22 Sep, 2025 - 14:33

Strage di Bologna, Gilberto Cavallini lascia il carcere di Terni. L'ex Nar trasferito a Rebibbia

Strage di Bologna, Gilberto Cavallini lascia il carcere di Terni. L'ex Nar trasferito a Rebibbia

Gilberto Cavallini è stato trasferito dal carcere di Terni a quello romano di Rebibbia. All'ex militante dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari), oggi 73enne, condannato in via definitiva all'ergastolo per la strage di Bologna, è stato da poco revocato il regime di semlibertà. Una decisione che ha accolto la richiesta della Procura generale di Bologna dopo che la Corte d’Assise d’Appello ha rideterminato la pena dell'isolamento diurno in tre anni, aggiungendone uno rispetto alla sentenza precedente. Un regime quello dell'isolamento diurno ritenuto "incompatibile" con la semilibertà, che gli era stata concessa nel marzo 2017.

Cavallini, il "quarto uomo" dei Nar

Cavallini ha militato nei Nar, il gruppo terroristico d'ispirazione neofascista che durante gli anni di piombo si rese responsabile di diversi attentati. Il suo ruolo nella strage di Bologna - venne inizialmente condannato per banda armata - emerse successivamente.

Fu individuato come il "quarto uomo", colui che secondo l'accusa ospitò il resto della banda in una casa nel trevigiano, fornendo supporto logistico al gruppo nei giorni precedenti all'attentato. Detenuto dal 1983, nel corso degli anni ha ricevuto oltre venti sentenze di condanna, arrivando in totale a otto ergastoli da scontare. 

La strage di Bologna, una ferita destinata a non rimarginarsi

La strage di Bologna è riconosciuta come il più grave attentato terroristico mai avvenuto in Italia nel secondo dopoguerra. 85 persone persero la vita e oltre 200 rimasero ferite. Quando alle 10:25 di sabato 2 agosto 1980 esplose quell'ordigno ad alto potenziale nascosto in una valigia nella sala d'aspetto, la stazione pullulava di persone che andavano e tornavano dalla vacanze. Per molte di loro non ci fu scampo.

L'intera città di Bologna si mobilitò per prestare soccorso. La stazione era irriconoscibile, l'Italia intera nel dolore. Nelle primissime ore dopo lo scoppio, si ipotizzò l'esplosione di una vecchia caldaia nei sotterranei della stazione. Dai rilievi e dalla testimonianze fu presto chiaro che si trattava di un attentato.

Da lì si aprì il lungo e tortuoso iter processuale che va avanti ancora oggi, anche se fin da principio si supposero collegamenti fra la criminalità organizzata e i servizi segreti deviati. I mandanti della strage vennero identificati con molta fatica e non finirono mai in tribunale. Secondo la Procura Generale di Bologna Licio Gelli, il "maestro venerabile" della loggia massonica eversiva P2, avrebbe pagato un milione di dollari ai Nar poco prima della strage alla stazione.

Nell'attentato perse la vita anche il ternano Sergio Secci

Fra le vittime della bomba ci fu anche un giovane e brillante ternano, Sergio Secci che venne condotto condotto all'Ospedale Maggiore di Bologna ancora in vita. Combattè per cinque giorni tra la vita e la morte ma purtroppo le ferite che aveva riportato in seguito all'esplosione erano gravissime. Durante quell'agonia riuscì a fornire le proprie generalità, chiedendo di avvisare solo il padre Torquato e non la madre, Lidia, per non farla preoccupare dal momento che era malata. Si spense il 7 agosto, aveva 24 anni. Sergio non doveve trovarsi alla stazione di Bologna quella tragica mattina, ma aveva perso la coincidenza per Bolzano dove aveva un incontro all'università. Era anche lui nella sala d'aspetto.

Il padre Torquato fu il primo presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage quando venne costituita. Carica che mantenne fino alla sua morte, avvenuta nel 1996. Lui e sua moglie combatterono sempre in prima linea, senza sosta, per far emergere la verità, per difendere i diritti, l'onore e il ricordo delle vittime. Lottò, come ricordò l'ex sindaco di Bologna, Renzo Imbeni, da "partigiano della verità e della giustizia facendosi interprete di una città e di una comunità colpite come non era mai avvenuto in tempo di pace".

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Sara Costanzi
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