Croccanti, dorati e irresistibili: i fritti dell’Umbria rappresentano un’eccellenza gastronomica che affonda le radici nella più autentica tradizione regionale. Dai golosi Arvòltli alle fragranti cicerchiate, passando per le iconiche frittelle di San Giuseppe e le deliziose crescionda fritte, ogni specialità racconta un pezzo di storia, intrecciando sapori genuini e antichi saperi tramandati di generazione in generazione.
In questa terra dal carattere schietto e raffinato, dove la cucina è un’arte che coniuga semplicità e ricercatezza, la frittura diventa un simbolo di convivialità e celebrazione, trasformando pochi e selezionati ingredienti in autentiche prelibatezze. Un viaggio sensoriale tra tradizione e gusto, alla scoperta delle specialità umbre più amate, emblema di un patrimonio culinario che continua a conquistare e affascinare.
Con l'arrivo del Carnevale, le tavole umbre si riempiono di profumi e colori, e tra le delizie più amate spiccano le castagnòle, dolcetti fragranti e irresistibili che affondano le radici nella tradizione gastronomica regionale. Diffuse in particolare tra Umbria e Marche, queste piccole bontà dorate devono il loro nome alla forma tondeggiante che ricorda le castagne e rappresentano un'autentica celebrazione della festa.
La ricetta umbra tradizionale prevede una pastella soffice, versata a cucchiaiate nell’olio bollente: durante la cottura, l’impasto si gonfia trasformandosi in bocconcini leggeri e delicati, simili a bignè. A rendere questa variante ancora più caratteristica è l’aggiunta di un goccio di liquore all’anice, che conferisce un aroma avvolgente, esaltando il sapore genuino di questi dolci.
Le frittelle di San Giuseppe sono una delle delizie più iconiche della tradizione umbra: un dolce semplice, ma intriso di storia, preparato con riso cotto nel latte e arricchito da varianti tramandate di generazione in generazione. Il loro sapore delicato e avvolgente le rende una vera e propria celebrazione della dolcezza, perfetta per omaggiare la Festa del Papà.
Come suggerisce il nome, queste frittelle vengono tradizionalmente preparate il 19 marzo, ma la loro origine affonda le radici in epoche più lontane. Un tempo, infatti, erano protagoniste del Carnevaletto o della Mezza Quaresima, momenti in cui si allentavano le restrizioni alimentari legate al periodo quaresimale. In quei giorni, le case si riempivano dell’inconfondibile profumo de li frittelli, una versione più povera di questo dolce, realizzata con pane raffermo ammorbidito nel latte e fritto nello strutto.
Con il passare del tempo, la ricetta si è evoluta fino a diventare il simbolo della Festa del Papà. Oggi, sebbene la frittura nello strutto sia spesso sostituita dall’olio, il fascino delle frittelle di San Giuseppe resta immutato. Croccanti fuori, morbide dentro e dal gusto irresistibile, continuano a essere una tradizione culinaria imperdibile, capace di conquistare il palato e il cuore di ogni generazione.
Conosciuta anche come Cicerchiata, la Cecerata è un’antica specialità che affonda le sue radici nella tradizione contadina, mostrando sorprendenti affinità con gli struffoli napoletani, tipici del periodo natalizio. Questo dolce si distingue per la sua semplicità e per la perfetta armonia tra pochi, essenziali ingredienti: farina, uova e olio d’oliva. Tuttavia, esistono numerose varianti che prevedono l’aggiunta di burro, zucchero, liquore o succo di limone, arricchendo l’impasto con sfumature di gusto diverse a seconda della tradizione locale.
Dalla pasta si ricavano delle minuscole sfere, ciascuna di circa un centimetro di diametro, che vengono poi immerse in olio d’oliva o strutto bollente fino a raggiungere una doratura croccante e fragrante. Una volta scolate, queste piccole delizie vengono avvolte in miele caldo e sapientemente modellate in una struttura circolare, lasciando che il miele, raffreddandosi, funga da collante, dando forma a un dolce compatto e armonioso.
Ma la Cecerata non è soltanto una prelibatezza che arricchisce la tavola, ma un dolce intriso di significato e simbolismo. La sua forma circolare, ripresa in numerose tradizioni culturali, è un archetipo di rigenerazione e continuità, un emblema del ciclo vitale che segna il passaggio dall'inverno alla primavera. Questo dolce, infatti, rappresenta la capacità di trasformare il caos in armonia, un "rito" che celebra il rinnovamento della natura e la rinascita della luce dopo i mesi più bui dell’anno.
Le sue origini si perdono nel tempo e si intrecciano con antichi miti. Alcuni studiosi ipotizzano un legame con la cicerchia, il modesto legume che ha nutrito generazioni di contadini e che potrebbe aver dato il nome al dolce. Altri, invece, vedono nella Cecerata un richiamo ai culti di Demetra e Persefone – o delle loro controparti romane, Cerere e Proserpina – simboli per eccellenza del ciclo delle stagioni e del ritorno della fertilità sulla terra. Un’ulteriore teoria la associa ai corvi, sacri ad Apollo, divinità del sole e dell’ordine cosmico, consolidando il significato della cecerata come rappresentazione dell’equilibrio ritrovato.
Oggi, la Cecerata continua a essere protagonista di celebrazioni e festività, mantenendo viva una tradizione che va ben oltre il semplice piacere del palato. Ogni boccone è un viaggio nel tempo, dove mito, simbolismo e sapore si intrecciano in un’esperienza unica, capace di unire il passato e il presente in un circolo di dolcezza senza tempo.