Giorgio Andreoli, universalmente noto come “Mastro Giorgio”, rappresenta una delle figure più eminenti nella storia della ceramica rinascimentale italiana. Nato a Intra, oggi parte di Verbania sul Lago Maggiore, tra il 1465 e il 1470, Giorgio trascorse la maggior parte della sua vita e svolse la sua straordinaria attività artistica a Gubbio, dove morì nel 1555.
Giorgio si trasferì a Gubbio insieme ai fratelli Salimbene e Giovanni intorno al 1490. Qui avviarono un’attività di produzione ceramica che ben presto guadagnò fama e prosperità. Nel 1497, i fratelli acquistarono terreni, una casa e una bottega nel quartiere di Sant’Andrea, segnando l’inizio di un legame indissolubile con la città. Fu proprio da questo quartiere che derivò, secondo lo storico Giuseppe Mazzatinti, il cognome “Andreoli”, il quale non compare in atti precedenti al 1523.
La maestria di Giorgio fu tale che nel 1498 ottenne per sé e per i fratelli la cittadinanza eugubina per vent’anni, un riconoscimento rinnovato nel 1519 da Papa Leone X senza limite di tempo. In quell’occasione, il pontefice sottolineò “l’eccellenza dell’arte della maiolica” di Giorgio, ritenuta insuperabile e fonte di onore per Gubbio, che beneficiava economicamente e culturalmente della sua produzione.
L’applicazione dei lustri rese Mastro Giorgio famoso in tutta Europa
Ciò che rese Mastro Giorgio famoso in tutta Europa fu la sua abilità nell’applicazione dei lustri, una tecnica decorativa complessa che conferisce alle maioliche riflessi metallici di straordinaria bellezza. Tra i colori distintivi creati dal maestro spicca il rosso rubino, un risultato ottenuto grazie a un processo chimico innovativo e segreto. Questo colore, combinato con oro e madreperla, divenne il marchio distintivo delle sue opere.
La tecnica dei lustri, introdotta in Italia già nel XV secolo, trovò in Giorgio Andreoli il suo interprete più raffinato. Egli perfezionò questa metodologia, rendendo le sue maioliche non solo oggetti funzionali, ma veri e propri capolavori artistici. Ogni pezzo era il risultato di una lavorazione meticolosa: dopo la creazione e la cottura, le superfici venivano dipinte e successivamente sottoposte al “terzo fuoco”, che conferiva loro i caratteristici riflessi metallici.
Mastro Giorgio non lavorò mai da solo. Nel 1525 si associò con Giovanni Luca, un pittore di Casteldurante, per la decorazione dei vasi, mentre si occupava personalmente dell’applicazione dei lustri. Chiamò inoltre Federico, un maestro da Urbino, per garantire la qualità della produzione. Dopo la morte dei fratelli Salimbene e Giovanni, avvenute rispettivamente prima del 1523 e intorno al 1535, Giorgio continuò l’attività con i figli Vincenzo (detto Cencio) e Ubaldo.
Nel 1547, i due figli firmarono un contratto di collaborazione con il padre per la gestione della bottega. Cencio si dedicò alla fabbricazione dei vasi, mentre Ubaldo si occupò della decorazione e dell’applicazione dei lustri. Questa suddivisione del lavoro permise alla bottega di mantenere elevati standard artistici e di produzione.
Evoluzione tecnica e stilistica rappresentarono i punti di forza della sua fama di artista
La produzione di Giorgio Andreoli si distinse non solo per l’innovazione tecnica, ma anche per l’evoluzione stilistica. Inizialmente influenzato dagli schemi ornamentali di Deruta, la sua bottega si ispirò successivamente ai modelli di Faenza e Casteldurante, per poi approdare, intorno al 1530, allo stile di Urbino. Questo continuo aggiornamento garantì alle sue opere un carattere moderno e al passo con i gusti dell’epoca.
Tra le opere più antiche e celebri si trova un piatto decorato con lustri rosso rubino e oro, datato 1515 e conservato al Victoria and Albert Museum di Londra. Molte altre opere sono firmate e datate, a testimonianza del grande orgoglio con cui Giorgio realizzava le sue creazioni. La firma “M G” o l’indicazione “in Ugubio” sono presenti su diversi pezzi, confermando la loro origine dalla bottega eugubina.
Nonostante alcune produzioni più semplici, destinate a un mercato meno esigente, la reputazione di Mastro Giorgio non venne mai scalfita. Le sue maioliche erano considerate veri e propri oggetti di lusso, tanto che un collezionista inglese arrivò a pagare 2.520 sterline nel 1911 per un piatto firmato e datato 1522. Questo dimostra quanto fosse apprezzato il suo lavoro, sia durante la sua vita che nei secoli successivi.
Il segreto del processo chimico, forse più esattamente alchemico, utilizzato da Giorgio fu ritenuto perduto per lungo tempo. Solo nel XIX secolo venne parzialmente riscoperto e applicato nuovamente sulle ceramiche, a testimonianza dell’ingegno e dell’innovazione del maestro eugubino.
Mastro Giorgio Andreoli non fu solo un maestro ceramista, ma anche un innovatore che segnò profondamente la storia della maiolica italiana. La sua eredità artistica e culturale vive ancora oggi, grazie a collezioni museali e istituzioni che portano il suo nome. A Gubbio, la Scuola Media Statale “Mastro Giorgio” è dedicata alla sua memoria, un omaggio a un uomo che seppe elevare l’artigianato a forma d’arte.
Il suo contributo alla cultura e all’economia di Gubbio è inestimabile. Le sue opere, esportate in tutta Europa, resero famosa la città eugubina come centro di eccellenza nella produzione ceramica. Ancora oggi, le maioliche di Mastro Giorgio sono oggetto di studio e ammirazione, simbolo di un’epoca in cui arte e artigianato si fondevano per creare bellezza e innovazione.