Si era tenuta ieri pomeriggio, nella splendida cornice della Sala Trecentesca di Palazzo Pretorio, la presentazione ufficiale del catalogo della mostra “Francesco e frate Lupo. L’arte racconta la leggenda dell’incontro”, edito da SilvanaEditoriale e curato da Cristina Galassi ed Ettore A. Sannipoli.

L’evento aveva attirato studiosi, appassionati e rappresentanti delle istituzioni, confermando ancora una volta l’enorme interesse culturale suscitato dall’esposizione inaugurata il 27 settembre scorso.
Il catalogo era stato annunciato come una pubblicazione ricca, scientificamente rigorosa, pensata per restituire la profondità storica, artistica e simbolica della celebre leggenda francescana.
A rendere ancora più prestigiosa la presentazione era stata la partecipazione del professor Franco Cardini, tra i più autorevoli storici del Medioevo in Europa, professore emerito e figura di riferimento internazionale negli studi storico-religiosi.
Accanto a lui era intervenuta Sonia Maffei, ordinario di Storia della critica d’arte all’Università di Pisa, mentre la moderazione era stata affidata a Federico Fioravanti, ideatore e direttore del Festival del Medioevo, che aveva guidato il dialogo con equilibrio e vivacità.
La presenza di Cardini aveva suscitato particolare attenzione: il suo contributo, lucido e appassionato, aveva collocato la leggenda di frate Lupo in una cornice più ampia, legata ai rapporti tra agiografia, simbolismo animale e cultura popolare medievale.

Il volume presentato ieri era stato concepito come una prosecuzione ideale della mostra.
Non solo documentava le oltre 250 opere esposte — dipinti, sculture, ceramiche, manoscritti, incisioni e libri illustrati — ma offriva chiavi interpretative nuove, capaci di intrecciare storia dell’arte, spiritualità francescana e antropologia del simbolo.
La mostra stessa, checontinuerà ad accogliere visitatori fino all’11 gennaio 2026, ha già registrato un’affluenza straordinaria, risultando tra le più frequentate degli ultimi anni in Umbria. L’uscita del catalogo è stato quindi un tassello atteso, quasi necessario, per fissare nel tempo il valore di un progetto espositivo destinato a lasciare un segno.
La realizzazione della mostra e del catalogo era stata resa possibile da una rete istituzionale particolarmente ampia.
L’iniziativa era stata promossa dal Comune di Gubbio, dalla Chiesa Eugubina e dal Museo Diocesano, con l’organizzazione di Opera Laboratori, struttura già nota per la gestione di grandi eventi culturali nazionali.
Determinante era stato anche il sostegno della Fondazione Perugia, della Regione Umbria, dell’Università degli Studi di Perugia, dell’Università per Stranieri di Perugia, dell’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria.
Un gioco di squadra che aveva permesso alla città di proporre un evento all’altezza dell’ottavo centenario della morte di San Francesco.
Durante il suo intervento, Franco Cardini aveva offerto una riflessione intensa e sfaccettata sulla figura del lupo nella cultura medievale.
Il lupo — aveva spiegato — non rappresentava semplicemente un animale ferino, ma un’intera costellazione simbolica: il caos, la fame, il margine della civiltà.
«Il lupo è lo spettro delle nostre paure antiche», aveva affermato, «e il gesto di Francesco, che lo accoglie, lo ascolta e lo riconosce, è l’atto radicale di un uomo che pacifica non solo l’animale, ma l’umanità stessa».
Parole che hanno risuonato come una sintesi perfetta del senso profondo della mostra e del catalogo.
L’esposizione “Francesco e frate Lupo” aveva avuto il merito di presentare la celebre leggenda non come un semplice racconto devozionale, ma come un archetipo universale.
L’incontro fra il Santo e il lupo, infatti, era stato interpretato dagli studiosi come metafora della riconciliazione, del dialogo radicale e della capacità tutta francescana di trasformare il conflitto in pace.
Il catalogo, come avevano sottolineato Galassi e Sannipoli, restituiva proprio questa stratificazione di significati: un percorso che conduceva il lettore dall’iconografia medievale alle riletture moderne, dalla dimensione spirituale alla memoria collettiva.

L’impressione generale era che questo progetto — mostra e catalogo insieme — fosse riuscito a portare nel cuore di Gubbio un messaggio ancora attuale: la pace nasce dal riconoscimento dell’altro, persino quando l’altro incarna ciò che più ci spaventa.
L’abbraccio tra Francesco e il lupo, simbolo di un’umanità capace di riconciliazione, era tornato a parlare al presente proprio grazie al linguaggio universale dell’arte.
Un linguaggio che, ieri, nella Sala Trecentesca, tutti avevano sentito risuonare con limpida forza.