Nel 2024 in Umbria oltre 104 mila cittadini, pari al 12,2% della popolazione, hanno rinunciato a una o più prestazioni sanitarie, una percentuale superiore di quasi tre punti rispetto alla media italiana, ferma al 9,9%. A rivelarlo è l’ottavo Rapporto Gimbe sul Sistema Sanitario Nazionale, che fotografa un quadro in peggioramento rispetto al 2023, evidenziando come le difficoltà di accesso alle cure stiano assumendo un peso significativo nella regione.
Questo dato allarmante, che supera la media nazionale e segnala un aumento della rinuncia del 3% in un solo anno, rappresenta più di un numero: è la dimostrazione concreta di quanto le liste di attesa lunghe e le criticità economiche stiano condizionando la capacità dei cittadini umbri di ottenere cure tempestive e adeguate.
“È una situazione che non possiamo ignorare: si rischia di trasformare un diritto costituzionale in un privilegio per pochi,” sottolinea la Fondazione Gimbe, che da anni monitorizza con rigore la sostenibilità del sistema sanitario pubblico.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la regione Umbria ha ricevuto nel 2024 una dotazione finanziaria pro-capite per la sanità di 2.232 euro, superiore alla media nazionale di 2.181 euro. Ciò è dovuto ai nuovi criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale che tengono conto dell’età della popolazione, con l’Umbria caratterizzata da un indice di vecchiaia particolarmente elevato. L’aspettativa di vita alla nascita si attesta a 83,9 anni, lievemente superiore alla media italiana (83,4 anni).
Un sistema che, sulla carta, garantisce quindi un’assegnazione di risorse finanziarie superiore alla norma nazionale e un organico sanitario più robusto: nel 2023 si contavano infatti 14 operatori sanitari ogni 1000 abitanti, superiore alla media italiana di 11,9, tra cui 2,3 medici dipendenti (media Italia 1,85) e quasi 6 infermieri per 1000 abitanti (media Italia 4,7).
Questi numeri fanno però risaltare un paradosso: un sistema finanziariamente e strutturalmente solido, che non riesce però a impedire che oltre un cittadino su dieci rinunci alla cura.
Secondo Gimbe, la crescita delle rinunce alle cure in Umbria tra 2023 e 2024 è stata trainata principalmente da due fattori: i lunghi tempi d’attesa e problemi economici. Nel dettaglio, le rinunce legate all’attesa sono aumentate del 51% rispetto all’anno precedente, mentre quelle di natura economica sono cresciute del 26%. La rincorsa alle visite specialistiche, agli esami diagnostici e agli interventi è spesso vana, costringendo molti a rinunciare.
D’altro canto, nonostante l’Umbria abbia un fabbisogno sanitario superiore e migliori dotazioni di personale sanitario, permangono criticità nella gestione delle liste d’attesa e nell’accesso ai servizi territoriali, elementi che pesano sulla reale fruibilità delle cure.
Il Rapporto prende in esame anche lo stato di avanzamento degli interventi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in Umbria. Su 22 case della comunità programmate, solo 6 hanno attivato almeno un servizio, e 5 dispongono di tutti i servizi obbligatori, con solo due che garantiscono la presenza stabile di medici e infermieri. Mentre il 100% delle centrali operative territoriali è pienamente funzionante e certificata, gli ospedali di comunità vedono attivi soltanto il 44% degli impianti programmati.
Questa lentezza nella piena attuazione dei presidi territoriali spiega in parte il ricorso forzato al pronto soccorso e alle strutture ospedaliere, generando inefficienze e aumentando la frustrazione di pazienti e operatori.
La fotografia regionale scattata da Gimbe mostra una realtà complessa dove a una dotazione economica e organizzativa favorevole si contrappongono criticità sull’efficienza di erogazione e sull’accessibilità alle cure. Il fenomeno della rinuncia in Umbria è emblematico di un problema strutturale che interessa tutto il Paese, con il rischio crescente di un welfare sanitario che rischia di perdere la sua funzione universale.
La Fondazione Gimbe mette in guardia: la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale passa dall’effettiva capacità delle Regioni, e in particolare di quelle con popolazione anziana come l’Umbria, di rendere accessibili e tempestive le cure. Nel caso contrario, si allarga il divario tra diritto sancito e diritto esercitato, mettendo a rischio la salute e la dignità dei cittadini.
"La sfida non può essere rimandata - sostiene il rapporto Gimbe - servono investimenti mirati e riforme strutturali che riducano le liste d’attesa, rendano più efficiente l’assistenza territoriale e garantiscano un accesso equo alle cure".