L’Umbria continua a svuotarsi di giovani, con le loro competenze e il bagaglio di studi che finiscono altrove. Secondo la Fondazione Nord Est, in un’analisi pubblicata dal Sole24Ore, ogni anno sfumano circa 100 milioni di euro in capitale umano, un buco economico che si allarga sempre di più. Dopo la parentesi della pandemia, il fenomeno ha ripreso velocità: tra il 2011 e il 2023 più di 5 mila ragazzi hanno fatto le valigie, lasciandosi alle spalle una regione che fatica a offrire prospettive alle nuove generazioni.

Un miliardo e ottocento milioni di euro svaniti

Secondo l’indagine, la fuga dei giovani ha prosciugato dall’Umbria risorse per 1,8 miliardi di euro in tredici anni. Un patrimonio di istruzione e competenze che ora ingrassa economie altrui, mentre la regione si ritrova con più case sfitte che opportunità. Nel solo 2023, altri 464 ragazzi hanno chiuso la porta dietro di sé e se ne sono andati, confermando che la tendenza non accenna a fermarsi.

Calo demografico e impatto sulle province

L’Umbria sta vivendo una desertificazione giovanile che non conosce tregua. Secondo la Cgia di Mestre, tra il 2014 e il 2024 la fascia tra i 15 e i 34 anni ha subito una riduzione dell’8,6%, con oltre 15 mila giovani che hanno preferito cercare opportunità altrove. Una batosta che fa dell’Umbria la peggiore del Centro Italia, superata solo dalle regioni del Sud.

A farne le spese maggiori è Terni, con numeri ancora più drammatici nelle zone dell’Orvietano, dove la flessione ha toccato il 9,1%. Il risultato è una regione sempre più anziana, con paesi che sembrano set di film post-apocalittici, dove le insegne si spengono e le serrande restano abbassate.

Un esodo che non si arresta

Dopo il blocco forzato del 2020 e 2021, la grande fuga è ripresa a ritmo serrato. Nel biennio 2022-2023, almeno 100mila ragazzi hanno preso il largo, lasciando dietro di sé un saldo negativo che pesa come un macigno: solo uno su tre ha deciso di tornare indietro. Il bollettino delle partenze dal 2011 al 2023 racconta di 550mila giovani emigrati a fronte di soli 172mila rientri, una perdita netta di 377mila persone. La Lombardia guida questa triste classifica con oltre 63mila giovani in meno, seguita a ruota da Veneto e Sicilia. Un esodo che non si arresta e che continua a svuotare il futuro del Paese.

L’impatto economico dell’esodo dei giovani

Oltre alla perdita di giovani e al crollo demografico, la fuga ha scavato un cratere nell’economia. Tra il 2011 e il 2023 sono evaporati 134 miliardi di euro, un tesoro di formazione e competenze che ora ingrassa il PIL di altri Paesi. A guidare questa classifica al contrario troviamo Lombardia, Sicilia e Veneto, che hanno visto sfumare rispettivamente 22,8, 14,5 e 12,5 miliardi di euro di capitale umano. Nel solo biennio 2021-2022, la perdita ha superato la soglia degli 8 miliardi di euro, un salasso che continua a lasciare dietro di sé città sempre più svuotate e imprese alla ricerca disperata di lavoratori.

I giovani che partono: chi sono e perché lo fanno

L’analisi della Fondazione Nord Est racconta una storia che va oltre il pezzo di carta. Più del 40% di chi se ne va è laureato, ma non mancano diplomati e perfino chi ha un’istruzione inferiore. In molti scappano per necessità, altri lo fanno per scelta, attratti da orizzonti che in Italia sembrano sempre più stretti. Il salario conta, ma non è il perno dell’esodo.

Il vero paradosso? Mentre il Paese si fa scappare un’intera generazione, le imprese continuano a cercare disperatamente lavoratori qualificati, con oltre 130mila giovani espatriati che avrebbero potuto tappare buchi nei settori produttivi. Un corto circuito che continua a impoverire territori già messi a dura prova.