliosi, “ricordandoci che siamo parte di una storia che non smette di risuonare.”