Il calcio, noto come il gioco più bello del mondo, è anche uno sport che, a volte, mette in luce il lato meno piacevole del comportamento umano, specie nei giovanissimi e soprattutto nei genitori degli stessi giocatori in erba.

Un recente incidente avvenuto a Gubbio, durante il settimo torneo “Araldo Vispi”, ha riportato alla ribalta il problema della violenza e della mancanza di rispetto nelle categorie giovanili del calcio. Un calciatore under 15 dell’Oratorio Don Bosco Csi Gubbio è stato squalificato fino al 31 marzo del prossimo anno per aver sputato a un arbitro, insultandolo. Questo episodio mette in evidenza una questione preoccupante che affligge non solo il calcio umbro, ma il mondo del calcio giovanile in generale.

L’incidente è avvenuto alla fine della partita durante il torneo “Araldo Vispi” a Gubbio. Secondo il referto arbitrale, il giovane calciatore si è avvicinato all’arbitro con la (finta) intenzione di stringergli la mano. Improvvisamente, ha ritirato la mano e ha attinto l’arbitro allo zigomo con due sputi, accompagnando il gesto con insulti. Nonostante l’intervento di alcuni tesserati che hanno cercato di allontanarlo, il calciatore ha continuato a insultare e ha tentato nuovamente di sputare sull’arbitro, venendo infine trattenuto solo grazie all’intervento di un dirigente.

Il gioco più bello del mondo può anche trasformarsi in un momento di violenza

Il giudice sportivo Marco Brusco ha deciso di squalificare il giovane fino al 31 marzo dell’anno prossimo, una sanzione severa ma ritenuta necessaria per il comportamento estremamente irrispettoso e violento del giovane.

Il comportamento del giovane calciatore non è un caso isolato. Sempre a Gubbio, durante il “Trofeo Mar Tirreno”, un altro giovane calciatore dell’Angelana ha subito una squalifica per tre gare per aver colpito un avversario con un calcio durante il gioco. Questi incidenti sottolineano un problema più ampio: la crescente violenza e la mancanza di rispetto soprattutto nelle categorie giovanili del calcio.

Uno degli aspetti più preoccupanti di questa tendenza è l’impatto sugli arbitri, molti dei quali sono giovani e alle prime armi. Le intimidazioni e le aggressioni verbali e fisiche spingono molti di loro ad abbandonare l’attività. In Umbria, sebbene la situazione non sia grave come in altre regioni, il numero di casi di violenza e di abbandono da parte degli arbitri è comunque significativo e preoccupante.

Uno dei fattori che contribuisce alla violenza nel calcio giovanile è l’influenza negativa dei modelli di riferimento. Episodi come lo sputo di Francesco Totti a Poulsen durante gli Europei del 2005 rimangono impressi nella memoria collettiva e, per quanto siano stati ampiamente condannati, possono influenzare negativamente i giovani calciatori.

Sono troppo spesso i genitori gli ispiratori di certi comportamenti violenti

Le pressioni e le aspettative esagerate da parte di genitori e allenatori possono contribuire a comportamenti violenti. In molti casi, i giovani atleti sentono di dover dimostrare il loro valore a tutti i costi, anche ricorrendo ad azioni scorrette.

Un’altra causa fondamentale è la mancanza di una adeguata educazione sportiva. Insegnare ai giovani il rispetto per gli avversari, gli arbitri e le regole del gioco dovrebbe essere una priorità. Purtroppo, in molti contesti, questo aspetto viene trascurato, favorendo l’emergere di comportamenti inappropriati. Soprattutto bisogna insegnare che l’avversario non è un “nemico” da abbattere ma un amico col quale confrontarsi in quello che è e resta un gioco.

Per affrontare il problema della violenza nel calcio giovanile, è necessario promuovere il rispetto e i valori sportivi fin dalle prime fasi della formazione dei giovani calciatori. Le società sportive dovrebbero impegnarsi a educare i ragazzi non solo tecnicamente, ma anche eticamente. Ma sembra finora una pia illusione.

Gli allenatori svolgono un ruolo cruciale nella formazione dei giovani atleti. Devono essere formati non solo per insegnare le tecniche di gioco, ma anche per trasmettere valori di fair play e rispetto.

Società sportive e famiglie devono trasmettere ai giovani calciatori valori positivi

I genitori, da parte loro, devono comprendere l’importanza di trasmettere valori positivi e di non esercitare pressioni eccessive sui propri figli istigandoli anche alla violenza sul campo, soprattutto dalle tribune dei campi di calcio.

Le sanzioni per comportamenti violenti devono essere non solo severe, ma anche mirate a educare. Oltre alle squalifiche, è auspicabile l’introduzione di programmi obbligatori di educazione al fair play e al rispetto per i giovani atleti che si rendono protagonisti di episodi di violenza.

L’incidente avvenuto a Gubbio durante il torneo “Araldo Vispi” è il triste esempio di come la violenza e la mancanza di rispetto verso l’autorità possa manifestarsi anche nelle categorie giovanili del gioco più bello del mondo.