L’Italia butta via i suoi migliori cervelli come se fossero zavorra, lasciandoli partire per altri Paesi che li accolgono a braccia aperte. Giorgio Parisi, Nobel per la Fisica, ha parlato a Perugia e ha il coraggio di parlare di un problema enorme: l’emorragia di giovani laureati e ricercatori è un suicidio collettivo. Mentre il governo si balocca con promesse vuote, il futuro del Paese prende un biglietto di sola andata per l’estero.

Parisi, giovani laureati in fuga: un disastro annunciato

Ogni anno centomila giovani altamente qualificati lasciano l’Italia perché qui non c’è spazio per loro. Il sistema universitario forma menti brillanti, ma poi le lascia marcire in precarietà o le costringe a cercare fortuna altrove. “Siamo un Paese che ogni anno vede un’emigrazione di circa centomila persone verso l’estero”, ha detto Parisi. Una diaspora intellettuale che svuota il Paese delle sue risorse migliori.

Secondo il rapporto “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero” della Fondazione Nord Est, presentato al CNEL, dal 2011 al 2023, circa 550.000 italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese. Anche considerando i rientri, il saldo migratorio netto rimane negativo, con una perdita di 377.000 giovani.

La politica ignora il problema, troppo impegnata a distrarsi altrove

“Non ricordo di avere mai sentito un leader politico parlare dell’emigrazione dall’Italia”, ha denunciato Parisi. E non c’è da stupirsi. I nostri governanti hanno il fiato corto e lo sguardo fisso sui sondaggi del giorno dopo.

L’immigrazione fa audience, mentre l’esodo dei giovani preparati viene lasciato scivolare nel dimenticatoio. Peccato che senza una classe dirigente formata, non resterà molto da governare. Un’analisi di Wired Italia evidenzia che, tra il 2011 e il 2021, l’Istat ha registrato 377.000 emigrati italiani tra i 20 e i 34 anni. Tuttavia, confrontando questi numeri con le statistiche dei Paesi di destinazione, la cifra reale potrebbe avvicinarsi a 1,3 milioni, suggerendo una sottostima significativa nei dati ufficiali.

Università e ricerca: fondi a singhiozzo e zero prospettive

Chi resta nel mondo accademico italiano si scontra con un sistema soffocato dai tagli e dalla mancanza di progettualità. “Potenziare la capacità delle università italiane di assorbire i ricercatori” sarebbe la soluzione, secondo Parisi, ma senza soldi e programmazione, rimane solo un miraggio. Nessuno investe sul lungo termine, mentre gli altri Paesi si prendono i nostri migliori talenti e li trasformano in ricchezza.

Le principali destinazioni per i giovani italiani includono Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia. Le motivazioni alla base di questa emigrazione sono varie: migliori opportunità lavorative, ricerca di una qualità della vita più elevata e opportunità di studio e formazione. Secondo il rapporto della Fondazione Nord Est, il 26% degli intervistati cita le opportunità lavorative come principale motivo per trasferirsi, seguito dal 23% che cerca una qualità della vita migliore e dal 15% interessato a opportunità di studio.

Industria e innovazione: l’Italia va a braccio, senza una direzione

Non è solo l’università a soffrire. “In Italia manca la programmazione in ogni settore, manca un piano industriale e manca un impegno chiaro del governo su quali industrie sostenere e sviluppare”, ha dichiarato il Nobel. Il risultato è un Paese che non innova, non attrae investimenti e lascia che le sue eccellenze svaniscano nel nulla. La politica resta ferma, mentre il resto del mondo corre. Questo esodo rappresenta una perdita di capitale umano per l’Italia, con conseguenze economiche e sociali rilevanti.

La formazione e la crescita di questi giovani hanno comportato investimenti da parte dello Stato e delle famiglie, stimati in 134 miliardi di euro negli ultimi 13 anni. La continua emigrazione di giovani qualificati rischia di compromettere ulteriormente la competitività e l’innovazione del Paese.

Rischio nucleare e caos globale: il mondo in bilico

Parisi ha parlato anche del pericolo crescente di un conflitto nucleare. “C’è il New Scientist americano che ha un orologio che mette quanti minuti mancano all’olocausto nucleare… quest’anno 59 secondi”. Il tempo stringe e l’incertezza mondiale cresce, ma l’Italia continua a perdere tempo su questioni di second’ordine mentre il futuro incombe con tutta la sua durezza.