Unire le forze per trasformare il passato in futuro, la tradizione in innovazione, la cultura in motore di sviluppo. È questa la visione condivisa che ha spinto i Comuni di Foligno e Spoleto a candidarsi congiuntamente al prestigioso titolo di Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea 2027, sulla base del bando recentemente pubblicato dal Ministero della Cultura. Un progetto ambizioso e profondamente radicato in un’identità culturale comune che affonda le sue radici nella storia del Novecento, ma guarda con decisione al XXI secolo.
In una lettera inviata alla presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, i sindaci delle due città, Stefano Zuccarini (Foligno) e Andrea Sisti (Spoleto), hanno delineato un percorso chiaro e motivato. L’obiettivo, spiegano, è "incoraggiare e sostenere la capacità progettuale e attuativa delle città italiane nel campo della promozione e valorizzazione dell’arte contemporanea", in una visione in cui la cultura diventa leva per la coesione sociale, l’innovazione, l’inclusione e la crescita economica sostenibile.
Non si tratta solo di un’operazione strategica. La candidatura congiunta nasce da un humus culturale fertile, da un patrimonio condiviso di esperienze artistiche, progetti visionari, relazioni internazionali e radici comuni lungo l’antica via Flaminia, arteria che da secoli unisce i due centri umbri. Le città di Foligno e Spoleto, infatti, sono state protagoniste nei decenni passati di tappe fondamentali nello sviluppo dei linguaggi dell’arte contemporanea in Italia.
Spoleto, con il suo Premio Spoleto e l’indimenticabile mostra Sculture nella Città del 1962, curata da Giovanni Carandente, si trasformò in un vero e proprio museo a cielo aperto, ospitando nomi come Alexander Calder, Lucio Fontana, Henry Moore e Beverly Pepper. Il Teodelapio, l’iconica scultura di Calder davanti alla stazione, resta ancora oggi il simbolo tangibile di quell’incontro tra spazio urbano e linguaggio artistico contemporaneo.
Foligno, d’altro canto, fu teatro di sperimentazioni dirompenti come Lo spazio dell’immagine (1967), allestita nel cinquecentesco Palazzo Trinci, dove si confrontarono protagonisti dell’arte del secondo Novecento come Enrico Castellani ed Ettore Colla, portando la città al centro del dibattito artistico nazionale.
Non va dimenticato, poi, il ruolo giocato da Dino Gavina, geniale imprenditore del design, che trovò proprio a Foligno il contesto ideale per sviluppare un’estetica all’avanguardia che anticipò molte delle tendenze successive in Italia e in Europa.
Negli anni duemila, l’eredità di questo fervore creativo non si è dispersa, ma ha trovato nuovi contenitori e nuove traiettorie. A Spoleto, Palazzo Collicola è oggi uno dei centri d’arte contemporanea più attivi d’Italia, capace di ospitare mostre, performance, convegni e laboratori culturali. A Foligno, il CIAC - Centro Italiano Arte Contemporanea rappresenta un polo dinamico che dialoga con il presente e apre la città a un pubblico nazionale e internazionale.
La presenza, sul territorio, di opere simbolo come la Calamita Cosmica di Gino De Dominicis - monumentale installazione ospitata nella ex chiesa della SS. Annunziata di Foligno - o la già citata scultura di Calder a Spoleto, testimonia come le due città abbiano saputo integrare l’arte nello spazio urbano, rendendola parte del paesaggio e della vita quotidiana.
E proprio qui risiede uno degli elementi chiave della candidatura: la capacità di fare rete, di valorizzare spazi esistenti e progettare nuove infrastrutture culturali in dialogo con il territorio e le comunità. Il progetto, sottolineano i due Comuni, si propone come un modello di cooperazione che va oltre la semplice somma delle due identità locali, aspirando a diventare un esempio virtuoso di alleanza territoriale.
La posta in gioco è alta: con la candidatura a Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea 2027, Foligno e Spoleto vogliono proiettarsi come motore culturale per l’intera regione, coinvolgendo non solo le istituzioni locali, ma anche musei, università, artisti, scuole, fondazioni, associazioni, imprese culturali e, soprattutto, i cittadini.
"L’ambizione è che l’Umbria intera possa riconoscersi in questa proposta, cogliendone le potenzialità per lo sviluppo culturale, sociale ed economico del territorio regionale e delle aree extra regionali contigue dell’Italia di mezzo".
Non è un caso che si parli di “Italia di mezzo”: la candidatura si inserisce in una riflessione più ampia sul ruolo dei territori dell’entroterra italiano, spesso fuori dai radar delle grandi capitali culturali, ma capaci di offrire visioni alternative, radicate e sostenibili per il futuro del Paese.