In prossimità delle celebrazioni per gli 800 anni dalla morte di San Francesco, la Regione Umbria, governata dal centrosinistra, ha annunciato con grande enfasi l’attivazione di tre nuove linee di Busitalia dedicate ai cammini francescani. Un’iniziativa che dovrebbe celebrare la spiritualità, il turismo sostenibile e il legame profondo tra il Santo d’Assisi e i luoghi umbri.
Peccato che, in questa narrazione, Gubbio sia stata clamorosamente esclusa. La città che custodisce l’episodio universale del Lupo di Gubbio, raccontato nel XXI fioretto, non figura in nessuno dei tre itinerari. Un affronto che grida vendetta e che appare ancora più paradossale se pensiamo alla recente mostra “Francesco e Frate Lupo”, capace di raccogliere centinaia di opere ispirate proprio a quell’episodio e di suscitare un interesse tale da meritare palcoscenici internazionali, da Londra a New York.
Le tre linee annunciate dalla presidente regionale Stefania Proietti e dall’assessore ai trasporti Francesco De Rebotti collegano città umbre e santuari francescani di rilievo:
Linea 1: Perugia – Assisi – Foligno – Spoleto – Terni – Greccio.
Linea 2: Assisi – Perugia – Città di Castello – La Verna.
Linea 3: Orvieto – Amelia – Narni (Speco) – Greccio.
Gubbio non compare. Nessuna fermata, nessun collegamento. Eppure proprio qui, tra le mura medievali e i boschi umbri, si è consumato uno degli episodi più celebri e simbolici della vita del Poverello: l’incontro e la pacificazione con il Lupo, simbolo di violenza e paura trasformato in fratello e compagno di comunità.
La presidente Proietti ha dichiarato: “La nostra regione è da sempre un punto di riferimento per chi cerca spiritualità, cultura e bellezza paesaggistica. Con queste nuove linee vogliamo offrire un’esperienza unica”.
Ma di quale esperienza unica si parla se viene ignorata Gubbio, città che nel panorama francescano ha un ruolo di assoluta centralità? Possibile che si esalti Greccio, La Verna e Narni dimenticando l’episodio che più di ogni altro ha plasmato l’immaginario francescano a livello mondiale?
L’assessore De Rebotti aggiunge: “È un’opportunità per promuovere l’Umbria come destinazione di eccellenza”. Ma senza Gubbio, questa eccellenza appare mutilata, monca, privata di una delle sue colonne portanti.
L’esclusione di Gubbio non è solo una ferita simbolica, ma rischia di trasformarsi in un danno economico e turistico.
Il turismo religioso, legato ai cammini francescani, è in costante crescita e rappresenta un flusso importante di presenze e di risorse. Chi progetta un itinerario francescano internazionale si aspetta di passare anche per Gubbio, e se questo non accade, la città rischia di restare ai margini di un circuito che nei prossimi anni avrà visibilità mondiale.
Questa esclusione non è un episodio isolato. Gubbio, negli ultimi anni, ha perso occasioni e manifestazioni che avrebbero potuto rafforzarne l’immagine e la centralità turistica:
Don Matteo, che dopo otto fortunate stagioni ha abbandonato Gubbio per Spoleto.
La Spartan Race, traslocata a Orte dopo soli tre anni.
Lo SpencerHill Festival, durato appena un’edizione.
Ora, a questa lista si aggiunge la cancellazione implicita di Gubbio dalla mappa dei cammini francescani. Una vera e propria strategia di marginalizzazione che lascia sconcertati.
Solo poche settimane fa Gubbio celebrava con orgoglio la mostra “Francesco e Frate Lupo”, capace di raccogliere centinaia di opere d’arte provenienti da tutto il mondo e di offrire una narrazione nuova e affascinante del celebre episodio francescano.
Un evento che ha confermato come l’immagine di Gubbio sia potente e universale, capace di parlare al mondo e di collocarsi senza timore su palchi prestigiosi come Londra o New York.
Ed è proprio in questo momento di visibilità che arriva lo schiaffo: Gubbio resta fuori dai percorsi istituzionali, quasi fosse una cenerentola del francescanesimo.
C’è un dato storico che non può essere ignorato. Francesco, transfuga da Assisi, dove aveva rischiato la vita dopo il clamoroso rifiuto dei beni paterni e il gesto di denudarsi davanti al vescovo, trovò rifugio proprio a Gubbio. Qui, nella città dei monti e dei boschi, venne accolto con generosità, e fu qui che indossò per la prima volta il saio dopo le sue “nozze mistiche” con Madonna Povertà, ospite nella casa del mercante Spadalonga, oggi inglobata nella Chiesa di San Francesco.
Eppure, per la comunità francescana, Assisi, frati collegati e istituzioni – dal Comune della città serafica alla Regione – Gubbio sembra non esistere.
Si organizzano mostre, incontri, persino riflessioni sui conflitti in Medio Oriente, ma tutto rimane confinato a uso interno, senza alcuna capacità di attrarre turisti, senza creare indotto, senza offrire una proiezione internazionale. Servono soltanto a far divertire qualcuno.
Ciò che conta si decide altrove. E favorisce altri, come dimostrano i nuovi collegamenti Busitalia verso i luoghi francescani, presentati in pompa magna proprio dalla presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, già sindaco di Assisi. Per Gubbio, l’ennesimo schiaffo.
Difficile non leggere in questa esclusione un segnale di centralità negata. Gubbio sembra condannata a restare fuori dai circuiti che contano, ignorata quando si tratta di grandi eventi e di progettualità di respiro nazionale e internazionale.
Un destino che pesa e che stride con la forza storica, artistica e spirituale della città.
Non si può dimenticare che l’episodio del Lupo di Gubbio non è un semplice aneddoto, ma un simbolo universale di pace, dialogo e riconciliazione.
San Francesco non combatte il Lupo, non lo elimina: lo accoglie, lo ascolta, lo rende parte della comunità. In un mondo attraversato da conflitti e violenze, questo messaggio è di una modernità straordinaria.
Escludere Gubbio da un itinerario francescano significa oscurare questa lezione di fraternità che oggi più che mai dovrebbe essere posta al centro delle celebrazioni.
La scandalosa esclusione di Gubbio dagli itinerari francescani di Busitalia non è solo un errore politico, ma un tradimento culturale e spirituale.
Gubbio non può e non deve restare ai margini della narrazione francescana, perché senza di lei il racconto è incompleto, mutilato e falsato.
Se non siamo capaci di difendere la nostra storia e la nostra identità, allora rischiamo davvero di sparire dalle mappe culturali e spirituali del mondo.